Autonomia differenziata buona o autonomia differenziata cattiva?

 

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Yesterday's Papers: Autonomia differenziata buona o autonomia differenziata cattiva? di Michela Arricale


d Michela Arricale


La Corte Costituzionale ha comunicato di aver deciso sui ricorsi diretti presentati dalle regioni, statuendo la generale legittimità della legge Calderoli, anche se poi interviene su singoli aspetti considerati anticostituzionali e che di fatto eliminano alcune delle peggiori invenzioni del perfido leguleio.

Ma facciamo un passo indidetro: dopo la promulgazione della legge Calderoli sull’AD sono state raccolte un milione e mezzo di firme, di cui 750 mila ai banchetti per strada, per l’indizione di un referendum abrogativo, che cancellasse l’intera legge.

Anche alcune  Regioni hanno presentato richiesta per lo stesso referendum abrogativo, per sicurezza, in caso non fossimo riusciti a raggiungere il numero di sottoscrizioni necessario, hanno detto

Ma hanno anche proposto, in aggiunta, un quesito per l’abrogazione parziale, che avevano ad oggetto singoli elementi della norma ( l’eliminazione di un inciso, di un aggettivo, di un richiamo legislativo).

Hanno detto che anche questo quesito l’hanno presentato “per sicurezza”, in caso il quesito principale fosse bocciato dalla Cassazione ( che deve verificare l’ammissibilità dei quesiti preentati). 

In realtà, questo secondo quesito è un problema, e non ha niente a che vedere con il primo. L’impianto tutto della riforma va bocciato. 

Agire sulle singole parole presuppone il riconoscimento di una sostanziale legittimità alla norma, che può essere sistemata con qualche colpetto di spazzola. In sostanza da ragione a chi la legge l’ha fatta. E da ragione anche a chi l’ha già usata....

 Eh si, perché in effetti, tra quelle regioni che hanno proposto il referendum, 3 su 5 hanno già chiesto l’intesa: Emilia Romagna, Toscana e Campania. Che poi, a ben guardare, delle 9 regioni totali ad aver già chiesto l’intesa ben 6 sono regioni governate dal PD

Solo tre sono del centrodestra, 2 di cui della lega. Ed infatti la richiesta è partita proprio da una di queste regioni, la Campania....del resto: come la componi questa cosa, altrimenti? Da una parte negozi l’autonomia, dall’altra chiedi l’abrogazione della legge che stai usando?  Dai, vi pare mai possibile? 

Ed ecco così comparire questa presunta autonomia differenziata buona, del PD, contro quella cattiva, della lega e della Meloni. 

Abrogare l’intero o cambiare qualche parola non sono due cose uguali in natura ma diverse per quantità, al contrario: sono due cose opposte, che si escludono a vicenda.

Comunque....dicevamo: viene lanciata la raccolta firme, ma nell’incognita della sua buona riuscita, sono intervenute le regioni depositando i loro due quesiti. La campagna è stata un vero  successo anche dal punto di vista della risposta dell’opinione pubblica e dell’umore generale: file enormi ad ogni banchetto da nord a sud. Successo che lanciava grandi aspettative sulla decisione della Cassazione, con un crescendo di attenzione e prese di posizioni eccellenti, fermento sociale con annessa grande apologia dellla partecipazione popolare, del referendum,  blablabla

Ecco, quelle stesse regioni presentano ricorso diretto alla Corte Costituzionale. Anche questo per sicurezza...

Piccola parentesi per farvi capire: quando viene promulgata una legge dal potere legislativo, questa stessa legge può essere sottoposta a vaglio di costituzionalità –cioè vedere se è conforme a quello che dice la nostra costituzione- in vari modi: uno di questi è il cosiddetto ricorso diretto delle regioni, quando queste sentano violate le proprie prerogative. 

Avrebbero potuto farlo subito, appena uscita la legge, o tra 6 mesi, se il referendum fosse andato male...e invece no, hanno deciso di proporlo a ottobre, tra il 2 e il 3 ottobre per la precisione. 

Ne chiedono l’abrogazione totale, e poi con una serie infiinita di subordinate, chiedono quei piccoli aggiustamenti di cui parlavamo prima.

La Corte decide il 14 Novembre. Dice che la Legge Calderoli è fondamentalmente costituzionale, ma che gli serve una revisione su alcuni punti ( che pure erano fondamentali per l’impianto tutto della norma).

Festeggiano tutti, hanno tutti vinto: da una parte la maggioranza che si vede appuntato il bollino di costituzionalità ad uno dei pilastri della sua strategia di governo, e dall’altra le opposizioni che si vedono accolti quelle modifiche che chiedevano, e che oggi ancora di più rappresentano il discrimine tra buona e cattiva Autonomnia Differenziata.

Che ne sarà adesso del referendum? Dal puntodi vista tecnico, il quesito per l’abrogazione totale rimane in piedi, mentre quello parziale verràà dichiarato quasi certamente decaduto ( poiché riguardava proprio i punti poi modificati alla decisione della consulta).

E dal punto di vista politico? Beh, qua ci divertiamo: la decisione smembra il fronte del dissenso.  Molti di quelli che hanno animato la raccolta delle firme sembrano più che appagati della decisione. Se rimarranno, sarà una pura formalità ma non aspettiamoci grandi slanci, anzi. Questo boicottaggio andato a buon fine, e portato avanti alla luce del sole, dovrebbe darci l’ennesima prova che l’unità a tutti i costi rischia di fare solo danni se non è sostenuta da contenuti realmente condivisi. 

Con questi smussamenti, e con il racconto che di questi ne verrà fatto, condizionerà negativamente la campagna referendaria, che ricordiamoci: ha bisogno del quorum. 

Significa che deve andare a votare la metà più uno degli aventi diritto, senò non vale. Non serve solo che vincano i si, 

Se la corte dichiarerà ammissibili i quesiti, e il referendum si farà, il nemico più grande è l’astensionismo: ai nemici del popolo basta non fare niente

Noi perderemo anche se non verrà raggiunto il quorum, perché passerà il messaggio che alle persone –in fondo- non importa così tanto. Soprattutto dopo che la Corte Costituzionale ha detto che tutto sommato va bene. Inoltre, la Corte ha escluso dall’ambito di applicazione della Autonomia differenziata le regioni a statuto speciale, 5 su 20, i cui residenti ( già con affluenze tra le più basse d’Italia) si sentiranno –pertanto- ancora più disinteressati alla questione.

Divide et impera, funziona sempre.

 Per chi segue con superficialità la questione, anzi, l’ulteriore opposizione alla norma così sistemata rischia di generare ostilità “ eh ma vedi, non vi va mai bene niente, se l’ha detto la Corte Costituzionale...

E io qui vi volevo: che cosa ha detto la Corte: ha detto che –visto che c’è stata la riforma del 2001 ed in base ai principi introdotti da quella riforma- allora la legge Calderoli è costituzionale. 

Ma quella riforma è esattamente il centro della nostra lotta e della nostra opposizione, ma voglio spiegarmi meglio: Prima della riforma del 2001, il modello costituzionale è quello della AUTONOMIA CONTROLLATA: centralità dello stato, programmazione economica, funzioni delegate....processi che cercavano di valorizzare che valorizzasse  le differenze locali senza –però- mettere a rischio l’unitarietà delle politiche pubbliche. 

Con la riforma del 2001 prende forma  il percorso di smantellamento di questa idea.  E’ il  periodo dell’euforia liberista, che portò avanti una vera e propria battaglia ideologica contro lo Stato democratico e i suoi poteri di indirizzo e controllo. 

Prima, le Regioni erano subordinate e lo Stato aveva il potere di governare l’insieme; dopo la riforma, è lo Stato che si trova a dover difendere le proprie competenze residue, mentre le Regioni prendono in mano quasi tutto il resto. 

Questo non solo frammenta il potere, ma crea disuguaglianze evidenti e un sistema istituzionale disordinato e frammentato. Ogni Regione, con i suoi specifici interessi e priorità, ha iniziato a legiferare in maniera autonoma e non coordinata tra loro su molteplici materie, creando profonde differenze territoriali. Non solo: lo Stato centrale si è indebolito, dovendo trattare con Regioni sempre più potenti e con leadership che operano come piccoli "premier" locali.

Altro punto cardine della riforma del 2001 è stata l’introduzione del principio di sussidiarietà, declinato nelle due modalità di sussidiarietà orizzontale ( visione privatistica dei rapporti istituzionali, dice in sostanza “ lascia fare al privato fino a che ce la fa”-) e verticale ( se proprio il privato non ce la fa e deve intervenire il pubblico, allora questo deve essere il livello più vicino ai cittadini)

Una vera e propria rivoluzione ideologica antistatalista camuffata da efficientismo, che produce una doppia delegittimazione dello Stato: in primis nei confronti dei privati, che vengono esaltati ed incensati in quanto tali e considerati ontologicamente più efficienti dello Stato, e in secondo luogo nei confronti degli altri livelli localistici, lui residuando solo tutto quello che non può essere svolto dai Comuni, dalle province né dalle regioni. 

Con i risultati disastrosi che viviamo, e che l’Autonomia Differenziata –sia quella buona che quella cattiva- contribuiranno ad incancrenire ed esacerbare. 

Ma fino a quando la deforma del 2001 rimarrà in vigore, la nostra Repubblica –come disegnata dalla Costituzione-  è a rischio, ed è per questo che partecipiamo al percorso di lotta del Comitato popolare Primo Giugno contro ogni autonomia differenziata, che proprio in questi giorni sta convocando diverse assemblee territoriali sul tema in tutta Italia, in avvicinamento alla data scelta per una giornata di mobilitazione nazionale il prossimo 6 dicembre. 

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