SPESA BELLICA IN AUMENTO
Le spese per gli
armamenti e per la difesa in generale ammontano a molti miliardi ogni anno e
cioè circa 26 miliardi di euro nel 2022 solo in Italia. Cifre colossali fornite
da Sipri –
l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma – e da Milex –
l’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane – relative al 2022, che sono però
in esponenziale incremento. Secondo i dati dell’autorevole istituto e
dell’importante osservatorio, la
spesa militare globale nel mondo continua ad aumentare nonostante la crisi.
ALCUNI DATI SULLA SPESA BELLICA GLOBALE
Le spese militari nel
mondo sono in costante ascesa: secondo Sipri, sono stati raggiunti i 2113
miliardi di dollari nel 2021, con un +0,7% in termini reali rispetto all’anno
precedente. I primi dieci Paesi
per spesa militare coprono il 75% del totale degli investimenti bellici,
con i soli Stati Uniti che contribuiscono per il 43% e più indietro, al secondo
posto la Cina e al terzo l’India.
Stati Uniti, Russia,
Inghilterra, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele posseggono complessivamente
più di 25000 armi nucleari e di queste più di 5000 sono pronte all’uso e al
lancio: abbastanza per distruggere più volte il nostro pianeta. Fra le potenze che stanno aumentando più
rapidamente il budget destinato al comparto bellico c’è la Russia, che
nel 2021, prima dell’invasione dell’Ucraina, lo ha incrementato del 2,9%,
portandolo al 4,1% del prodotto interno lordo complessivo.
L’ITALIA E GLI F35
Per quanto riguarda
il nostro paese, un caso interessante da analizzare è quello dell’acquisto
degli F35. L’F35 è un cacciabombardiere
d’attacco al suolo e come tale contrasta con un modello di difesa basato
sulla difesa stessa e non sull’offesa, quale dovrebbe essere quello italiano,
come sancisce anche la Costituzione repubblicana all’articolo 11. Questo
tipo di cacciabombardiere è atto al trasporto delle famigerate e mortifere
bombe termonucleari NATO B61-12.
Inoltre è esorbitante la cifra che l’Italia
spende per l’acquisto di questi mostri da guerra: 14 miliardi di euro per
90 di questi aerei e il numero è stato ridotto nel 2012 grazie alle proteste e
alla mobilitazione nate nel paese rispetto ai 131 cacciabombardieri F35
iniziali. Ma pur sempre una follia. Una spesa enorme e esorbitante, soprattutto
in tempi di crisi e quando si taglia la spesa pubblica per sanità, servizi sociali,
scuole, per i più deboli, per i malati.
Da notare che i 14
miliardi valgono solo per l’acquisto: Considerando poi, sulla falsariga di quanto
fatto per i programmi canadesi e olandese, il costo totale “a piena vita” del
programma (quindi con gestione e mantenimento completi) si può stimare un costo
complessivo dell’ordine di 50 miliardi
di euro. Per il reddito di cittadinanza, che secondo molti pare essere la spesa
statale che rischia di far fallire il nostro Paese e che invece ha costituito,
seppure con alcune criticità, uno strumento fondamentale a sostegno delle
persone più fragili, lo stato ha speso nel 2022 poco meno di 8 miliardi di
euro! E la favola di 10.000 posti di lavoro che si sarebbero creati per la
costruzione degli aerei si è presto sgonfiata: solamente qualche centinaio di
lavoratori con un costo medio per persona esorbitante.
Con il costo di 1 cacciabombardiere F35
(stima media di 130 milioni di euro) potremmo: - costruire 387 asili nido con
11.610 famiglie beneficiarie e circa 3.500 nuovi posti di lavoro; oppure - 21
treni per pendolari con 12.600 posti a sedere; oppure - 32.250 borse di studio
per gli studenti universitari; oppure - 258 scuole italiane messe in sicurezza
(rispetto norme antincendio, antisismiche, idoneità statica); oppure - 14.428
ragazzi e ragazze in servizio civile per un anno; oppure - 17.200 lavoratori
precari coperti da indennità di disoccupazione; oppure - 14.742 famiglie con
disabili e anziani non autosufficienti aiutate con servizi di assistenza.
È dal 2005 che il
mondo pacifista denuncia l’assurda follia di queste spese. Nel 2007 a Novara è
nato un coordinamento di associazioni e organismi impegnati a contrastare
l’assemblaggio dei cacciabombardieri nell’aeroporto militare di Cameri, vicino
alla città. Si tratta di un
coordinamento fondato sull’antimilitarismo e sull’autonomia dei soggetti
istituzionali e varie sono state le iniziative di opposizione
attivate. Contro il progetto F35 si è schierata anche la diocesi di Novara.
Recentemente alcuni organismi come la Tavola
della Pace, Unimondo, Sbilanciamoci e altri ancora hanno promosso una campagna nazionale parallelamente a
una giornata che si celebra ogni 25 febbraio con iniziative in
molte città italiane e la raccolta di firme contro il progetto F35.
Il bilancio della
difesa per la “guerra impossibile” è prevista, per il 2023, a 28,7 miliardi di
euro. Inoltre, l’Italia destina
alla spesa bellica l’1,54% – contro una media europea dell’1,3% – del prodotto
interno lordo e prevede di raggiungere entro il 2028 una quota di
almeno il 2%, come richiesto dalla NATO, mentre investe una percentuale
inferiore, ad esempio, nella ricerca scientifica – 1,4% del PIL, contro una
media europea del 2,1%. In un simile quadro risultano dunque fondamentali non
solo l’azione dei movimenti pacifisti, ma soprattutto la presa di coscienza da
parte dell’opinione pubblica, della quale facciamo parte tutti noi.
Ma occuparsi di armi,
costruirle e venderle, fa bene alla nostra economia. Le esportazioni nel 2021
(ultimi dati disponibili) sono ammontate a 4,7 miliardi di euro. La
società con il peso più rilevante è Leonardo, il cui maggiore azionista è il
Ministero dell’Economia, che ha esportato armamenti per quasi 1,6 miliardi di
euro. Il 53% è andato a Paesi membri della Nato, ma compaiono alcuni dati
interessanti. Il Paese maggiore importatore è stato il Qatar e tra i primi
compaiono anche Pakistan ed Emirati Arabi, Paesi nei quali i diritti umani non
godono di grande rispetto. L’Egitto è infine un caso interessante: nel 2020 era
il primo paese importatore, e nel 2021 è passato al diciottesimo posto.
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