Il pacifismo è una prospettiva alternativa?
Apriamo il blog ad alcuni articoli dedicati alla guerra e al pacifismo, partiamo dal contributo di Laura Tussi
Pacifismo: prospettiva alternativa?
di LAURA TUSSI
UNIMONDO rilancia una articolata riflessione di Laura Tussi attorno al movimento pacifista pubblicata da PeaceLink.it.
Rilanciamo una articolata riflessione di Laura Tussi attorno al movimento pacifista
La pace è da sempre aspirazione centrale dell’uomo.
Con la Pace tutto è possibile, tutto si può realizzare. Con la guerra conta solo la vittoria
militare. Tutti noi camminatori delle vie della pace e della nonviolenza ci incontriamo nelle
marce, nelle manifestazioni e nei cortei semplicemente per dire no alla
guerra.
Cosa hanno creato e animato i movimenti per la pace nei momenti e negli
appuntamenti di massa? ma anche nell’impegno della quotidianità, nelle attività
fuori dal clamore e dall’attenzione dei media?
Molteplici narrazioni per riportare sulla scena i protagonisti in carne e
ossa, le loro motivazioni e i loro sentimenti, i loro saperi e le loro culture
politiche, la loro spontaneità.
Un’altra prospettiva?
La pace è da sempre aspirazione centrale dell’uomo.
Con la pace tutto è possibile, tutto si può realizzare. Con la guerra conta
solo la vittoria militare.
Tutto si fa per la pace, tutto ad essa si sacrifica.
“Prima di tutto la pace” era un diffuso slogan negli anni ‘80 del
Novecento.
Per troppo lungo tempo, subculture e politiche prevalenti hanno pensato che
la Pace è raggiungibile solo con la guerra. Che la pace altro non fosse che assenza
di guerra e il luogo di preparazione della prossima inevitabile guerra.
Solo in tempi recenti si comincia a pensare la pace diversamente: molto di
più che assenza di guerra e certo indiscutibilmente assenza di conflitti
armati. Solo in tempi recenti si comincia a pensare la pace per via alternativa
a quella classica delle armi, come l’arbitrato, i negoziati, il diritto
internazionale. E solo in tempi recenti si è pensato a elidere il potere di
fare la guerra al sovrano di turno. Chi ha deciso la politica coloniale
italiana? La conquista della Libia? Chi la prima guerra mondiale? Chi la
seconda? Per secoli il pensiero, la politica, i miti, i riti convergevano sul
fatto che la guerra fosse l’unico strumento e unica via per la pace.
La vera rivoluzione è quando comincia un pensiero
alternativo.
Fino ad oggi l'Europa non ha ancora vissuto un periodo di pace duraturo,
basti pensare ai conflitti in ex Jugoslavia e nelle nazioni dell'est Europeo,
contando anche le cosiddette "missioni di pace" che altro non sono
che azioni mirate a sostenere i privilegi predatori di alcune nazioni su altre.
E non molti sanno che il progetto dell’unione dell’Europa nella pace
non con le armi, ma come soluzione per niente guerrafondaia fu propugnata in
primis dal pensiero pacifista.
Si pensi al congresso della pace di Parigi del 1849 quello presieduto da
Vittorio Hugo, quello che pose l’accento sulla necessità dell’educazione alla
pace. Non fu il mondo pacifista a rivendicare che decisioni sulla guerra
fossero assunte dai parlamenti e non già dai sovrani e dai governi? E chi pensò
al diritto e alle organizzazioni
internazionali adeguate per costruire
la pace?
Fu un pioniere del pacifismo quale Immanuel Kant.
Poteva nascere l’ONU senza questo pensiero?
Il termine pacifismo è stato introdotto tra l’ottocento e il novecento.
Il pacifismo ha una sua storia.
Il pacifismo ha una sua storia e questo deve essere continuamente
precisato.
Esso assume il significato di pensiero e pratiche, teorie e movimenti tesi
a prevenire e contrastare la guerra, le culture guerresche e violente e i
guerrafondai. E a elaborare e sostenere vie alternative per la soluzione di
conflitti e di controversie internazionali.
Un movimento plurale.
Più forte e incisivo quando è stato capace di essere autonomo e coerente e
quando ha coltivato e prodotto idee forti, illuminanti, alterità di pensiero,
pratiche coerenti.
È un arcipelago.
Un pacifismo di teorici, un pacifismo politico e non di partito, un
pacifismo dei movimenti, un pacifismo spontaneo delle persone, un pacifismo
delle classi sociali. È però poco studiato nella sua pluralità e complessità.
Nella sua influenza, nelle sue contraddizioni e risultati.
Forse si pensa che poi comunque le guerre ci sono state, che i pacifisti
hanno sempre perso, che non hanno ottenuto nulla. Forse perché l’utopia della
pace è rimasta tale? Non è esattamente così.
Si accennava alla semina del pacifismo che ha prodotto raccolti. In alcune
fasi il pacifismo è riuscito a condizionare l’azione
di leaders politici e governi. Durante gli anni più duri della guerra
fredda è riconosciuto che la mobilitazione di massa ha contribuito ad evitare
l’uso dell’atomica.
Il pacifismo oggi.
E il premio Nobel per la pace del 2017 alla campagna Ican per il trattato
di proibizione delle armi nucleari? Autentico e imprescindibile e grande
contributo per il disarmo nucleare mondiale che ha coinvolto migliaia di
attivisti e centinaia di associazioni in tutto il mondo. Di recente ai
movimenti pacifisti è anche ascrivibile in Italia la legge 185/1990 che
finalmente ha posto qualche vincolo alla esportazione di armi e è dei pacifisti il
merito alla campagna internazionale per la messa al bando delle mine Nobel per la pace del
1997.
E senza l’imponente movimento del 2003 il governo italiano non avrebbe
coinvolto pienamente e ancora maggiormente il nostro paese nella guerra di Bush
all’Iraq dell’ex amico Saddam? Si possono cancellare gli enormi contributi del
pacifismo per controbattere alla glorificazione della guerra, per smentire la
convinzione della sua fatalità, per un sapere di Pace? Cenni per dire che
l’influenza del pacifismo è ancora tutta da studiare.
Perché quanti si sono opposti alla prima guerra mondiale, con prezzi
salatissimi non devono essere considerati soggetti di storia? Il cammino è
lungo e tortuoso ma è frequentato.
"È ancora lunga la strada perché la guerra diventi un tabù come
l’incesto - afferma padre Alex Zanotelli - ma vi è chi la percorre". Se
pensiamo alle numerose guerre in corso nel mondo dal dopo guerra fredda non
rimane altro che prendere atto della sconfitta del pacifismo. Ma sarebbero
conclusioni affrettate e errate oltretutto perché non tengono conto dell’enorme
sproporzione di mezzi tra pacifismo e guerrafondai. Il pacifismo. Un impegno da
non dimenticare, per il futuro e per la storia, se la storia è selezione delle
cose da ricordare, per la memoria e il futuro.
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