La povertà educativa in Italia e la demagogia sul PNRR
Basterà il PNRR per porre fine alla povertà educativa
nel nostro paese?
L'ottimismo governativo della irrazionalità
La povertà educativa non nasce da ora ma è un antico retaggio delle scelte fallimentari negli ultimi 40 anni, asserire, come fa Fitto, che la soluzione sia il PNRR è la solita propaganda atta ad occultare i problemi
Del resto l'ultima revisione del PNRR ha scelto la
solita via italica del procrastinare molte scadenze previste spendendo in
fretta i fondi assegnati senza una visione prospettica delle necessità del
paese come scriveva pochi giorni fa Openpolis.
Come avvenuto con i tagli al cuneo fiscale, le imprese hanno fretta per accedere ai crediti d’imposta e agli incentivi ma da qui a ridurre le tante, troppe, disuguaglianze corre grande differenza e prova ne sia la decisione del Governo di rivedere gli obiettivi per la copertura dei posti agli asili nido che passano dal 33 per cento al 15%
Non sarà certo il PNRR a porre fine alle
disuguaglianze o alla povertà economica delle famiglie che colpisce quasi 1
milione e mezzo di giovani con età inferiore ai 18 anni visto che gli
investimenti sociali nella revisione del Piano hanno subito forti ridimensionamenti
Ad oggi non sono ancora disponibili i dati
relativi allo stato di avanzamento degli oltre 262mila progetti finanziati dal
Pnrr, sono in gravissimo ritardo, i dati ispettivi sulla attuazione dei decreti
e le responsabilità non sono attribuibili solo agli enti locali ma soprattutto
alle strutture ministeriali.
E palesi sono i ritardi di molti territori nei quali
problematico è l'accesso al lavoro e a un reddito o dove si verifica un
progressivo indebolimento del potere di acquisto.
La stessa nozione di povertà educativa non potrà certo
ridursi al numero di mense e palestre lasciando fuori ad esempio laboratori o
scuole che dovrebbero essere aperte anche al pomeriggio per consentire la
frequentazione dei corsi di recupero, e non, e di altre attività educative. Ma
anche su mense e palestre i ritardi sono macroscopici come denuncia il
rapporto
Potremmo poi menzionare la sporadica presenza di
biblioteche e di sale studio sapendo che queste ultime perfino nelle città
universitarie hanno visto una forte contrazione degli orari di apertura per i
tagli agli atenei e i soliti appalti al ribasso.
Per fare altri esempi prendiamo in esame la
dispersione scolastica: in Italia quasi l'11 per cento dei giovani in età
scolare ha abbandonato prematuramente gli studi, veniamo superati da paesi
europei economicamente più deboli ma anche da nazioni in crisi come la Germania
e perfino la Spagna la cui economia cresce a ritmi maggiori della nostra.
E ancora una volta le risorse impiegate dall'Italia
sono inferiori, anche nel settore educativo come del resto in sanità, rispetto
alla media dei paesi Ocse che spendono per il settore educativo il 5,1% del
loro PIL rispetto al 4,2% dell'Italia che per altro assegna fondi soprattutto
alla scuola primaria
Ancora da dimostrare che gli investimenti PNRR
arrivino ad oltre il 40 per cento delle scuole presenti sul territorio
nazionale secondo gli impegni assunti con la Ue, il nostro paese vede meno
della metà degli istituti scolastici con una palestra e i ritardi sono
soprattutto nel Meridione ma anche in alcune regioni del centro Nord che fino a
pochi anni fa registravano dati di gran lunga migliori alle aree economicamente
deboli.
E l'assenza di laboratori, di aule studio, di esami
mensili nelle università, di scuole serali, sono lo specchio di un paese che
nel corso del tempo si è disimpegnato nella lotta alla emarginazione sociale e
culturale o per accrescere la salute e la sicurezza (in termini economici)
della sua stessa popolazione
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