LA FORMA SOCIALE DEL POPOLO

LA FORMA SOCIALE DEL POPOLO di Franco Astengo
Nell’intervista rilasciata da Jean Luc Mélenchon al “Manifesto” e pubblicata il 14 maggio, emerge un punto di confronto che deve essere affrontato a sinistra, se si intende muoversi mantenendo com’è necessario un’ottica di “ricostruzione”.
Scrive il leader di France Insoumise: “ Vogliamo costruire un soggetto politico che ricalchi la forma sociale del popolo”
Più avanti aveva precisato : “La forma di organizzazione politica di questo popolo resta da inventare”.
Si tratta di un tema decisivo rispetto a quel discorso di “ricostruzione” cui si accennava all’inizio.
All’interno del quadro descritto dall’intervista emerge un grave pericolo: quello della costruzione di un soggetto che si limita ad alimentare semplicisticamente un “conflitto senza rappresentanza”.
Concetto di rappresentanza che non può essere superato estraendo a sorte i nominativi di un Comitato Elettorale ritenendo che così si riesca – appunto – ad assumere la “forma sociale del popolo” .
In questo modo alla fine sembrerà sufficiente a tutti partecipare alla contesa per l’esercizio del potere istituzionale.
Una contesa alla fine meramente elettoralistica portata avanti in posizione del tutto subalterna al potere economico e soprattutto al potere esercitato corporativamente dalle lobby (anche sul terreno dei diritti civili e delle forme residue dello stato sociale) nell’ottica dell’esaltazione del modello del consumismo individualistico come si evince da diverse manifestazioni di lotta sociale in atto di questi tempi.
L’assenza di una soggettività intermedia, come viene teorizzato, tra l’opposizione istituzionale e i movimenti sociali può risultare esiziale proprio per la possibilità di orientamento del movimento stesso: è l’antica questione del partito che torna imperiosamente all’ordine del giorno proprio analizzando questo tipo di posizioni.
Tema del partito che richiama quelli della progettualità sistematica e del programma alternativo: l’uno dipendente dall’altro, non ci può essere un programma alternativo (e neppure una “rivoluzione cittadina”) al di fuori di una “progettualità sistemica”, cioè un’idea “altra” dello sviluppo nel futuro di un processo di trasformazione radicale nel rapporto di un rovesciamento del dato di soggezione autoritaria in questo momento apparentemente egemone nell’attualità dello scontro politico e sociale.


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