A quali interessi risponde la Legge di Bilancio?

 

Il governo Meloni ha scientemente boicottato la legge sul salario minimo per conservare inalterata appalti e subappalti al ribasso determinati dai processi di privatizzazione dei servizi avvenuti negli ultimi 40 anni.



Sempre il Governo si è opposto a una legge Patrimoniale per scongiurare  ogni ipotesi di tassazione dei grandi capitali e delle plusvalenze dichiarandosi in sostanza contrario alla progressività della tassazione che necessiterebbe di tante aliquote fiscali che guarda caso si sono ridotte a partire dalla crisi della metà degli anni settanta quando il padronato italiano ha iniziato una dura lotta contro i salariati culminata con la politica dei sacrifici prima e la cancellazione della scala mobile pochi anni dopo. 

Oggi l'Italia è uno dei pochi paesi Ue dove non viene applicato il salario minimo e si riducono le tasse alle imprese che vengono esentate dal pagamento di reali aumenti contrattuali scaricando gli oneri sullo stato che deve finanziare le detassazioni facendo mancare risorse a sanità e istruzione.

Le critiche alla manovra di Bilancio arrivano anche da settori tecnici del Parlamento che contestano ad esempio gli interventi in materia fiscale, da un punto di vista ben diverso dal nostro, la mancanza di fondi per sanità e istruzione senza poi conteggiare nella spesa generale gli aumenti che enti locali e Regioni dovranno trovare con fondi propri per pagare i rinnovi contrattuali di sanità e funzioni locali

Ma tra le obiezioni alla manovra di Bilancio ne troviamo una degna di nota, si contesterebbe all'esecutivo di centro destra misure tali da penalizzare il centro medio

Ad oggi ci sono tre aliquote per l’Irpef (23% per redditi fino a 28.000 euro, 35% tra 28.000 e 50.000 euro, e 43% per i redditi superiori), la critica letta da più parti è quella di una manovra di Bilancio troppo severa verso i ceti medi.

In realtà l'obiettivo è sempre quello di non toccare i redditi elevati regalando mance a quelli medio bassi ma senza una riforma complessiva del sistema di tassazione, la ormai diffusa tendenza alla detassazione viene vista come la sola arma per restituire un poco di potere di acquisto ai salari medio bas

si che i padroni e l'Aran non vogliono adeguare al reale costo della vita. Non convince il mix tra bonus e detrazioni, sistema farraginoso e contorto a cui preferire sempre e comunque l'aumento delle aliquote fiscali e in termini progressivi oltre a una Patrimoniale che il Governo spagnolo ha avuto il coraggio di indicare come via maestra per una società più equa e meno diseguale

Il taglio del cuneo fiscale parte dalla sforbiciata originaria dei contributi previdenziali per intervenire invece direttamente piano fiscale.

La domanda senza risposta è sempre la stessa:  in assenza di reale progressività della tassazione non crescono le disuguaglianze sociali, economiche e fiscali? 

E a forza di tagliare le tasse non arriverà un momento in cui non ci saranno più risorse per il welfare spianando nei fatti la strada a quelle privatizzazioni che aumenterebbero anche il costo dei servizi oltre a decretare maggiore austerità salariale?  

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