È finita con la elezione di Trump l'onda lunga della reazione?
È finita con la elezione di Trump l'onda lunga della
reazione?
Nella sinistra, si fa per dire, liberal di Oltre
Oceano, si riflette sulle ragioni della debacle elettorale della Harris
arrivando a pensare che, nell'arco di 2 o 3 anni, l'onda lunga repubblicana sia
destinata ad esaurirsi per la inefficacia delle loro ricette economiche. A
parte la probabile vittoria della destra nelle elezioni dei vari paesi europei,
molti analisti non vogliono guardare all'economia reale e se, non è un fulmine
a ciel sereno l'aumento esponenziale dei consensi popolari ai repubblicani, giudichiamo
forse la sconfitta dei liberal come un incidente di percorso o invece un
inequivocabile segnale del loro progressivo declino?
La vittoria di Trump alle elezioni presidenziali degli
Stati Uniti è stata schiacciante, segna la crisi dei democratici ma anche di un
sistema di potere che ha sorretto la presidenza Biden, dietro poi alle nomine
di Trump nei posti chiave del Governo Usa si delinea la nuova mappa dei poteri
forti e degli interessi che sorreggeranno la presidenza repubblicana.
Ma qualche analogia va colta sulle tendenze elettorali
nei paesi occidentali: dal crollo del centro liberale a un timido sostegno per
la sinistra più "radicale", l'aumento dei consensi alla estrema
destra, l'affermarsi di un mix tra conservatorismo politico e ideologico
disposto a calpestare i diritti civili senza prendere in considerazione quelli
sociali.
Per riprendere uno dei tanti articoli apparsi sulla
stampa progressista americana (La
crisi del liberalismo | MR in linea), il crollo della Harris coincide con
un errore democratico e per i cattivi consigli del capitale finanziario
tradizionalmente avversario delle ricette neo-Keynesiane?
Analisi fin troppo superficiale e semplicistica, i
democratici non sono neo Keynesiani e men che mai ostili alle borse e alle
speculazioni della finanza, sono lontani anni luce da una pur timida critica
gli "investitori senza funzione", termine con cui Keynes definiva i
capitalisti finanziari.
Il capitale finanziario non è in crisi ma gode di
ottima salute, anzi qualche considerazione approfondita dimostrerebbe la
utilità delle letture leniniste (aggiornate) sulla guerra, e sulla fase in cui
si trova oggi il modo di produzione capitalista e a tal riguardo si rinvia a un
articolo di Foster su La nuova negazione dell'imperialismo a sinistra (Rassegna
mensile | La nuova negazione dell'imperialismo a sinistra)
L'economia Usa ha rallentato la sua corsa, presenta un
debito elevato ma allontana lo spettro della impennata inflazionistica
verificatasi tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, non siamo in
presenta di elevata occupazione della forza lavoro ma arrivano invece segnali ben
precisi derivanti dalla chiusura di tante aziende e di alcune strutture
pubbliche in campo educativo e sanitario (per una carrellata della crisi
occupazionale si rinvia a . Search - World Socialist Web Site)
Ormai oltre 40 anni iniziava la lunga ascesa del
liberismo economico, è stato smentito chi invocava allora la fine
dell'intervento statale nell'economia Usa, piuttosto i vari Presidenti si sono
mossi finanziando settori giudicati trainanti come avviene oggi con il comparto
militare e le tecnologie duali
Se il neoliberismo ha attaccato frontalmente la classe
operaia nei paesi capitalisti, sofferenze ancora maggiori ha riservato ai
lavoratori del terzo mondo, è cresciuta la disuguaglianza di reddito ritardata
in parte dalle bolle dei prezzi degli asset statunitensi che hanno mantenuto
alta la domanda aggregata mondiale attraverso un effetto ricchezza.
Eppure, la destra reazionaria ha mostrato grandi
capacità di dialogo con i settori popolari intercettandone paure e fragilità,
pensando non solo alla pancia del popolo ma anche anche al cervello dello
stesso.
Ma un dato di fatto si coglie anche nel nostro paese,
alla retorica preelettorale subentrano scelte anche diametralmente
opposte, la Meloni era contro l'Europa dei capitali e sovranista in politica
estera, oggi assume politiche atlantiste e servili rispetto agli Usa, rafforza
la Fornero e aiuta le classi popolari solo tagliando i fondi statali con un
gioco di prestigio che presto si tradurrà nell'aumento delle spese sociali e
sanitarie a carico delle famiglie.
In un contesto di crisi economica e sociale, la
retorica contro l'"altro" o gli immigrati, le logiche securitarie
danno forma e coesione a soluzioni divisive ma comunque rispondenti alle
necessità della crisi, se non ci sono abbastanza case popolari, perché invece
di costruirle regali soldi alle imprese e non tassi il capitale finanziario, asserirai
la priorità degli alloggi per gli autoctoni.
E al contempo, al grido prima gli italiani, puoi anche
far credere che la crisi economica e sociale sia causata dagli immigrati.
Puoi strillare contro il capitale monopolistico ma poi
scoprire, come negli Usa, che lo stesso è stato decisivo per la vittoria di
Trump proprio per conservare la prioria egemonia in tempi di crisi.
Trump se vuole inserire i dazi alle importazioni
mondiali in territorio Usa, non ha mai fatto parola sulle restrizioni al
libero flusso transfrontaliero di capitali finanziari internazionali, non
aumenterà la spesa pubblica e dopo un periodo di maggiore protezione,
l'economia statunitense ripiomberà nella stagnazione e nella crisi. Ma i dazi
non sono una invenzione repubblicana, esistevano al tempo di Obama e negli anni
di Biden, accorgersi che possono essere alla lunga un danno per la propria
economia non è forse un segnale dei ritardi anche analitici, oltre che
politici, della sinistra progressista Usa?
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