Educare non è militarizzare
Il
coraggio della Memoria. Educare non è militarizzare
di
LAURA TUSSI
Relazione riassuntiva dell’incontro di
presentazione dell’Annuario “Agorà” del Liceo scientifico G. Ferraris di
Varese: "Il coraggio della memoria e la storia europea del ‘900"
All’interno
della comunità educante, il ruolo dei testimoni e la trasmissione della memoria:
scuola e giovani generazioni contro ogni forma di militarismo e di irruzione
dell'esercito nella vita formativa e
educativa
I
cultori della storia, gli insegnanti, gli educatori, i testimoni degli eventi
devono mantenere il rapporto con il
concreto relazionarsi delle comunità, con la testimonianza dei singoli, ma
anche, in una prospettiva di trasformazione delle memorie, in un tessuto
storico e sociale robusto, che confluisca in progetti e consista in una fonte
di energia e di riflessione per le nuove generazioni.
Questo passaggio dal ricordo, dalla
narrazione alla memoria, alla storia, alla riflessione è un processo che deve
avvenire tramite il contributo della scuola e di tutti i suoi attori formativi
che devono agire perché l'esercito non devasti le menti delle nuove generazioni
con la sua prepotente irruzione in tutti gli ambiti della società
Un
istituto educativo non concepito meramente come domicilio, insieme di persone,
ma come una comunità di studio, contesto di comunità educante intesa nel senso
e significato culturale di progettazione di idee e di confronto; perché
l’attenzione e dimensione specifica dell’istituto scolastico consiste nella
trasmissione culturale, lavorando, interagendo con le nuove generazioni,
attraverso il metodo, lo strumento, la modalità ultima, pedagogica dell’impegno
culturale, educativo del confronto, dell’interscambio di progetti e di idee e costruzione,
elaborazione collettiva di basi valoriali.
La memoria della Resistenza Partigiana
Antifascista: per dignità. Non per odio.
Il
ruolo dei testimoni per tramandare la storia contemporanea
Il
rapporto “memoria e testimonianza” è l’importante filo rosso educativo
come il riferimento all’aspetto di documentazioni di studio e ricerche,
elaborate, a diversi livelli, sia come eco di studi e indagini qualitative a
livello nazionale (CEDEC, ANED, ANPI), sia di progetti di ricerca, attività di
studio e documentazione, intrapresi dalla scuola, da insegnanti e da esperti e
tecnici di settore.
Dunque veramente la scuola diventa
comunità di ricerca, dove gli studiosi sono operatori sociali, insegnanti,
impegnati a livello storico non avulso e disancorato dal territorio
circostante, dal sistema formativo: educare non è militarizzare
Per
questo i progetti di recupero storico si intraprendono in interazione con i
vari enti ed agenzie educative operanti nell’ambito territoriale stesso, dove
la comunità scolastica si apre al sistema formativo nella sua complessità ed
auspicabile integrazione.
E' deleterio fare accedere nelle scuole
e nelle università l'esercito, i soldati, con la militarizzazione degli istituti.
Ma è doveroso aprire ai partigiani e ai testimoni indiretti del significato di
Antifascismo e di tutto quello che di nefasto e negativo comporta e rappresenta
il periodo fascista e la militarizzazione degli istituti formativi e educativi,
come sta avvenendo attualmente
Pertanto
i ricercatori si trovano ad operare utilizzando ed animando pedagogicamente le
agenzie educative, dalle biblioteche, agli oratori, al volontariato
associazionistico culturale, pubblico e privato, in prospettive auspicabili e
realizzabili positivamente, di senso compiuto, perché prodotto di interazione
tra parti, per un passaggio di idee e
un’intermediazione effettiva, efficiente ed efficace. La voce culturale e la
memoria che scaturisce e si raccoglie nella scuola, attraverso di essa deve poi
avere un suo deposito, un simbolo, una rappresentazione, senza essere lasciata
solo al ricordo delle persone intervistate, dei testimoni o dei ricercatori,
per cui si approntano i documenti in opuscoli, ingenti annuari, manuali di
storia locale.
Seminare e diffondere valori, per ottenere
un seguito di idee, retaggi di memorie significative nel tessuto sociale. Non
militarizziamo la società! Vogliamo la pace con il tramite della memoria
storica
I
punti cardinali sono il ruolo educativo dei testimoni nella formazione e
tradizione di una memoria collettiva di esperienze e documenti recuperati,
considerando le figure pedagogiche dei testimoni e le questioni salienti dei
processi di partecipazione: come partecipare, rendere partecipi a tali
esperienze, tradotte in testimonianze, le giovani generazioni. Come passare e
tramandare la memoria è il nodo del
rapporto di formazione nella interazione tra memoria e storia, tra
testimonianze e fonti di diverso tipo, per chiudere un cerchio ideale per
giungere ad una trama di storia da proporre ai nostri giovani.
Il
rapporto memoria e storia
I
partigiani ammettono che è importante la memoria, perché aiuta a superare
situazioni anche estremamente difficili collegate alle vicende, agli
avvenimenti ed eventi inerenti la conquista della democrazia, vissuti in prima
persona dagli ormai anziani e quasi tutti scomparsi testimoni per motivi
biologici e anagrafici.
La memoria della Resistenza costituisce
un ingente patrimonio morale, culturale, etico, da difendere e valorizzare
perché, purtroppo, molte volte viene dimenticato, ignorato, in quanto rischia,
sottovalutato di importanza, di cadere in oblio. Per cedere il posto alla
violenza e a varie forme di violentismo e odio militare
Nella
società italiana, insieme alla complessa memoria storica di quel periodo caratterizzato
dalla lotta, dalla guerriglia partigiana di dignità, nella Resistenza, nel
ripudio fascista alle leggi, alle regole, ai dettami di violenza e odio e
disprezzo e prevaricazione del regime autarchico, la Resistenza ha portato il
nostro Paese ai principi cardine della Costituzione e all’identità di
Repubblica: questo non dobbiamo dimenticare. Sono valori sacri che devono
essere portati a conoscenza e trasmessi soprattutto alle giovani generazioni
per far comprendere il senso del sacrificio, l’impegno, le lotte per
rivendicare la libertà, condotte per la democrazia, con la conseguente
deportazione di parte del popolo italiano, militante nel movimento
antifascista, nei campi di concentramento e sottocampi di sterminio e centinaia
di migliaia di morti conoscenti, amici, compagni, partigiani, donne, bambini
senza nome, senza età, senza sesso, senza più identità e dignità, ridotti a
larve umane senza volto.
Oggi dobbiamo ricordare questo passato
di terribile vergogna, di violenza e odio per impedire che il danno possa
rivivere, ripresentificarsi, reiterarsi nella vita morale e politica del nostro
Paese. Per questo dobbiamo impedire la militarizzazione della società. Impedire
che l'esercito entri nel vasto mondo della formazione e dell'educazione
Anche
nell’ultima campagna elettorale ANPI ed ANED hanno apportato l’esempio, con la
loro fattiva presenza, dell’impegno, nell’importanza del ricordare e tramandare la memoria storica e il
significato che rappresenta la militanza del popolo nella società italiana per
la conquista della democrazia e della libertà. L’impegno fondamentale contemporaneo di tutte le forze politiche,
morali, sindacali, culturali deve consistere nella difesa dei valori della
Costituzione, il che significa mantenere fede al sacrificio di più di 65
milioni di uomini e donne, giovani e anziani, annientati e sacrificati per
difendere la libertà, la democrazia a vantaggio delle giovani e future
generazioni, durante la Seconda Guerra mondiale.
Lo spirito dell’antifascismo e l’anelito
della Resistenza è ancora in gran parte presente nella coscienza della società,
del popolo a livello associazionistico e di volontariato culturale per la pace
contro la militarizzazione dei contesti sociali
Occorre
tenere presente e far rivivere la memoria storica, ma soprattutto nell’impegno
della difesa della Costituzione Repubblicana, che per il popolo italiano assume
importante significato di libertà, democrazia, giustizia sociale: la nostra
Costituzione è una delle più avanzate in tutta Europa e nel mondo. Per questo
motivo le nuove generazioni devono conoscerla e rispettarla in un continuo
rapporto dialogico con la memoria storica.
La generazione della Resistenza, che è
sopravvissuta alla guerra, ha voluto testimoniare, tramandare le vicende, gli
avvenimenti, mostrando così una grande attenzione nei confronti dei giovani per
educarli alla pace in contrapposizione all'odio e al conflitto armato
Ma
le generazioni intermedie dell’Italia Repubblicana hanno sicuramente subito
un’interruzione di memoria. Improvvisamente ci si è resi conto di quanto fosse
difficile coniugare la memoria individuale e collettiva con l’interpretazione e
la narrazione storica che ha aperto nuovi problemi agli insegnanti, sfide
innovative alla scuola.
Secondo Norberto Bobbio, il mestiere
dell’insegnante è contemporaneamente terribile ed affascinante: terribile per
le responsabilità che comporta; affascinante perché stabilisce il dialogo con
le giovani generazioni, con il nuovo, il futuro, tra differenti contesti
epocali e diverse identità sociali formatesi nell’evoluzione dei tempi
Per
questo risulta un mestiere estremamente difficile. Gli insegnanti, tra gli
intellettuali, sono coloro che più di tutti esercitano direttamente la funzione
dell’autodidatta, perché molto spesso devono adattarsi a cambiamenti decisi
altrove e studiare, intervenire ed aggiornarsi o meglio autoaggiornarsi per
educare alla pace.
L'insegnante ha la responsabilità di
ripudiare il militarismo come arma di formazione. Perché il militarismo è la
fonte di tutti i mali e del male oscuro assoluto che è la guerra. Dobbiamo fare
rispettare gli articoli di pace della Costituzione Repubblicana che è la più
progressista e avanzata e innovativa del mondo
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