Dal welfare state al welfare generativo
Dal welfare state al welfare generativo
L'atavico odio verso i poveri e la controriforma del welfare
La mia idea del welfare
generativo, tramite importanti investimenti in tecnologia, nelle risorse umane
e nella loro formazione, mira, attraverso la personalizzazione dei servizi di
un’utenza estremamente variegata, al raggiungimento dei seguenti obiettivi: -
gestione e cura delle due grandi categorie di conti gestiti dall’INPS: il
“conto aziendale” e il “conto individuale”. La tempestiva identificazione e
risoluzione delle anomalie nei flussi che alimentano questi conti sono cruciali
per garantire un’erogazione efficiente di tutti i prodotti e servizi; -
proattività dei servizi che si traduce, e si tradurrà sempre di più, nella
liquidazione di varie prestazioni in modalità centralizzata e automatizzata,
per velocizzare il più possibile i procedimenti e renderli più efficienti e
sostenibili; - consulenza specialistica finalizzata ad orientare gli utenti
verso scelte aziendali e previdenziali consapevoli e mature; - utilizzo del
patrimonio informativo e dei big data INPS per orientare, programmare e
valutare le politiche pubbliche, soprattutto nei campi più contigui alle nostre
competenze, come le politiche attive del lavoro.
Gabriele Fava presidente
Inps
file:///C:/Users/rsu/Downloads/RELAZIONE%20DEL%20PRESIDENTE_WEB%20(3).pdf
Gli ultimi 40 anni hanno determinato un aumento della povertà nei paesi a capitalismo avanzato, un crescente numero di famiglie che non arriva in fondo al mese indebitandosi con le Banche solo per pagare le tariffe energetiche o per contrarre prestiti atti a pagare l'assicurazione della macchina. Porsi qualche domanda sulle classi sociali nell'Italia dei nostri giorni dovrebbe essere il primo sforzo di ricerca sociale da portare a compimento guardando alle fonti di reddito senza prescindere dai rapporti di produzione e di sfruttamento per analizzare solo le condizioni sociali e di ceto. Ci pare evidente che la sperequazione economica e sociale crescente sia anche imputabile allo Stato leggero e a sistemi fiscali destinati a favorire le classi medio alte con una sfera distributiva della ricchezza prodotta alquanto carente. proprio in virtù dei rapporti di forza sfavorevoli per lc classi meno abbienti
Cresce non solo la povertà assoluta ma anche quella relativa,
una parte di quella che un tempo si definiva classe media è soggetta a feroci
processi di proletarizzazione, chi invece aveva un lavoro e un reddito oggi
deve fare i conti con la perdita di potere di acquisto dello stesso, se poi
arriva uno sfratto esecutivo il rischio di ritrovarsi sulla strada si fa
concreto e in caso di occupazione, con il ddl 1660, arriveranno condanne con
anni di carcere e cause risarcitorie.
La disoccupazione ha raggiunto oltre 3 milioni di unità ma
ancora più numerosi sono i precari, quanti vivono con contratti di poche ore in
part time del tutto insufficienti a garantire una esistenza dignitosa.
Innumerevoli sono i riflessi di questa
situazione: economici, psicologici e sociali, prova ne sia l'aumento delle
dipendenze e delle malattie di vario genere.
La povertà non è da tempo una situazione transitoria legata
ad una certa congiuntura economica alla chiusura di siti produttivi, se non hai
specializzazioni e titoli di studio le nuove opportunità occupazionali sono
assai poche, le continue e ravvicinate crisi del capitalismo generano
periodicamente nuove masse di poveri mentre nel frattempo crescono le
disuguaglianze sociali ed economiche
In questo contesto anche misure di sostegno al reddito e ai
salari sono state progressivamente smantellate e ormai si è scelta solo la
strada della decontribuzione che poi avrà ripercussioni sui fondi a
disposizione del welfare senza per altro incidere concretamente sulla ripresa
del potere di acquisto salariale.
Se il ricorso a previdenza e sanità integrative sono
diventate soluzioni condivise anche dalla parte sindacale si va facendo strada
anche l'ipotesi di riforma del welfare o magari la riforma avviene senza un
progetto complessivo ma con singoli provvedimenti diluiti nel tempo.
Da più parti, anche nella relazione annuale dell'Inps sullo
stato della previdenza, leggiamo della necessità di un welfare capace di
rigenerare le risorse disponibili responsabilizzando le persone che
ricevono aiuto.
Detto in questi termini potremmo pensare a comportamenti
delle classi sociali meno abbienti adeguati ad indirizzare le risorse loro
destinate ad un effettivo miglioramento della loro condizione di vita ma invece
si comprende, se adottiamo uno sguardo analitico, che stanno pensando solo a
ridurre i costi e ad accrescere la reddittività degli interventi adottati nelle
politiche sociali
Di welfare generativo si parlava già 15 anni fa e una pratica
rigeneratrice era legata ad indirizzare i percettori di ammortizzatori sociali
e redditi sociali verso lavori di pubblica utilità, ad esempio negli uffici
giudiziari della Lombardia o con il "Patto per il riscatto
sociale" al Comune di Milano ove la erogazione di contributi di
integrazione al reddito ai disoccupati era pensato dentro interventi di
inclusione sociale attraverso borse lavoro, percorsi formativi, azioni di
volontariato, forme alternative di spesa (ticket, social market),
partecipazione a laboratori occupazionali....
La idea di corrispondere aiuti in cambio di prestazioni
lavorative o della partecipazione a corsi di orientamento e di formazione non è
certo nuova, si pensa che erogare dei sussidi a fondo perduto sia eticamente
sbagliato, anzi equivalga allo sperpero di denaro pubblico.
Ma qui subentra una idea della povertà inaccettabile, il
senso di colpa diffuso per le condizioni di indigenza che gravando sulla
finanza pubblica imporrebbero a Stato ed enti locali la richiesta in cambio di
prestazioni aggiuntive-
Il ragionamento dovrebbe essere invece ben altro, non lo
Stato leggero ma il rilancio dell'intervento pubblico nell'economia con una
nuova leva di lavori socialmente utili ai quali destinare, previa formazione, i
senza lavoro in cambio non di benefit ma di un salario dignitoso.
La cultura del welfare generativo è quindi errata fin dai
suoi presupposti, rinuncia a creare posti di lavoro di pubblica utilità e
finisce con l'erogare dei sussidi in cambio di prestazioni lavorative obbligate
mascherate da prestazioni sociali o attraverso l'obbligo di partecipare a
percorsi formativi i cui benefici sarebbero per altro da dimostrare.
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