Lo scopo del movimento pacifista fu sempre quello di prevenire la guerra
Lo scopo del movimento pacifista fu sempre quello di
prevenire la guerra
di Laura Tussi
Qualche anno dopo l’avvento di Hitler, la maggioranza
della sinistra continua a credere che la pace possa essere mantenuta
soprattutto attraverso le politiche di sicurezza collettiva e del disarmo, fino
alla regolazione internazionale delle controversie
Prevenire la guerra
Per questo motivo, la discussione si concentrò sulla questione dei mezzi
migliori per realizzare tale obiettivo.
Per due, forse tre anni dopo l’avvento di Hitler, la maggioranza della
sinistra continua a credere che la pace possa essere mantenuta soprattutto
attraverso le politiche di sicurezza collettiva e del disarmo, fino alla
regolazione internazionale delle controversie attraverso la presa di posizione
e la pressione politica ed economica collettiva.
La convinzione sottesa a questa posizione era che la pressione
internazionale poteva fermare i conflitti prima che raggiungessero la soglia
della guerra aperta.
Ma inevitabilmente tale posizione non poteva non suscitare la domanda di
fondo circa la giustezza dell’azione militare.
Nonostante tutto, esisteva la guerra giusta?
A metà degli anni ‘30 del Novecento, ci furono due risposte
impressionanti a questa domanda. La prima fu la fondazione nel 1934 dell’Unione
per la garanzia della pace.
L’Unione, i cui membri superarono rapidamente il numero di 200.000,
chiedeva alla gente di sottoscrivere una risoluzione che diceva: "noi
rinunciamo alla guerra e mai più, né direttamente né indirettamente, ne
sosterremo e ne approveremo un’altra".
Le chiese non conformiste giudicano la
guerra negazione del cristianesimo
Questa organizzazione traeva la sua forza dalle chiese non conformiste che
ritenevano la guerra una negazione del cristianesimo, e poi dagli scrittori e
dagli intellettuali orientati a sinistra, dal partito laburista, dai sindacati
del movimento cooperativo. Nella realtà, l’organizzazione abbracciava una serie
di posizioni, alcune delle quali vedevano nella non violenza più una tattica
che un valore assoluto.
La corrente principale del pacifismo: prevenire la
guerra
Ma la corrente principale rimase quella che faceva capo al bisogno di
prevenire la guerra con tutti i mezzi possibili. L’opinione pubblica fu
ulteriormente saggiata da quello che è divenuto noto come Sondaggio della pace.
Organizzato dalla Società delle nazioni e ignorato dal partito conservatore, il
sondaggio interessò più di mezzo milione di attivisti,
tutti volontari, e ricevette più di 11 milioni di risposte. La
maggioranza schiacciante delle risposte si dichiarò per continuare ad
appoggiare la Società delle nazioni, per il disarmo controllato, per
restrizioni alla produzione privata di armi e per la riduzione della produzione
di aerei militari.
La forza per alcuni come estrema risorsa
Ancor più significativo fu che circa sette milioni di persone votarono a
favore di immediate sanzioni economiche e non militari a carico dell’eventuale
aggressore.
Sei milioni ritenevano che la forza andasse usata solo come estrema
risorsa, mentre due milioni espressero la convinzione che la forza non dovesse
essere mai usata in assoluto.
Il sondaggio della pace per gente
sensibile all'antimilitarismo
Il sondaggio della pace mostrò che la gente era sensibile soprattutto al
problema di come prevenire una guerra reale, più che alle questioni astratte
sull’uso della forza o sull’esistenza della guerra giusta.
Ma anche così è chiaramente percepibile una forte, sotterranea corrente
pacifista, mentre il numero di quanti si astennero dal rispondere alla domanda
che toccava più direttamente la messa in atto di misure militari indica che
questo era il punto sul quale in quel preciso momento molta gente era estremamente
incerta.
I rapidi cambiamenti della situazione internazionale
I rapidi cambiamenti della situazione internazionale spingevano tuttavia a
una continua revisione di atteggiamenti, ed è dal 1935 che molti pacifisti
divennero meno convinti della loro posizione.
Dopo l’uscita del Giappone e della Germania dalla Società delle nazioni, la
politica della sicurezza collettiva divenne meno convincente.
Il governo britannico e la corsa al
riarmo
In realtà il governo britannico aveva ufficialmente abbandonato ogni
pretesa di seguire una politica di sicurezza collettiva e aveva annunciato la
sua intenzione di contrapporre al riarmo della Germania un proprio riarmo.
I dirigenti laburisti, che sostenevano il movimento pacifista, continuarono
a apportare argomenti a favore della sicurezza collettiva perseguita attraverso
la Società delle nazioni, ma evitarono ripetutamente di affrontare la questione
di cosa fare se tali politiche non avessero avuto successo.
Il persistere della debolezza nelle
posizioni pacifiste
In effetti, questo stava diventando il problema centrale per il movimento
della pace nel suo complesso. Una persistente debolezza della posizione
pacifista consisteva nel fatto che essa, come istanza politica più che come
affermazione di una convinzione personale, non permetteva molte alternative.
Il pacifismo lasciava poco spazio al compromesso: la presunzione che esso
dovesse avere necessariamente successo induceva molti a evitare di chiedersi
che cosa avrebbero fatto se ciò non fosse avvenuto.
Il lassismo inglese nella guerra in Spagna contro la
dittatura fascista di Franco
Gli avvenimenti della seconda metà degli anni ‘30 sono troppo noti perché
sia necessario soffermarsi su di essi.
Con l’Abissinia, il governo britannico si imbarcò in una strada di
incertezza e di oscillazione.
Allo stesso modo la Gran Bretagna mancò di sviluppare una politica coerente
rispetto alla guerra spagnola, continuando a giustificare il non intervento
anche quando fu chiaro che la Germania e l’Italia stavano fornendo un aiuto
considerevole a Franco e alla dittatura fascista. Con la conferenza di monaco
nel 1938 Chamberlain continuava a credere che Hitler poteva essere soddisfatto
e che si garantiva meglio la pace facendo concessioni piuttosto che lanciando
avvertimenti collettivi internazionali.
Il tema dominante della sinistra divenne
l'antifascismo
In questi anni, l’opinione pacifista inglese dovete percorrere una strada
molto difficile.
Il tema dominante della sinistra divenne l’antifascismo, e un pacifismo
male inteso rischiava di essere preso per un sostegno a Hitler.
Non è possibile fermare il fascismo
senza guerra?
A parte ciò, molti pacifisti riconoscevano che stava diventando sempre meno
realistica la possibilità di fermare il fascismo senza guerra.
E la Spagna forniva un chiaro esempio, provocando nella sinistra inglese
emozioni che prima e dopo di allora raramente si sono riscontrate.
La sinistra abbandona la non violenza in
nome della guerra contro il fascismo di Franco
Il partito laburista, riconoscendo in che direzione portava la politica del
non intervento, si accinse a un rovesciamento di linea politica, con tutto ciò
che questo comportava in termini di possibile coinvolgimento militare.
Altri esponenti della sinistra abbandonarono del tutto la non violenza,
sostenendo che la battaglia contro Franco e la dittatura era già la guerra
contro il fascismo. I modi di sentire si fecero ancora più duri.
Un’accusa ingiusta
Il movimento per la pace degli anni ‘30 è stato accusato qualche volta di aver
apparentemente indebolito la posizione del governo britannico.
Ma questa accusa sembra particolarmente infondata.
I pacifisti erano sempre stati molto decisi nella denuncia
dell’aggressione.
Pochi avevano difeso una politica di pace a ogni costo se ciò significava
aprire la strada agli aggressori.
Il sostegno pacifista alla Società delle nazioni, alla politica di
sicurezza collettiva e al disarmo, aveva mirato proprio al controllo effettivo
delle minacce e alla sicurezza internazionale.
Il pacifismo rafforza la consapevolezza sul pericolo
che il fascismo costituiva per l’Europa intera
L’ostilità al fascismo era basata, in particolare, sulla minaccia che il
fascismo costituiva per la pace mondiale, e i pacifisti sostennero
ripetutamente la necessità di una forte azione congiunta per controllare i
dittatori.
Gli errori dei politici difficilmente possono essere addebitati al
movimento per la pace.
La loro origine è da ricercare nelle false opinioni su Hitler e Mussolini
del tutto inadeguate.
Il pacifismo era divenuto dopo il 1940 una posizione che si era dovuta
abbandonare di fronte alla cruda realtà dei fatti politici, uno dei quali fu il
pericolo di una imminente invasione tedesca, una considerazione che molti
avevano mancato di mettere in conto.
La guerra apparve come un male minore contro il
fascismo
Che questa sia stata per diversi aspetti una sconfitta per il movimento per
la pace è ovvio. Ma da altri punti di vista il movimento aveva anche avuto un
grande successo. Esso aveva dato l’avvio a un’analisi nuova sulla guerra e sui
probabili beneficiari della guerra e nella sua ricerca di pace aveva
enormemente contribuito a rafforzare la consapevolezza popolare sul pericolo
che il fascismo costituiva per l’Europa intera.
La pace, impossibile?
“Mai più guerre” fu lo slogan con il quale molti si
identificarono per lo stretto rapporto intrattenuto di persona con la
sofferenza e la morte provocata dalla guerra
Il pacifismo inglese e non solo attinse forza dal
ricordo degli orrori della prima guerra mondiale
Negli anni fra le due guerre, il pacifismo inglese e non solo attinse
indubbiamente forza dal ricordo degli orrori della prima guerra mondiale. A
ricordo dei morti e delle vittime furono eretti monumenti in tutto il paese, ma
gli invalidi costituirono, almeno per tutti gli anni ‘20 del Novecento, un
ricordo ancora più impressionante delle conseguenze della guerra.
Lo slogan "Mai più guerre"
“Mai più guerre” fu lo slogan con il quale molti si identificarono per lo
stretto rapporto intrattenuto di persona con la sofferenza e la morte provocata
dalla guerra.
Per molto tempo prevalse la convinzione che una nuova guerra sarebbe stata
una mera ripetizione dell’ultima, con l’aggiunta assai temuta dei bombardamenti
aerei. Ma l’origine dei sentimenti pacifisti non va ricercata solo nei ricordi
del passato.
La congiuntura in cui emerse il fenomeno
sociale del pacifismo
La crescita del pensiero pacifista fu strettamente connessa e correlata con
i mutamenti sociali e politici verificatisi in Gran Bretagna e con gli sviluppi
esterni.
Il contesto nel quale il pacifismo emerse e con il quale esso fu
intimamente legato fu costituito dal declino industriale, dalla disoccupazione
di massa, dalla povertà e dalla fame, all’interno, e dai problemi connessi con
il perdurare, all’esterno, del dominio coloniale, prima che fossero tutti messi
in ombra dalla grande minaccia del fascismo.
Il decennio dell'illusione e della delusione
Le opinioni riguardo la guerra cominciarono a cambiare in modo
significativo nel corso degli anni ‘20, un periodo che potrebbe essere definito
il decennio dell’illusione e della delusione.
Gli anni immediatamente seguenti al conflitto avevano visto poco
trionfalismo militarista e non erano sorte battagliere e violenti
organizzazioni di ex combattenti, come ce ne erano in altre parti d’Europa.
Lo stato d’animo diffuso era la stanchezza e l’idea comune fra la gente
vedeva nella guerra una tragedia terribile, ma necessaria per salvare la
democrazia e che quella appena combattuta poteva essere la guerra per mettere
fine a tutte le altre guerre.
Il radicalismo sociale. L'insuccesso del governo
laburista
Tali sentimenti si combinavano con nuove speranze per il futuro, in parte
legate alle promesse fatte alle truppe, in parte a un nuovo radicalismo sociale
che si era sviluppato fra i soldati nel corso della guerra.
Ma la realtà venne subito a disingannare la gente da queste aspettative:
disoccupazione, carenza di case e di cibo, l’insuccesso del governo laburista,
il fallimento dello sciopero generale, tutto contribuì ad accentuare le
divisioni sociali e servì a rivelare la distanza profonda che ancora separava i
ricchi dai poveri e il governo dalla popolazione.
L’interpretazione di sinistra sulla guerra
Delusione e risentimento portarono a un aumento delle opinioni circa la
guerra. Ora la gente era più disposta ad accogliere l’interpretazione di
sinistra sulla guerra, vista come lotta fra imperialismi, combattuta per
difendere gli interessi inglesi e a vedere la retorica patriottica del
sacrificio come poco più che un espediente ipocrita per dissimulare questa
realtà.
Varie realtà invitano il governo a dire
NO alla guerra come azione politica
La sensazione della classe lavorativa, che la guerra l’aveva combattuta, fu
forse stata tradita da chi non l’aveva fatta e provocò a sua volta una crescita
della solidarietà internazionalista della classe lavoratrice stessa.
Questa mentalità fu dominante nei circoli della classe lavoratrice e nelle
classi medie orientate a sinistra. Accadeva di frequente di imbattersi in
risoluzioni approvate dalle associazioni dei lavoratori e dei sindacati, che
invitavano il governo a rinunciare alla guerra come strumento di azione
politica.
La guerra è sempre inutile
Si trattava di una sorta di pacifismo diffuso, fondato sul presupposto che
la guerra è sempre inutile, ed è dichiarata da governi incompetenti per farla
combattere a generali ancora più incompetenti. Tale visione procurò un forte
sostegno alla Società delle nazioni a favore del disarmo generale.
Gli studenti dell’Università di Oxford
per la pace
Un contributo piuttosto sorprendente al movimento per la pace si ebbe agli
inizi degli anni ‘30 del Novecento quando nel corso di un dibattito la Lega
degli studenti all’Università di Oxford, fra la contestazione dell’establishment britannico
votò una mozione per cui “questa istituzione in nessun caso combatterà per il
suo re e per il suo paese”.
Il pacifismo persino tra gli studenti
Tale voto significava infatti che ora il pacifismo penetrava persino tra
gli studenti privilegiati della classe media quella da cui tradizionalmente
provenivano gli ufficiali. Ovviamente le cose non stavano proprio così. Molti
non erano pacifisti avevano semplicemente cominciato a pensare di avere il
diritto di scegliere il tipo di guerra che volevano combattere.
Ciò era tuttavia indicativo del sentimento generale che permeava i giovani
e la sinistra.
L'avvento di Hitler conferiva un nuovo
significato alla guerra
Era un sentimento di mancanza di fiducia nei governi politici al potere,
considerati inefficienti nella retorica del patriottismo. Di contro vi era la
convinzione che l’azione e la testimonianza personali a sostegno della pace
potevano in qualche modo compensare le manchevolezze dei governi.
Naturalmente, la situazione mutò radicalmente con l’avvento di Hitler al
potere, che conferiva al problema della guerra e della pace un’urgenza del
tutto nuova e emergente.
Lo slogan “fascismo significa guerra”
All’inizio, la sinistra fu alquanto incerta sulla linea da seguire nei
confronti di Hitler: essa respingeva come ovvio le intenzioni del fascismo e i
metodi della dittatura. L’instabilità della situazione portò l’opinione
pubblica pacifista ad accentuare molte tematiche degli anni precedenti.
Furono rinnovati gli appelli a puntare sulla Società delle nazioni per la
sicurezza, per una riduzione pianificata degli armamenti e per la messa in atto
di sanzioni economiche e politiche contro gli aggressori.
La sinistra pacifista spera sempre nella
prevenzione alla guerra
La prevenzione della guerra attraverso un’azione concentrata di carattere
internazionale rimase la grande speranza della sinistra pacifista.
Ci si trovava invece alle prese con un governo nazionale in realtà
largamente conservatore che in pratica sembrava non far nulla a sostegno degli
sforzi che venivano compiuti per raggiungere la sicurezza collettiva.
I segnali di disastri incombenti erano fortemente aumentati durante il
primo anno di governo di Hitler, e cominciò a essere più largamente accettato a
sinistra lo slogan “fascismo significa guerra”.
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