“Fammi ricordare, discutiamo insieme”
“Fammi ricordare, discutiamo insieme”
di LAURA TUSSI
Il Centro Studi Sereno Regis di Torino propone: Le
Dimensioni Angeliche tra Memoria e Oblio sulla scena della Shoah. Ricordati di
ricordare
“Fammi ricordare, discutiamo insieme” (Is 43,26)
LE DIMENSIONI ANGELICHE TRA MEMORIA E OBLIO SULLA SCENA DELLA SHOAH.
RICORDATI DI RICORDARE.
“Fammi ricordare, discutiamo insieme” (Is 43,26)
L’imperativo presente nel titolo già presuppone l’esortazione a ricordare
di compiere un’azione, in questo caso reciproca, relazionale, a livello duale o
collettivo. L’incitamento, l’invito, in tal senso, consiste proprio nell’atto
del ricordare, del rammentare il ricordo, di rimemorare un pensiero, un evento
passato che implica la necessità di essere rimemorato, ossia riportato alla
memoria, e di conseguenza di risanare la ferita inferta dall’oblio della
contemporaneità con il passato. L’episodio viene riattualizzato e
ripresentificato, non solo nella mente, nello sguardo, negli occhi, nei sensi
di chi è chiamato a ricordare, quindi, non solo di un individuo singolo, che,
peraltro chiede aiuto nel ricordare (fammi ricordare), ma di un’intera comunità
che si ritrova “insieme” a discutere della ripresentificazione dell’evento
ricordato.
L’episodio storico, relativo ad un passato sociale, è riattualizzato e quindi
riportato alla memoria, o meglio, in questo caso, com-memorato, rammentato
insieme, in comunità, in comunione di valori e significati. I principali verbi
del rimemorare presentano etimologicamente due diverse interpretazioni di
senso, come ra-mentare, ossia raccogliere nella mente e ri-cordare, riportare
al cuore. Queste forme verbali fanno pensare alla memoria come una forma di
religio, da re-ligare, ossia nel ricollegare l'uomo a Dio, con il tramite
messianico dell'angelo della memoria, quale messaggero di pace, per continuare
a sperare che il mondo riemerga dal baratro brutale della bestialità disumana.
L'angelo della Shoah è l'ancella, il messaggero della pace, che annuncia
l'avvento di una memoria che ripresentifica il tempo per condurlo ad una
rimemorazione collettiva, a partire da ogni singolo individuo, per non
dimenticare. Le dimensioni angeliche della Shoah consistono in un anelito di
speranza che ripristina il ricordo e conduce all'atto della rimemorazione per
stendere un velo di com-passione sugli eventi, ossia un portato di sofferenza
collettiva che scongiuri l'oblio, allontani la dimenticanza, tramite un potere
taumaturgico che distolga dal male, per ripresentificare gli eventi, affinché
la negatività non si ripeta.
Ricordare e dimenticare? Memoria,
identità, speranza
Il ricordo comporta la rilettura di eventi, fatti, avvenimenti, episodi: il
passato, il tempo precedente, trascorso, non prossimo, ma remoto, ossia intriso
di storicità. L’azione del ricordare si declina al passato, nel tempo trascorso
che tralascia pensieri, opere, parole, emozioni, sentimenti e quindi implica la
dimenticanza, l’oblio, quando la memoria diviene oblio e dimenticanza e non
rammenta, non rievoca, non rimembra il tempo trascorso che diviene perduto,
privo di riferimento e di senso, senza più significati, per cui l’evento, nella
dimenticanza, perde d’identità.
La memoria individuale e collettiva viene rievocata e commemorata.
Individualmente, l’azione del ricordare si svolge lentamente, in una dimensione
interiore, meditativa, soggettiva. In un’accezione collettiva, la memoria passa
attraverso una comunità, un gruppo, una società che com-memora tramite
cerimonie, rituali, celebrazioni, miti, credenze e simboli. Il ripristinare un
evento passato e riconsegnarlo alla memoria, individuale e collettiva, avvalora
un’identità redimendola dall’oblio lacerante in cui imperversa il mondo
moderno: l’identità è dispensata con il ricordo dal rischio dell’oblio
inesorabile degli eventi attraverso il passato, per cui subentra la speranza
della sopravvivenza sociale del ricordo, della memoria presso la posterità,
procastinando al tempo futuro, ripristinando l’atto celebrativo del rammentare,
riconsegnando così alle nuove generazioni, una rinnovata speranza
nell’avvenire, ossia la memoria del futuro.
L'angelo della memoria si presenta alla collettività attraverso la meditazione,
il pensiero, il ricordo che intimamente e insitamente suscitano la rievocazione
scritta e orale della testimonianza, nella tradizione di padre in figlio, dove
le dimensioni angeliche della Shoah si manifestano nell'annuncio della speranza
in un mondo migliore, dove non si ripetano le ingiustizie, i soprusi, le
prepotenze, gli odi, le vendette perpetrate agli uomini su altri uomini.
L'angelo è il messaggero di giustizia che tramite l'annuncio della memoria
distoglie il genere umano dalla barbarie e scongiura il male, apportando
giustizia dove le dignità e i diritti umani vengono cancellati e calpestati nel
mondo e nella storia umana. L'angelo della memoria si identifica con la
collettività che tramite l'impegno del ricordo trasforma la disumanità brutale
in speranza per un futuro migliore dove gli uomini si rispettino nella
giustizia, nella pace, nella libertà e fratellanza fra i popoli.
Memoria e conflitto
La memoria è serbatoio di immagini, vissuti, eventi del passato.
Nell’interiorità questi ricordi possono confliggere in vuoti di senso e di
valore.
La memoria storica è pervasa di eventi spesso cruenti, guerre, stragi,
conflitti di vario genere. Le posizioni ideologiche assunte dalle parti in
causa in un determinato evento passato possono, attualmente, creare conflitto
di idee, di posizioni, di valori, di scelte di campo nella società civile che
commemora.
Il conflitto di posizione e di idee scaturisce nel gruppo sociale che nella sua
storia, nella sua cultura, nel suo passato ha sperimentato un determinato
evento e rispetto al quale prende posizioni ideologiche e valoriali differenti,
a seconda della scelta di posizione e di parte, rispetto ad un determinato
episodio storico che implica analisi, ragionamenti e ripensamenti di carattere
politico, sociale e ideologico.
La pluralità delle memorie
La storia nei suoi corsi e ricorsi presenta molteplicità plurime di eventi
degni di ricordo e memoria. Gli eventi memorabili che occorre “ricordarsi di
ricordare” sono molti in una stessa società. In differenti contesti comunitari,
in altre nazioni, in diverse sottoculture ed etnie, si ricordano molteplici
eventi degni di memoria, fatti storici, guerre civili, episodi politici e tutto
ciò che scaturisce dal susseguirsi inesorabile e necessario degli eventi. Le
differenti culture e società presentano varie tipologie di avvenimenti e di
memorie filtrati dal corso della storia e dal pensiero del popolo che setaccia
e seleziona il tempo ed il significato di cui è portatore. La cultura
cristiana, islamica ed ebraica convivono da secoli in tutto il bacino del Mediterraneo,
portandovi nuova cultura, arte, scambi commerciali, altre idee, differenze
etico, morali e religiose, usi, costumi, tradizioni differenti, in
sostanza altri mondi conviventi e compenetrantesi vicendevolmente, che
hanno determinato ed influenzato le fasi storiche della vita in tutto il
Mediterraneo. Queste tradizioni distinte, ma influenzantesi reciprocamente,
generano occasioni commemorative, riti, rituali, cerimonie, suffragate dalla
memoria e dalle molteplici occasioni di ricordo collettivo, dove le dimensioni
angeliche della speranza costituiscono l'identificazione tradizionale e mitica
con la collettività, che diviene dispensatrice di memoria al fine di
contribuire alla positività nel genere umano.
La memoria che disturba
La memoria della Resistenza partigiana contro l’occupazione nazifascista in
Italia e le deportazioni di prigionieri politici, dissidenti al sistema
reazionario del regime Hitleriano costituisce un dato di fatto consolidato e
suffragato da analisi storiche. Alcune frange intellettuali di matrice
revisionista hanno voluto negare tutto ciò che concerneva la deportazione e la
realtà del campo di concentramento: ossia il cosiddetto negazionismo storico.
Invece, il revisionismo storico può puntare l’accento sugli episodi, presunti
di aspro disaccordo, tra i partigiani gappisti e gli Osoppo, insinuando un
esasperato dissidio tra frange partigiane più estremiste (comuniste) e
cattolici di carattere più conservatore. Una memoria importante è costituita
dalla commemorazione delle stragi di atti terroristici, per esempio per mano
delle Brigate Rosse che si definivano e si definiscono tuttora “comunisti
combattenti”, in una seria e contrita analisi politica, chi si identifica con
il primo appellativo, ma non ammette intenzioni e attentati stragisti e
armati e di sovversione terroristica del sistema.
Il futuro della memoria
La memoria di un evento costituisce sempre lo sprone a ricordarlo nel tempo
futuro, soprattutto se l’evento, o meglio, la memoria di esso comporta un
portato valoriale motivante, un ideale molto significativo per la comunità
civile e per la società. La Shoah, la Resistenza Partigiana al regime
nazifascista sono avvenimenti dal portato emblematico, ossia costituiscono, nel
valore del loro ricordo, tramite la commemorazione, un simbolo, una simbologia
di codici di significato emblematici, che si rimandano (dal greco sum-ballo) di
generazione in generazione, nella tradizione commemorativa e celebrativa da
parte della comunità e collettività sociale, che avviene e si esplicita tramite
cerimonie, rituali, in luoghi della memoria, in ambiti di culto, dove si identifica
il sacrificio della vita umana con la sacralità dell'evento: come, dal latino,
sacer, ossia separato dall’usuale, dal consueto, dal comune trascorrere del
tempo, quale avvenimento straordinario, ossia fuori dal normale, dal
concepibile della giustizia, della morale e dell’etica umana.
La memoria ha futuro nel ricreare ambiti collettivi di riflessione e
riproposizione di tematiche del conflitto, delle sopraffazioni, delle diversità
fino a giungere a tramandare e concepire e riattualizzare il valore del
dia-logos interreligioso ed interideologico, con risvolti sociali e politici,
tramite il confronto tra varie realtà che racchiudono in sé i vari simboli,
multipli e plurimi di tutto ciò che è diverso, di tutto ciò che è altro dalle
“nostre” più radicate convinzioni.
Educare alla memoria
Un’interpretazione biblica sostiene che “se non ci fosse la dimenticanza
l’uomo penserebbe continuamente alla propria morte”, non costruirebbe case, non
si affaccenderebbe, non parlerebbe con gli altri e neppure amerebbe nessuno:
perciò Dio ha posto nell'uomo l’angelo della dimenticanza. Per questo un angelo
è incaricato di insegnare al bimbo, cosicché non dimentichi nulla, ma un altro
angelo è incaricato di chiudergli la bocca perché dimentichi quanto aveva
imparato.
Anche da questa immaginazione esegetica si evince che le dimensioni angeliche
non sono pertinenti solo alla memoria, ma anche all'oblio. L’angelico della
memoria deriva principalmente da ethos, che ha la necessità di stabilire una
continuità con il passato, mentre l'angelico della dimenticanza deriverebbe
maggiormente da eros, che anela sempre ad un nuovo cominciamento, totalmente
incurante della storia passata (per l’elaborazione del concetto di derivazione
tra eros ed ethos, mi ricollego al pensiero dell’amico Baldo Lami).
La tradizione è perennemente sospesa nella scelta non di rado traumatica tra
memoria e oblio. Parafrasando la litania dei tempi nel capitolo terzo del
Qoelet si dovrebbe avvertire che esiste un tempo per fare memoria ed un tempo
per astenersi dal ricordare. Il tempo della memoria si esplica perché quanto è
accaduto non abbia mai più da accadere. Vi è un tempo dell’oblio per non
vedersi inchiodati ad un passato che va superato e messo in discussione, per
non farne un idolo pericoloso e dogmatico. Esiste un ricorso retorico all’appello
alla memoria, oggi, molto diffuso. Si tratta di un riferimento spesso appunto
puramente celebrativo, ornamentale, privo di reale mordente e scadente persino
nel linguaggio adottato. E si presenta il rischio di diffondere talvolta in
buona fede, la convinzione di una necessità di pacificazione sociale ottenuta
al prezzo della smemoratezza, giungendo al punto di occultare le fonti storiche
o di riabilitare i colpevoli trovando una colpa nel crimine. La memoria è un
esile filo interiore che ci tiene legati al nostro passato, quello individuale,
quello familiare, quello della società civile di appartenenza, in quanto
risulta faticoso vivere in modo fecondo la relazione con il proprio passato,
dato che si corre sempre il rischio di rimanere prigionieri di ciò che è
trascorso, incapaci di superarne gli errori, ma anche subentra la tentazione di
spezzare ogni vincolo con il passato, come se fossimo i primi abitatori di
questo pianeta. Bernardo di Chartres, con un’immagine ormai celebre, diceva che
gli uomini sono nani che camminano sulle spalle di giganti, che, fuor di
metafora, sono le nostre storie, i successivi e contradditori volti del
passato. E’ necessario il coraggio della memoria e non il culto asettico di
quanto è accaduto. Comunque non tutto va ricordato in ogni momento di quanto ci
è accaduto in termini di male, di sofferenza, di vicende traumatiche. Esistono
avvenimenti di tale straordinaria complessità e grandezza che non li si
dovrebbe ricordare in ogni momento, ma non li si dovrebbe nemmeno dimenticare:
la Shoah è uno di questi accadimenti. La commemorazione rituale non solo è di
scarsa utilità per l’educazione della popolazione quando ci si limita a
confermare nel passato l’immagine negativa degli altri o la propria immagine
positiva. Essa contribuisce anche a sviare la nostra attenzione dalle urgenze
presenti, procurandoci una buona coscienza con poco investimento. La
ripetizione lancinante del mai più questo, all’indomani della prima guerra
mondiale, non ha impedito l’avvento della seconda. La memoria in crisi del
secolo breve risale a partire dalla considerazione notissima, di solito citata
anche in apertura di ogni riflessione, sulla rinascita della “Teologia
narrativa” di Walter Benjamin. La caratterizzazione di questo secolo è appunto
la problematicità, la difficoltà e addirittura l’impossibilità di scambiare
esperienze e, a partire da questo, evidentemente, una messa in crisi forte
della possibilità della memoria. La memoria in disfacimento può essere
rappresentata dalla figura ripresa dallo stesso Benjamin del reduce dal fronte
della prima guerra mondiale che torna a casa, ma non è in grado di proferire
quanto gli è accaduto, perché l’esperienza, le emozioni belliche sono state
troppo forti per lui e non trova le parole adatte per tradurle adeguatamente.
Accanto al reduce dal fronte si può porre una figura letteraria di Borges, un
racconto paradossale secondo cui un ragazzo dell’Uruguay, dopo una brutta
caduta da cavallo, è condannato a rimanere paralizzato. Ma, per una sorta di
compensazione, egli acquista la memoria di tutto ciò che è successo lungo la
storia del mondo. Una memoria totalizzante e omnicomprensiva e proprio per
questo inservibile, un deposito di infinito. Il reduce dal fronte e il ragazzo
uruguayano sono emblemi dell’atrofizzazione dell’esperienza che rappresenta il
tratto caratteristico della modernità, alla base della crisi della memoria,
perché subentra un cambiamento incessante dal momento che non appaiono più
configurabili né una tradizione, né una memoria collettiva e quindi punti di
riferimento comuni e condivisi. Il reduce e il ragazzo sono i simboli
contrapposti di un’umanità dalla voce inceppata, incapace di fornire storie di
salvezza, impossibilitata a scrollarsi di dosso le ruggini della guerra, le
ferite dell’odio, la rabbia impotente dell’ammucchiarsi insensato dei giorni.
Del resto persino Dio, in qualche modo, è ammutolito di fronte ad Auschwitz e
come ha affermato Adorno “La cultura e la stessa critica della cultura ad
Auschwitz non sono altro che spazzatura”. Attualmente viviamo questo estremo
paradosso di essere immersi in un mare magnum di stimoli, di informazioni, di
notizie grazie ai mezzi informatici, ai musei, agli archivi, ai media, alla
persino parossistica riproducibilità tecnica, però immersi in tantissimi
ricordi ed in pochissima memoria, cioè poca capacità e strategia selettrice,
scarsa riflessione critica rispetto a questo mare magnum di nozioni e
informazioni. Quindi le distorsioni della memoria contribuiscono a produrre una
sorta di imbarbarimento generale nelle relazioni interpersonali. Vi è un
ricorso distorto alla memoria che in anni recenti ha condotto gli uomini del
nostro tempo al conflitto etnico, alla ricerca di una impossibile e stupida
purezza e superiorità razziale, ad un presunto conflitto di civiltà che assume
sempre più, soprattutto dopo l'11 settembre, il sapore contraffatto di
"una profezia che si autodetermina", ”l’apparente visione che la
guerra possa essere concepita come “giusta" e subentra l’oblio di chi
predica la xenofobia, dimenticando colpevolmente, come capita nel nostro Paese,
quando, tutti i giorni, gli Albanesi, i profughi, i fuggiaschi, gli emigrati,
gli stranieri e i dannati della terra eravamo noi, i nostri genitori, le nostre
nonne, i nostri nonni. Così finiamo per confondere le cause con gli effetti e
attribuiamo ad un presunto odio ancestrale le guerre tra due popoli,
dimenticandoci, al contrario, che sono appunto le guerre a generare e a
perpetuare l’odio. Ormai viviamo solo nell’attimo e nelle emozioni, bruciando e
spettacolarizzando notizie e informazioni senza mai trovare il tempo e
l’occasione di farne reale esperienza, di risponderne con responsabilità, di
farne bagaglio utile per il futuro, producendo invece indifferenza,
banalizzazione e retorica. In una stagione che i sociologi definiscono in preda
all’incertezza più totale, caratterizzata da una memoria ormai in frantumi, che
fatica a gestire il proprio ieri, in funzione di un odio aperto al domani,
rischia di diventare un’impresa fallimentare e persa in partenza la sfida, pur
necessaria di educare alla memoria. Non tanto quella retorica e rassicurante
che mira a conservare lo status quo o quella purificazione e riconciliazione
delle memorie che pretende la cancellazione di quanto avvenuto, un rischio ben
presente agli occhi del teologo Mendes nella sua elaborazione di una teologia
politica credibile nel contesto della modernità, tanto da fargli ammettere: ”La
memoria sembra essere una controfigura borghese della speranza”, che ci
dispensa ingannevolmente dai rischi del futuro. Ci si riferisce alla memoria
del buon tempo andato per cui il passato viene inevitabilmente letto come un
paradiso incontestato, un asilo delle illusioni attuali, in tal modo il passato
viene filtrato attraverso il cliché della iniquità e il ricordo si trasforma in
falsa coscienza, il nostro ieri e in oppio, il nostro oggi. Ma esiste un’altra
forma di memoria che ci provoca e attraverso cui le esperienze antiche
irrompono nel mezzo della nostra vita, regalandoci intuizioni nuove per il
presente. Scrive Mendes: “Memorie che perforano il canone dell’evidente
comunemente recepite, sabotano in qualche modo le nostre strutture di
plausibilità e in questo modo possiedono proprio dei tratti sovversivi”. Dunque
una memoria pericolosa ed eversiva, una memoria, quella cristiana non meno di
quella ebraica, che contempla, in modo specifico, non tanto il ricordo di
principi, idee, astrazioni, ma piuttosto rivive le storie, gli eventi, i fatti
davvero accaduti, per cui la comunità che ne nasce si autodefinisce come una
realtà narrativa e commemorativa: ecco la strategia del ricordo. Quando è
lecito pensare che il contrario di oblio non sia memoria, ma giustizia.
Una dimensione angelica potrebbe sanare l’antinomia esistente tra memoria e
oblio, per cui se c'è l'una non può esserci l'altro, destinando l'uomo alla
smemoratezza e alla ripetizione. Invece, l'oblio aiuterebbe la memoria a non
cristallizzarsi, ma a riformularsi continuamente sulla base del presente, in
modo che ram-mentare e ri-cordare significhino riportare sempre al vivente.
Le dimensioni angeliche della memoria e dell'oblio sulla scena della Shoah
rappresentano tutto il portato valoriale della rimanente positività del
presente che si autodetermina nel processo collettivo della com-memorazione, al
fine di scongiurare l'abiezione umana, dove il diverso, l'emarginato, l'umile e
il più debole, di cui tutti siamo parte, nel tessuto sociale e comunitario e
nel mondo, vengano riabilitati dall’ethos della giustizia sociale, propugnata
dai valori sanciti dalle carte costituzionali democratiche e dalla
dichiarazione universale dei diritti umani, perché le tante Shoah che si
ripetono ostinatamente e tragicamente nel mondo vengano scongiurate dall'angelo
della memoria portatore di speranza in un domani di pace.
Commenti
Posta un commento