Dalle Banlieu francesi ai quartieri milanesi

 

In questi giorni gli operatori sociali in un carcere di Milano hanno fatto appello alla società civile per avere indumenti e coperte perché l’istituto di pena ha un impianto di riscaldamento obsoleto e mal funzionante.

La condizione di vita nelle carceri ha raggiunto livelli assai preoccupanti, manca l’acqua calda, ci sono temperature elevatissime in spazi sovraffollati in estate mentre nei mesi invernali gli impianti funzionano poco e male.



Quanto avviene dentro le carceri è comune con la condizione di vita nei quartieri popolari dove da anni gli investimenti sociali e la manutenzione degli edifici popolari sono assai carenti, aree con elevati tassi di disoccupazione e di abbandoni scolastici.

I fatti di cronaca riportano la notizia di scontri nel quartiere popolare di Corvetto tra cariche, barricate, lancio di lacrimogeni dopo la morte di un giovane di origine egiziana inseguito dai carabinieri su un motorino rubato. Quanto avviene a Milano è già accaduto nelle Banlieu francesi o in altre città italiane, siamo davanti a una situazione di inaudita drammaticità alla quale si pensa di rispondere con logiche securitarie e repressive senza guardare ai processi di impoverimento prodotti dalla precarietà del lavoro, da interventi sociali del tutto inadeguati, dai processi di sottrazione speculativa alimentati dalla trasformazione urbana che stanno isolando interi quartieri popolari dentro sacche di miseria e marginalità.

Parliamo di quartieri densamente abitati dove la presenza di migranti, di varia generazione, è molto forte, nei quali la privatizzazione dei servizi sociali, il mancato recupero dell’edilizia popolare, l’assenza di scuole aperte e rivolte anche al recupero di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, determina fenomeni di ghettizzazione.

Nelle metropoli è in atto da tempo la valorizzazione di alcune aree immobiliari e l’abbandono di altre, in tanti quartieri i processi di “rigenerazione urbana” hanno spinto i proletari ad andarsene per affitti troppo cari e insostenibili, non mancano casi di subaffitto dentro alloggi di pochi metri quadrati per la insostenibilità di canoni locativi schizzati alle stelle.

Parliamo di un annoso problema che va spiegato in termini sociali, abitativi, culturali ed urbanistici proprio per coglierne la complessità e non limitarsi solo a risposte securitarie.

Molti giovani senza palestre, scuola e lavoro vivono sulla loro pelle la marginalizzazione, crescenti processi di discriminazione, attenzionati come nemici dell’ordine dalle forze dell’ordine. In un ghetto cresce il clima di odio e la stessa integrazione sociale diventa impossibile.

Non si tratta di costruire analisi sociologiche sugli abitanti di questi quartieri ma cogliere invece la gravità della situazione acuita anche da processi di speculazione immobiliare e dalle troppe falle del sistema sociale ed educativo.

Quanto leggiamo e ascoltiamo dai media mainstream riduce la questione a logiche di ordine pubblico per giustificare interventi securitari ma senza mai prendere atto della natura socioeconomica del problema, meglio nascondersi allora dietro alla repressione o ai classici stereotipi che forniscono spiegazioni e soluzioni "rassicuranti"

Fin dal 2014 partirono sgomberi abitativi nel quartiere Corvetto all’interno di quella operazione definita Expo, le riqualificazioni di alcuni quartieri sono avvenute lasciandone altri in situazione di grave emergenza senza spazi sociali, lavoro e interventi pubblici rivolti alle fasce giovanili. E da queste scelte nascono le rivolte nei quartieri.

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