Moni Ovadia propone il Cabaret Yddish contro il “nazionalismo furioso” di Israele
Moni Ovadia propone il Cabaret Yddish contro il
“nazionalismo furioso” di Israele
di LAURA TUSSI
“Il sionismo sta portando alla distruzione dello statuto
etico-spirituale dell’ebraismo. Se l’ebraismo è ridotto a un nazionalismo
furioso, isterico, che idolatra una terra, questo è contro lo spirito
dell’ebraismo”. E’ una denuncia molto dura quella di Moni Ovadia – attore,
cantante, compositore, “meglio uomo di teatro e attivista per i diritti umani”,
nato 76 anni fa in Bulgaria da famiglia ebraica sefardita poi emigrata a Milano
quando era bambino. “L’artista è rimasto indelebilmente intriso della cultura
yiddish mitteleuropea con cui oggi infiamma il pubblico”, come ha scritto
recentemente Avvenire, ma pur essendo profondamente legato alle sue radici
religiose, non se la sente di tacere la verità: “gli israeliani – ha affermato
in una recente intervista –
stanno compiendo uno dei più grandi crimini che si possono commettere:
punizioni collettive. La distruzione del principio più elementare del diritto”.
“È possibile – si chiede Moni Ovadia – che siamo tutti così
accecati, così vigliacchi da non gridarlo? Quelli come me non li lasciano
parlare, o se per sbaglio l’invitano, gli mettono intorno un po’ di mastini che
provano a zittirli a colpi di ‘ecco l’antisemita’, ‘l’amico di Hamas’. E ora
criminalizzano anche gli studenti che di fronte alla mattanza di Gaza hanno il
coraggio e la determinazione di mobilitarsi, manifestare, trasformare
l’indignazione in lotta. Io sto con loro. E con quei docenti e università che
hanno rifiutato di partecipare ad un bando per la cooperazione scientifica con
Israele in un campo in cui l’applicazione militare è nell’ordine delle cose.
Dove sarebbe lo scandalo? Nel rifiutarsi di assistere in silenzio o addirittura
di cooperare nell’etnocidio di un popolo? Quanto al 7 ottobre, non c’è stata
un’inchiesta indipendente”.
Secondo Moni Ovadia, “quello che sta succedendo a Gaza ha degli
aspetti di una crudeltà terrificante. Alcuni ministri israeliani, veri e propri
fascisti, l’hanno dichiarato apertamente. Si punta l’indice accusatore contro
chi osa pronunciare la parola genocidio. Intanto si uccidono i bambini a
migliaia, li si fanno morire di stenti, però dire genocidio, signora mia, che
vergogna… Un orrore senza limiti. Con i soldati, vi sono foto e video in
circolazione, che dopo aver combattuto, si riposano, postano selfie in pose
trionfanti, con indumenti intimi femminili mostrati come trofei di guerra. In
allegria. Se un giorno un tribunale della storia chiederà cosa avete fatto lì,
cosa diranno i soldati israeliani, obbedivamo agli ordini? Ma come si può fare
una cosa del genere?”
Queste domande non trovano facilmente delle risposte, ma certo non possiamo non
farcele. Moni Ovadia le ha formulate certamente con grande sofferenza perchè,
come si vede nei suoi spettacoli – e ne scrive la nostra Laura Tussi qui sotto
– sente forte la sua appartenenza all’ebraismo e proprio questo gli causa una
ancora maggiore indignazione. “Una democrazia – ragiona – non sottopone un
popolo a ciò a cui è stato costretto il popolo palestinese: vessazioni,
umiliazioni, arresti arbitrari, torture… Io sono furibondo! E Israele, chi lo
governa, dice di rappresentare tutti gli ebrei. A me col cavolo, per usare un
eufemismo, che mi rappresenta! Io sono un ebreo della diaspora, sono legato
alla cultura e alla spiritualità ebraica, ma il sionismo è un nazionalismo
idolatrico e come tale antiebraico. E non sono l’unico a pensarla così. Lo
pensano anche rabbini e anche ebrei ortodossi. Bisogna imporre all’esercito
israeliano di ritirarsi immediatamente. Altroché far passare gli aiuti
umanitari: bloccano il cibo e lo fanno artatamente, perché il loro scopo è di
cancellare i palestinesi come popolo”. “E dietro ci sono anche ragioni
economiche…”, conclude Moni Ovadia alludendo al futuro sfruttamento del territorio
di Gaza una volta che sarà libera dai palestinesi".
Salvatore Izzo, direttore di FARO DI ROMA
Il
cabaret delle meraviglie.
Recensione
allo spettacolo di Moni Ovadia, Cabaret Yddish
di
LAURA TUSSI
Nella
congiuntura tragica attuale di violenza, odio, guerra, il governo di Israele,
non il popolo e le sue genti, ma la sua leadership, e l'establishment in vigore,
ma soprattutto le sue politiche e i suoi governi militari e sciovinisti e
suprematisti non sono volti al bene, anzi sono ben lontani e affossano nella
loro crudeltà verso il mondo arabo, l'affermazione della grande e ricca e colta
saggezza e cultura ebraica nel mondo, che in passato ha influenzato e
arricchito tutti gli altri popoli di saggezza in tutte le arti e in tutte le
forme del sapere e del pensiero a livello internazionale. Purtroppo le attuali
politiche governative diffamano e annientano il cosiddetto portato culturale
del popolo dell'esilio, delle genti di Israele, e tradiscono il grande spirito
cosmopolita e sagace e umoristico e soprattutto umanistico del popolo ebraico. Nella
contemporanea condizione di odio e genocidio, le politiche di governo affermano
con forza una supremazia dittatoriale e imperialista e suprematista. Attualmente
in Palestina e a Gaza è in atto un genocidio criminale per mano del governo e
della nazione Israele.
La
coinvolgente ed esilarante musica che fa vibrare con le sue note lo spettacolo
da camera Cabaret Yddish è il Klezmer derivante dall’ebraico con riferimento
agli strumenti musicali del popolo ebraico dell’est europeo a partire
all’incirca dal XVI secolo, in cui riecheggia, a tratti, in tutta la sua
drammaticità la diaspora, la musica dell’esilio, della dispersione,
dell’erranza straziante, come afferma Moni Ovadia, il sapiente regista e
strabiliante attore, che alterna citazioni, aneddoti, storie, racconti, canti e
brani musicali in cui l’Yddish è la lingua e il Klezmer la musica quale filo
conduttore.
La
cultura Yddish è un crogiolo di differenti diversità, di identità complesse in
un pluriverso di divergenti appartenenze, nella poliedrica miscela di ebraico,
russo, polacco, tedesco, romeno e ucraino, dove l’ebreo errante si ritrova in
una condizione inesorabile e polivalente di eterno, costante e costruttivo
dialogo con le alterità, di confronto interetnico e di creativa risorsa
interculturale, nella contemporanea vicinanza con il divino.
Cabaret
Yddish diventa l’emblema significante di contenuti e valori legati da una
ricerca di senso e significato, di musicalità canore e interpretazioni
esilaranti, nella fusione e con-fusione umoristica della tradizione ebraica
intrisa di grande sapienza, di anima popolare, in un insieme colto, ma semplice
e polivalente di formule linguisticamente internazionali, in un sentire ampio e
in un afflato universale, intrisi di sagace ironia Yddish.
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