I venti anni penosi della sconfitta delle classi lavoratrici. Da dove ripartire?

 

In una intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, l'ex Segretario della Cgil Sergio Cofferati parla del ventennio compreso tra il 1970 e il 1990 come periodo di conquiste progressive. Nulla di piu' falso perchè in questi anni c'è la fine della libertà di sciopero e della scala mobile, i licenziamenti e il ruolo collaborazionista e regressivo del Sindacato, la repressione dei movimenti sul finire degli anni settanta, l'inizio delle legislazioni emergenziali e dello Stato penale.

Non si puo' evitare di fare i conti con questo ventennio se vogliamo agire in termini conflittuali ai nostri giorni, dimenticare le privatizzazioni e la crisi del biennio 1992\93.

Non regge la lettura della Cgil per la quale arretrando i salari si siano conservati inalterati i diritti, quei diritti che invece sono stati vilipesi e disconosciuti.

Non si tutela il potere di acquisto perdendo potere contrattuale e viceversa.

Il sindacato ha concertato ma allo stesso tempo subito, al pari dei lavoratori, quella tecnologia che ha cancellato posti di lavoro incrementando orari, tempi e ritmi produttivi, alimentando la quota prodotta di plusvalore senza un euro di aumento e senza ridurre l'orario settimanale.

La pretesa di concertare le politiche economiche e del lavoro ha finito con il decretare la passività sindacale, ci si limita a un sistema di regole che alla fine si rivela del tutto inefficace ai fini dell'ampliamento della democrazia e della partecipazione dei lavoratori, in sintesi siamo piu' sfruttati, sorvegliati e all'occorrenza puniti e repressi.

Il sindacato da anni si è limitato a chiedere una legge sulla rappresentanza che le assegni il monopolio della contrattazione, ha rinunciato alla battaglia per ridurre, a parità di salario, l'orario settimanale, ha concesso infinite deroghe ai contratti nazionali, ha barattato il potere contrattuale con gli enti bilaterali e previdenza e sanità integrative che hanno contribuito all'indebolimento della sanità e previdenza pubbliche.

Il sindacato ha rinunciato a combattere disuguaglianze sociali ed economiche, ha taciuto di fronte agli attacchi alla istruzione e alla sanità, ha pensato che ogni elemento rivendicativo dovesse essere contenuto nell'alveo della contrattazione di primo e di secondo livello dentro cui le materie realmente contrattate sono state progressivamente ridotte.

Senza condurre battaglie e iniziative per ottenere conquiste progressive si finisce con il perdere inesorbilmente quanto conquistato in decenni di scioperi e conflitti, con migliaia di licenziamenti e decine di morti.

O si rimette al centro dell'agire sindacale il conflitto , la lotta alle discriminazioni sociali, salariali ed economiche, o si analizzano i processi di cambiamento del lavoro, oppure si subiscono le decisioni del liberismo, del capitale finanziario, i processi repressivi adeguandoci a un modello sociale sempre piu' animato da disuguaglianze e ingiustizie sociali, sempre piu' incline alla applicazione dei dispositivi totali.

Lo Statuto dei lavoratori doveva essere allargato e potenziato, al contrario è iniziata, fin dalla metà degli anni settanta, la fase regressiva della classe lavoratrice, alla democrazia sono stati preferiti competitività, sicurezza (nel senso securitario del termine), alla uguaglianza si è contrapposto il merito, da qui inizia la debacle non solo sindacale ma delle classi lavoratrici.

Commenti