IL VIAGGIO di VITTORIO
PATRIA Indipendente,
Periodico dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, Anno LXIII, propone
la Recensione di Laura Tussi:
Egidia Beretta Arrigoni, Il
viaggio di Vittorio, recensione di Laura Tussi
“A Vittorio e ai
sognatori che non hanno mai smesso di sognare”
IL VIAGGIO di VITTORIO
Libro di Egidia Beretta
Arrigoni
Recensione di Laura Tussi
Editore Baldini e
Castoldi - Dalai, Milano
In una narrazione
commossa e appassionata, Egidia Beretta Arrigoni racconta l'infanzia del figlio
Vittorio, che non era né un eroe né un martire, ma solo un ragazzo che ha
voluto riaffermare, con un impegno autentico, quanto i diritti umani vanno
rispettati e difesi. Ovunque. Così la madre di Vittorio Arrigoni racconta la
breve vita di suo figlio, il cui barbaro assassinio, avvenuto a Gaza nella
notte tra il 14 e il 15 aprile del 2011, è stato pianto dei giovani di tutto il
mondo. Egidia Beretta Arrigoni nel libro ripercorre il viaggio nella vita e per
il mondo di Vittorio (Perù, Congo, Togo, Libano) come un estremo atto d'amore
per il figlio, diventando testimone diretta della sua esistenza, soprattutto
tra i giovani e nelle scuole, per trasmettere l’importanza di un attivismo
speso per l'Utopia, formatasi anche tra le mura familiari con l'esempio di
genitori impegnati nel sociale per tutelare i diritti dei più deboli.
Vittorio non voleva
essere sepolto sotto nessuna bandiera e voleva che sulla propria lapide venisse
scritta la celebre frase di Nelson Mandela “Un vincitore è un sognatore che non
ha mai smesso di sognare”. Vittorio era capace di sentire nel profondo qualsiasi
ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo. Nei primi
viaggi, cercava la sua dimensione tramite il lavoro di volontariato, in
situazioni sempre difficili, mettendosi semplicemente al servizio degli altri,
cercando la pace attraverso la ricerca della giustizia per gli oppressi, i
deboli, i reietti del mondo, intessendo affinità spirituali, intime, quasi
mistiche con i bambini che incontrava a Gaza e nei suoi viaggi, nella gioia di
riconoscersi simili, in un’innocenza ritrovata.
Vittorio ha compiuto i
sui primi viaggi per uscire da un mondo che gli stava stretto, ma è stato
grazie ad essi che ha maturato quella consapevolezza umana che poi è diventata
fondamento della personale esistenza. Vittorio comprese che il malessere
interiore, la ricerca del senso del vivere potevano trovare risposte attraverso
la fratellanza, la solidarietà, la condivisione delle realtà difficili, spesso
tragiche, che incontrava nel proprio cammino.
Nel 2002 Vittorio
affrontò il primo viaggio in Palestina. I messaggi alla famiglia restituivano
un ragazzo pieno di sconcerto per i drammi a cui assisteva ogni giorno. Non si
capacitava del fatto che nella stessa Gerusalemme, città multiculturale, crogiolo
delle tre religioni monoteiste, si potesse praticare la segregazione di una
parte della popolazione. Come criticava l'estremismo di Hamas, al tempo stesso
Vittorio contestava duramente anche la politica di Al Fatah, soprattutto dopo
la morte di Arafat, quando la corruzione dilagante aveva ormai travolto anche
la forza più genuina e autorevole della Palestina. Vittorio scelse di praticare
l'interposizione nonviolenta, mettendosi tra due belligeranti, sia tra persone
e carri armati e bambini e tra manifestanti e poliziotti pronti a sparare.
Frapporsi, mettersi in mezzo, tramite la terza via della nonviolenza attiva e
della Resistenza civile. Si trattava di una pratica pericolosa come dimostra la
tragica vicenda di Rachel Corrie.
A Vittorio, l'idea
scaturita dagli accordi di Oslo, che prevedeva una soluzione con due popoli e
due stati, non convinceva. I fatti gli davano ragione. Israele continua ad
accaparrarsi territorio, riducendo sempre più lo stato palestinese. Vittorio
pensava che la vera soluzione risiedesse nella costituzione di uno Stato con
due popoli dotati di uguali diritti e dignità: uno Stato multietnico e non
etnocratico. Nei suoi reportages, Vittorio raccontava e denunciava la vita
negli ospedali, le vittime, la violenza, la distruzione, la morte e insieme ai
massacri, riuscì anche a raccontare l'umanità che pullulava nella striscia di
Gaza. L'opinione pubblica internazionale non sembra indignarsi per quanto
accade in Palestina e i potenti della terra non si mobilitano per fermare il
massacro. L'operazione “Piombo Fuso” era considerata un problema interno allo
Stato di Israele e approvata con la consueta sudditanza. Nonostante la
distruzione che provocò l'operazione militare “Piombo Fuso”, nonostante le
ferite a morte nei cuori, nonostante la disperazione, si avvertiva a Gaza il
desiderio assurdo di confrontarsi con le iniziative, i pensieri, i sogni di
questo ragazzo che trascinava un popolo intero per liberarlo dalla
rassegnazione. Così non esistevano più nemici esterni come Israele ed interni
come Hamas e Fatah che potessero impedire alle giovani e ai giovani palestinesi
di sognare. Con Vittorio, l'utopia era approdata a Gaza.
Quell'utopia era così
forte da convincere tutti che il mondo che abbiamo dentro, i sogni, le
aspirazioni, le speranze, fossero una dimensione reale e che ciò che era fuori,
la guerra, i soldati, il razzismo, i diritti violati, la morte, fossero
un'alterazione della realtà che con la nostra determinazione potrà essere
abbattuta.
Vittorio viaggiava
seguendo la rotta meno praticata dai vascelli umani, una navigazione lenta e
inesorabile in direzione della terra degli ultimi, i dannati dall'indifferenza,
i condannati dall'oblio, attraverso gli scritti, i versi e le prose per “Restare
Umani”, quando la guerra riduce l'uomo in una poltiglia contaminante di odio.
Note: su ILDialogo.org:
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cultura/Recensioni_1410024784.htm
Pubblicazione da Patria
Indipendente periodico di ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
“A Vittorio e ai
sognatori che non hanno mai smesso di sognare”
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