Pace a colori. Dalle rappresentazioni grafiche all'intelligenza artificiale nei social
Pace a colori. Dalle
rappresentazioni grafiche all'intelligenza artificiale nei social
di Laura Tussi
Illustrazioni, manifesti e disegni di dossier che trattano di conflitti e pace.
Simboli universalmente riconosciuti per rappresentare la pace
Proprio nel poter confrontare le innumerevoli
soluzioni grafiche proposte nei vari dossier che trattano di conflitti e pace e
guerre nel mondo è facile osservare subito alcuni fattori dominanti come il
ricorso massiccio a simboli universalmente riconosciuti.
Lo studio della pace
in vari archivi e biblioteche
La presente è una
panoramica descrittiva di illustrazioni, manifesti e disegni e fumetti di vari
dossier che trattano di pace e conflitti e guerre nel mondo e che ho avuto modo
di visionare e consultare e studiare nel tempo in vari archivi e biblioteche.
La cartellonistica di pace
come cartina di tornasole delle contraddizioni sociali
La quantità di immagini e disegni proposti nella pubblicistica riguardante
conflitti e pace consente soltanto qualche considerazione di insieme su un
settore della cartellonistica per la pace estremamente problematico e che
funziona come cartina di tornasole non sono delle contraddizioni sociali
riposte nei messaggi delle campagne per la pace, ma anche nelle tecniche e nei
linguaggi espressivi del manifesto in genere.
I simboli di pace universalmente
riconosciuti
Proprio nel poter confrontare le innumerevoli soluzioni grafiche proposte
nei vari dossier che trattano di conflitti e pace e guerre nel mondo, è facile
osservare subito alcuni fattori dominanti: il ricorso massiccio a simboli di
pace universalmente riconosciuti, dalle figure della colomba o della farfalla,
i colori dell’arcobaleno e di una natura idealizzata, immagini di minaccia
bellica, ad esempio il nero dei missili, l’uso di modalità infantili, come
illustrazioni favolistiche e fumetti.
Contrapposizione tra realismo della
fotografia e metabolizzazione fantasiosa del disegno
La contrapposizione tra il realismo tragico della fotografia e la
metabolizzazione fantastica del disegno, rivela il punto di forza e allo stesso
tempo di debolezza per una tradizione grafica costretta a lavorare sulla
univocità del discorso retorico, in questo non diversamente dalla
cartellonistica bellica, anzi forse ancora più radicalmente, piuttosto che
sull’universo in atto, per una molteplicità effettiva di esperienze, di
soggetti, di scelte.
Purtroppo la rappresentazione della pace
è inferiore a quella della guerra
Il mondo della pace è ancora povero di immaginazione rispetto, purtroppo,
alla ricchezza del mondo della guerra: ed è quest’ultimo ad essere più vicino,
contiguo, integrato ai tempi di stasi bellica, alla vita sociale, al vivere
quotidiano.
La dimensione internazionalistica dei
manifesti per la pace
Inoltre la dimensione internazionalistica e molto spesso intellettuale di
questi manifesti rende inevitabilmente astratto l’interlocutore dal persuadere
e sul piano politico non si emancipa dalle tradizioni movimentistiche e
classiche.
La grandezza utopica reprime spesso le
articolazioni quotidiane e i vari aspetti della pace
Questo meccanismo, in cui la grandezza utopica del tema schiaccia ogni
articolazione quotidiana, in cui gli effetti della guerra riconducono
fatalmente ad una sola immagine di morte, si riflette anche nella costruzione
degli slogan.
L'ambiguità della pubblicità progresso
Il messaggio verbale è essenziale, semplice, solo perché è vittima di se
stesso, è agli antipodi della letteratura, che soccorre il copy writer dei
messaggi merceologici, è in parte l’ambiguità della pubblicità progresso.
Il rischio della forma estetica del
dolore e della violenza
Per quanto riguarda il piano iconico, l’intelligenza grafica, e quindi
abbiamo molti buoni esempi riconducibili a varie tradizioni della pittura nella
cartellonistica d'autore, finisce spesso per costituire anche un’insidia. La
pulizia del segno e del ragionamento prescrittivo raffredda il tema quando non
cade addirittura in forme di parassitismo estetico sull’immagine di un dolore e
di una violenza che sono apprezzabili solo nella loro più autentica oscenità,
nella loro irriducibilità, perché in nessun modo stilizzabili, componibili.
La bellezza grafica fine a se stessa può
rendere assimilabile anche il fungo atomico
Il problema cruciale infatti è come ri-dire la civiltà, come dire ciò che
non andrebbe detto, perché non dovrebbe essere stato mai detto: nel senso di
mai desiderato, mai accaduto. Dal canto suo, la bellezza grafica lasciata a se
stessa e alla pura estetica delle cose può spingersi a rendere emotivamente
appetibile, ipnotico, sublime, persino il fungo atomico: la fantasmagoria della
materia, espulsa con forza dall’orizzonte tematico del pacifismo, riemerge
nella sua forma più autenticamente artificiale e catastrofica.
Pura fascinazione del consumo. Del
parassitismo. Del mercato. Del potere.
Altro meccanismo, rivelatore della tragica contraddizione umana, che sta
alla base della guerra come tradizione storica, forma culturale, psicologia
sociale e anche memoria narratologica, può essere visto nel recupero di
soluzioni violente, orrorifiche, esplosive, che vengono usate e rappresentate
per rendere l’idea e la volontà di distruggere la guerra, i sui simboli, i suoi
dispositivi, i suoi responsabili.
Il colore, nella sua scelta immateriale,
corre meno rischi sul piano ideologico nella rappresentazione guerresca
Metafore contro realtà, ma comunque guerra contro guerra. Sullo sfondo di
tali insidie, si articolano approcci e proposte più o meno originali, più o
meno conformi alla tradizione. La scelta immateriale, ovvero materia solo nel
colore, senza alcun altro riferimento leggibile, è quella che corre meno rischi
sul piano ideologico.
Opere d'arte e artisti testimoni
immediatamente riconoscibili di una cultura della pace
Eppure, a mio parere, si tratta di nuovo di un compimento dell’uomo
nell’artificialità, anche se, questa volta in quella dello spirito invece che
in quella del materiale. A questo proposito qualcosa andrebbe detto
sull’ideologismo tradizionalista che può celarsi nei casi in cui il manifesto
fa riferimento a opere d’arte e ad artisti come testimoni ritenuti
immediatamente riconoscibili di una cultura della pace.
Da Escher a Picasso a Magritte: una pace
che si metabolizza nel divenire conflittuale dell'universo
Formalmente è presente di tutto: avanguardie fantastiche e razionaliste.
Marcando più le reminiscenze di Escher, che non quelle volutamente picassiane o
quelle inevitabilmente di Magritte, mi pare interessante e frequente il
riferimento alla visibilità delle metamorfosi, al gioco ecosistemico tra ordine
e disordine: attenzione a una pace che si fa nel divenire conflittuale del
mondo, di civiltà e di un bisogno che è mostruoso, emergenze di mutamenti
controllabili.
E’
necessario utilizzare i mezzi del potere per destabilizzare e contrastare il
potere stesso
In
collaborazione con Fabrizio Cracolici, stiamo realizzando video e spot
grafici di comunicazione sociale inerenti temi attuali del pacifismo,
inserendoli in varie piattaforme, ossia nei social più utilizzati dai
ragazzi. Video brevi, da 15 a 30 secondi che utilizzano l’intelligenza
artificiale a fini di bene, a fini di pace; spot, ossia reel, che comprendono
al loro interno un messaggio, un solo messaggio alla volta. L’esperimento sta
portando i suoi frutti perché molti giovani hanno iniziato a seguirci stabilendo
con noi interazioni. Proprio così: le nuove generazioni ci stanno interrogando
in una costante dinamica comunicativa intergenerazionale e questo è sicuramente
un buon inizio.
Commenti
Posta un commento