Nell’azione educativa si esercitano relazioni di potere
Nell’azione educativa si esercitano relazioni di potere
Educazione e relazioni di potere
di LAURA TUSSI
Le relazioni di potere compongono una trama plurale,
diffusa, trasversale a tutte le relazioni umane e sono direttamente collegate
alle possibilità di costruirci in soggetti sociali e storici in trasformazione.
Nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza attiva e globale, si è spesso
parlato della dimensione politica dell’educazione. Rispetto a ciò, Freire ha
sottolineato la sua posizione: “Per me l’educazione è un processo politico e
pedagogico. Ciò significa che è sostantivamente politico e aggettivamente
pedagogico”.
Il significato del politico fa riferimento alle relazioni di potere che
compongono una trama plurale, diffusa, trasversale a tutte le relazioni umane e
direttamente collegate alle possibilità di costruirci in soggetti sociali e
storici in trasformazione.
Nell’azione educativa si esercitano relazioni di potere che hanno
conseguenze dirette dentro lo sviluppo delle capacità umane o nella loro
inibizione.
Qualsiasi educazione, come azione culturale e politica, contribuisce a
costruire una determinata cultura, un modo di pensare e sentire il mondo e la
vita, un indirizzo intellettuale e morale che preme per imporsi egemonicamente,
cercando di ampliare il consenso a partire dalla coscienza etica promossa dagli
ambienti organizzati della società civile, intesi nel senso gramsciano della
'cittadinanza attiva'.
Etica, educazione e politica si costituiscono così, dal punto di vista
filosofico, in una triade interdipendente nella quale l’educazione è destinata
a essere il fattore dinamico, attivo, creatore e costruttore di soggetti capaci
di edificare e creare condizioni di possibilità più umane per gli esseri umani.
È per questo che l’educazione e il suo ruolo nella storia sono molto più che
insegnamento, apprendimento, sistema scolastico, ragioni, giudizi più che
maestri e alunni, norme e regolamenti. È per questo che le ricerche etiche,
politiche, pedagogiche delle varie iniziative mirano alla costruzione di un
paradigma educativo diverso da quello dominante.
Anche Freire obbliga a ripensare tutta la logica del processo di
insegnamento e apprendimento, affermando che insegnare non è trasferire
conoscenze, base sulla quale si fonda la sua critica alla concezione materiale
dell’educazione. E non è possibile, perché la trasmissione letterale di
informazioni non costituisce un evento educativo e non produce realmente una
conoscenza.
Inoltre la conoscenza è un processo attivo, in quanto accediamo a nuove
informazioni, sviluppando processi di identificazione, associazione,
simbolizzazione, generalizzazione, di affermazione e negazione tra il vecchio e
il nuovo. È per questo che a partire dall’educazione concepiamo l’apprendimento
come un buon compito creativo, nel quale si costruiscono e ricostruiscono
conoscenze, ma nel quale ci costituiamo e ricostituiamo come persone come
soggetti capaci di pensare, sentire e fare e trasformare. Ecco perché
l’insegnamento non può ridursi solamente a trattare contenuti, ma deve anche
portare avanti un ricco, complesso processo in cui si producano le condizioni
affinché possiamo imparare criticamente. Dice Freire: “Queste condizioni
implicano e esigono la presenza di educatori ed educandi creativi, istigatori,
inquieti, rigorosamente curiosi, umili e tenaci.
Gli alunni vanno trasformandosi in veri soggetti di costruzione e
ricostruzione a fianco dell’educatore anche egli soggetto del processo”.
Generare condizioni per l’apprendimento critico, presuppone un ruolo di
impegno integrale da parte dell’educatore e dell’educatrice nel riconoscere che
non si posseggono le risposte a tutte le domande e stimolare il senso critico
di ricerca, di inquietudine di non-conformismo e anti-conformismo.
È da qui che il ruolo di un educatore democratico viene concepito più come
quello di un 'provocatore', piuttosto che come quello di un 'facilitatore'.
Quest’ultimo concetto probabilmente ha origine nella ricerca di un’alternativa
all’immagine eccessivamente direttiva del ruolo del docente volendo mettere in
risalto il suo ruolo di animatore di un gruppo. Pensare come provocatori e
provocatrici, presuppone il posizionarci come attori e attrici del processo:
cioè soggetti attivi e impegnati con le persone con le quali lavoriamo, con il
loro contesto, con tutti i dubbi e le scelte alternative possibili.
Per questo forse la prima sfida viene dal gruppo: sono gli altri che
provocano con le loro domande, i loro interessi o disinteressi. Le loro
conoscenze, le affermazioni e negazioni a proposito di contenuti su cui
lavorare, la percezione che hanno del docente e il suo ruolo e le capacità e i
comportamenti, aspettative, parole e silenzi.
La sola presenza di uno spazio educativo è già di per sé una sfida.
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