Armi, bugie e territorio violato: la battaglia civile contro la RWM in Sardegna
La RWM afferma di voler contribuire allo sviluppo del Sulcis, di voler salvare il territorio dalla crisi economica che da decenni lo attanaglia. Ma la realtà è molto diversa da quella raccontata nei comunicati ufficiali. I dipendenti stabili sono poco più di un centinaio; tutto il resto della forza lavoro è costituito da personale precario, somministrato tramite agenzie interinali, privo di tutele e licenziato puntualmente non appena la domanda bellica rallenta. Non è questo il lavoro che può ridare dignità a un territorio, né è questa la strada per un vero rilancio economico. Il modello industriale della guerra garantisce profitti enormi a pochi, mentre scarica costi sociali, ambientali e morali su intere comunità.
Il business delle armi è purtroppo cresciuto negli ultimi anni. Le guerre in Yemen, in Palestina, in Ucraina, nel Kurdistan e in altri angoli del mondo hanno portato a un aumento della produzione. E così RWM ha voluto espandere rapidamente il proprio stabilimento, arrivando nel 2017 a dichiarare, falsamente, di non fabbricare esplosivi. Una menzogna grave, sfruttata confidando nella distrazione o nella complicità di funzionari pubblici che hanno concesso autorizzazioni edilizie senza le dovute verifiche. Ma la verità, come spesso accade, è riemersa: nel novembre del 2021 il Consiglio di Stato ha annullato le licenze per l’ampliamento e ha ristabilito che per costruire nuovi reparti destinati alla produzione di esplosivi era obbligatoria una Valutazione di Impatto Ambientale preventiva. Invece la fabbrica aveva già ampliato, trasformato e costruito, ignorando norme e divieti.
L’azienda non si è tuttavia arresa e, anziché smantellare le opere realizzate senza i necessari permessi, ha ottenuto dalla Regione Sardegna di procedere con una Valutazione di Impatto Ambientale a lavori ormai terminati, una sorta di sanatoria ex post che di per sé solleva enormi perplessità. Nel corso di questa valutazione, la documentazione presentata dalla RWM si è rivelata parziale e incompleta, minimizzando i rischi e gli effetti reali sul territorio. Eppure, nonostante i tentativi dell’azienda di ridimensionare gli impatti, sono emerse gravi violazioni: ampliamenti costruiti in aree classificate a rischio idrogeologico molto elevato, dove la legge vieta qualsiasi edificazione; violazioni dei vincoli paesaggistici; interventi effettuati senza il parere della Soprintendenza, che in quei casi è obbligatorio e vincolante.
Ora l’istruttoria della VIA ex post è conclusa e si attende la decisione finale della Giunta regionale. Il Tribunale Amministrativo della Sardegna ha stabilito che la decisione deve essere presa entro la metà di dicembre. È un passaggio decisivo, che chiama in causa la responsabilità della presidente Alessandra Todde e della sua amministrazione. Non è più possibile rinviare. Siamo davanti a un caso che riguarda l’ambiente, la legalità e la dignità di un intero territorio. La scelta non può che essere un parere negativo all’ampliamento della fabbrica: lo impone la legge, lo impone l’evidenza tecnica, lo impone la coscienza collettiva di chi non vuole che la Sardegna diventi sinonimo di morte e devastazione.
È necessario dire con chiarezza che non può essere concesso alcun favore a chi produce ordigni destinati a uccidere civili, a rader al suolo villaggi, a seminare lutti in famiglie che non conosceremo mai, ma che come noi desiderano semplicemente vivere in pace. La Sardegna non può essere complice di tutto questo; non può essere la retrovia silenziosa di guerre lontane.
Per questo il quattro dicembre è stato convocato un presidio davanti alla sede della Presidenza della Regione, in viale Trento a Cagliari. Dalle dieci del mattino fino al tardo pomeriggio, cittadini, associazioni, movimenti pacifisti e ambientalisti si riuniranno per chiedere che l’amministrazione regionale abbia il coraggio di dire no, che non ceda alle pressioni del governo nazionale e dei poteri industriali. Sarà una giornata di partecipazione e di testimonianza, un momento in cui far sentire la voce di chi crede che il futuro non possa essere costruito con il rumore delle esplosioni, ma con il lavoro vero, la tutela della terra, il rispetto della legalità e della vita umana.
Non possiamo accettare che la Sardegna venga ridotta a una piattaforma per l’industria della guerra. Non possiamo permettere che la logica del profitto calpesti diritti, ambiente e sicurezza. Dobbiamo difendere la nostra isola con la forza della ragione e della solidarietà. Nessuna autorizzazione a chi lucra sulla guerra. Nessun ampliamento, nessuna deroga, nessuna complicità. È il momento di scegliere da che parte stare: dalla parte della vita.
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