AIDS: l’emergenza dimenticata, perché non possiamo abbassare la guardia

 

AIDS: l’emergenza dimenticata, perché non possiamo abbassare la guardia 

di Laura Tussi



Il primo dicembre, Giornata mondiale contro l’AIDS, ci ricorda che l’epidemia da HIV non è un capitolo chiuso, ma una ferita ancora aperta che richiede attenzione, politiche pubbliche e responsabilità collettiva. I dati diffusi quest’anno impongono una riflessione urgente: in Italia si registrano oltre duemila nuove infezioni l’anno, e gran parte dei casi emerge quando il sistema immunitario è già gravemente compromesso. Come ha ricordato Vittorio Agnoletto nell’articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano, “l’Hiv non si arrende” e l’assenza di prevenzione adeguata rischia di determinare “milioni di morti nei prossimi anni”

Prevenzione insufficiente e diagnosi tardive

Secondo i dati riportati da Il Fatto Quotidiano, nel 2024 sono state notificate 2.379 nuove diagnosi di infezione da HIV: una media di sette nuove infezioni ogni giorno. Un numero allarmante, aggravato dal fatto che l’87,6% dei contagi avviene per via sessuale e che una quota significativa delle persone riceve la diagnosi solo quando la malattia è già in fase avanzata. Questo quadro è il risultato della quasi totale assenza di campagne di informazione, educazione sessuale e sensibilizzazione sull’Hiv. Un’intera generazione cresce senza conoscere i rischi, mentre molti adulti ritengono erroneamente che l’AIDS appartenga al passato.

La PrEP e le cure: strumenti efficaci ma sottoutilizzati

La profilassi pre-esposizione (PrEP), rimborsabile dal Sistema sanitario nazionale dal 2023, rappresenta uno strumento fondamentale per ridurre drasticamente i nuovi contagi. Eppure il suo utilizzo rimane limitato, frenato da disinformazione, paura e stigmatizzazione. Allo stesso modo, il test per l’Hiv non è ancora percepito come un gesto di prevenzione ordinario: troppe persone vi ricorrono tardi, spesso quando compaiono sintomi importanti. Questo ritardo, insieme al mancato utilizzo degli strumenti preventivi disponibili, contribuisce ad alimentare la trasmissione del virus.

Una responsabilità collettiva

Come sottolinea Agnoletto, la battaglia contro l’AIDS rischia oggi di perdere terreno anche a causa dei tagli ai finanziamenti internazionali e del venir meno di un impegno globale costante. L’obiettivo 95-95-95 dell’UNAIDS per il 2030 si allontana, mentre milioni di persone vivono ancora senza accesso adeguato alle cure. In Italia, dove migliaia di persone continuano a infettarsi ogni anno, è indispensabile rilanciare politiche di prevenzione, ampliare l’accesso al test, contrastare lo stigma e garantire a tutti cure tempestive e gratuite.

Riconoscere che l’AIDS non appartiene al passato significa restituire dignità alle vite che ogni giorno vengono toccate da questa malattia. Significa scegliere di non voltarsi dall’altra parte. E di fronte ai “sette al giorno” che scoprono la loro positività, scegliere di agire è l’unico modo per restare umani.

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