A cosa mira la polemica padronale sulla responsabilità datoriale in caso di contagio?


Ci sono bugie, o fake news, che ripetute all'infinito diventano verità influenzando opinioni e comportamenti collettivi.

A forza di gridare contro lo Stato dirigista "ostaggio dei sindacati" qualcuno finisce con il credere che gli intenti del Governo siano finalizzati a penalizzare le imprese.

E' il caso della polemica, costruita ad arte, sulla circolare Inail di inizio Aprile con oggetto il riconoscimento dei contagi  come infortuni sul lavoro.

Saremmo i primi a contestare ogni automatismo tra contagio e responsabilità civile e penale dei datori di lavoro , del resto questa è la differenza tra garantisti e securitari forcaioli, ma il polverone mediatico è finalizzato ad altri scopi ossia escludere a priori ogni collegamento tra risarcimento dell'Inail per contagio o malattia\morte e la responsabilità del padrone o dell'Ente pubbico.

E la questione non puo' ridursi all'adozione di protocolli senza verificarne la attuabilità nè tanto meno eludere la questione dirimente che riguarda l'apertura di tante aziende e magazzini nelle settimane del contagio.

La querelle è destinata a deviare l'attenzione dal problema reale ossia dai 32 mila morti e da una lunga serie di cause civili e penali all'orizzonte.

Non si tratta di assolvere o condannare a priori managers pubblici e privati o l'operato degli alti funzionari del Governo che non hanno previsto in tempo i reali fabbisogni di ventilatori, dpi, cliniche ospedaliere attrezzate con macchinari e personale adeguatamente protetto e formato, vogliamo solo chiarezza, la individuazione delle responsabilità reali e una radicale inversione di rotta.

L'art. 2087 del codice civile, anno 1942, prevede che “l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Quindi perchè non è stato adottato lo smart working ovunque possibile chiudendo al contempo reparti e aziende? E' la domanda dirimente alla quale non si risponde perchè anche nelle settimane di contagio il profitto è stato anteposto alla salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici.

In gioco è il principio dell'obbligo di sicurezza a carico dell'imprenditore e del manager pubblico, sta qui il vero problema con i padroni e gli amministratori della Pa alleati nella adozione di una sorta di scudo penale che li metta al sicuro da qualsivoglia causa civile e penale. E l'obiettivo è ancora piu' ambizioso e mira direttamente alla  revisione del decreto 81 già soggetto ad attacchi e riscritture per alleggerire le responsabilità datoriali.

Il riconoscimento del contagio nel luogo di lavoro darebbe vita a cause risarcitorie e a innumerevoli cause con probabili condanne penali che decreterebbero anche l'incompatibilità di tanti managers con i ruoli ricoperti, un autentico tsunami da evitare ad ogni costo. Ecco la ragione per la quale si parla, a sproposito di automatismi tra il riconoscimento dell'Inail e la responsabilità datoriale per costruire norme atte a rendere sempre piu' difficile il riconoscimento del contagio nel luogo di lavoro e cosi' evitare risarcimenti e mettere al riparo managers pubblici e privati.

La tutela Inail al lavoratore revista dal decreto Cura Italia non è subordinata per altro ad alcun accertamento della responsabilità datoriale, l'obiettivo è di fermarsi all'Inail (tanto paga lo Stato.....) e non procedere  oltre nell'accertamento delle responsabilità civili e penali,  il cosiddetto scudo i trasforma nella mancata ricerca delle responsabilità reali, soprattutto politiche, dei contagi. La inosservanza delle norme anti Covid è per altro punita con una sanzione amministrativa salvo che non costituisca reato, quindi si vuole scongiurare proprio il reato colposo che in ogni caso andrebbe accertato nelle dovute sedi.

Il Governo non ha previsto per altro l'infortunio Covid anche a fini penali (http://questionegiustizia.it/articolo/vero-e-falso-sulla-responsabilita-datoriale-da-covid-19-aspetti-civili-penali-e-previdenziali_19-05-2020.php?fbclid=IwAR0-kNAgxDD47FAjguSFGNoWxekGNN1X6PtwWCFu5nH0dxJfAQLE2Z9eFlM), quindi la polemica suscitata da partiti e padroni è del tutto funzionale ad altri obiettivi ossia all'adozione di quello comunemente definito scudo penale, o tradotto in termini politici, la volontà di non individuare i responsabili della debacle sanitaria .

In ogni caso i datori potranno essere denunciati se non hanno adottato protocolli o se hanno omesso la dotazione di dpi, come vediamo sono casi limiti perchè nel frattempo si sono redatti protocolli fin troppo generici in materia di dpi visto che le mascherine ffp2 e ffp3 sono pressochè irreperibili.

Il problema è allora un altro,  il Governo non ha adottato alcun provvedimento atto a penalizzare le imprese sollevate per altro dagli oneri economici derivanti dall’aumento dei premi assicurativi scaturibili dall riconoscimento di casi di infezione Covid-9 nei luoghi di lavoro.

Dal canto loro padroni e managers mirano invece ad un obiettivo ambizioso facendosi passare da vittime, vogliono una sorta di scudo protettivo dalle normative  già vigenti  in ambito civile e penale nonchè dalle norme costituzionali  in materia di salute, lavoro e del cosiddetto principio di eguaglianza.

Ecco allora spiegata la Santa alleanza tra manager, padroni e politici, gli stessi che con la scusa di invocare la libertà di impresa vogliono affermare il libero arbitrio dei dominanti e aggirare regole e norme che per quanto imperfette sancisono comunque delle pur minime responsabilità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commenti