Il pensier debole e la ripartenza post contagio. Come si afferma la nuova cultura del capitale

In molti, nel mondo sindacale e politico, si fanno illusioni su un eventuale e futuro ripensamento sistemico, di come verranno ristruttuarti i modelli organizzativi e logistici,  i tempi e i modi del lavoro. Anzi in giro qualcune inguaribile credulone racconta di un fronte unitario tr padroni e lavoratori a tutela dell'occupazione.

Essere caduti nella trappola concertativa ha già prodotto incredibili danni, ad esempio tutta la stagione dei contratti a ribasso, le deroghe ai contratti nazionali , i patti locali a favore dell'occupazione, sono figli di una stagione nella quale i sindacati pensavano di far fronte unico con le isituzioni locali e le associazioni datoriali, i risultati sono quelli già noti ossia perdita del potere di acquisto e di contrattazione, diffusa precarietà lavorativa e sociali, depotenziamento dell'azione conflittuale nei luoghi di lavoro, differenze e disuguaglianze salariali e sociali sempre piu' marcate.

Si sta dunque aprendo una stagione foriera di opportunità?

A nostro avviso le opportunità potrebbero trasformarsi presto in fregature , ad esempio la illusione che si siano aperti spazi di democrazia partecipativa e di un comando orizzontale è l'ennesima trovata del pensier debole all''ombra del capitale liberista.

Performance individuale, orari liberi e non rigidi, affermazione della nuova etica all'insegna di “libertà e responsabilità” , investimenti nella ricerca e tecnologia, lavoro da casa, recupero degli affetti familiari in assenza di relazioni sociali.

Si sta allora costruendo una nuova ideologia post pandemica atta a giustificare i processi in fieri all'interno della filiera capitalistica per favorire l'adattamento della forza lavoro ad un modello organizzativo che incrementerà i tempi , i ritmi affermando al contempo nuove  modalità del lavoro piu' flessibili.

Il ruolo dei sindacati complici è trovare un accordo magari per limitare i tempi di connessione per lo smart ma alla fine cresce non solo il sistema di controllo sul singolo lavoratore ma anche la sua produttività individuale a costo invariato, anzi ridotto perchè alcune voci accessorie del  salario potrebbero sparire lavorando da casa.

Nei prossimi mesi racconteranno di un sistema capitalistico che ha subito una crisi profonda in virtu' della quale ha iniziato a ripensare le modalità di gestione e funzionamento per rendere la catena di comando trasparente e partecipativa, stabilendo una struttura in rete e non piu' gerarchica, con la attiva partecipazione di tutta la forza lavoro. A nostro avviso, invece, potrebbe avvenire ben altro ossia una riorganizzazione del lavoro ove ciascuna unità conosce solo una parte del processo lavorativo, viene utilizzata in termini flessibili e con piu' funzioni  senza guardare ai profili professionali e alle mansioni, alla fine resterà un ruolo subalterno e la partecipazione sarà effimera, su questioni irrilevanti.

Verranno a raccontarci della rapidità decisionale che poi si tradurrà nell'incremento dei ritmi, tutto da valutare anche gli effetti che la quarantena avrà sul sistema relazionale nei luoghi di lavoro.

E riscopriranno l'amor per la patria italica solo per farci lavorare di piu' o subire decurtazioni salariali per il rilancio dei prodotti all'estero.

Stanno anche ripensando i nostri tempi di vita e di lavoro, le ferie potrebbero essere scaglionate per mantenere la produzione invariata 12 mesi l'anno, salvo poi costringerci alla cassa integrazione qualora i titoli in borsa e le oscilazzioni del mercato potessero creare qualche intoppo.

Dovremmo armarci di pazienza , e di gastroprotettori o di cuffie per autoisolarci dal mondo, per non cadere vittime della nuova ideologia capitalistica post pandemica, verranno a raccontarci di una sfida all'insegna della flessibilità per il bene e la sicurezza di tutti\e, il tramonto dei luoghi fissi e della stanzialità in ufficio, della digitalizzazione di procedure e l'affermazione di protocolli semplici all'insegna della collaborazione.


Commenti

  1. I padroni hanno paura dei lavoratori? Pare che non tanto, non sentono odor di polvere. Perché sindacati e partiti hanno sbagliato, hanno deviato dalla giusta linea? Quando arrivano un'alluvione o un terremoto, uno deve vedere come cavarsela. Quando arriva un evento del genere, uno cade in disperazione. Se ha animo, pensa come riprendere, e sa bene che non può tornare come prima. Va a raccogliere le cose di un certo valore che siano rimaste ancora utili, arraffa anche roba di meno valore che servono in via provvisoria, fintantoché non si mette all'opera e avanza e conclude il nuovo progetto, la nuova sistemazione definitiva.
    Se siete marxisti, cose le dovete conoscere. Se siete leninisti (o vi dispiace richiamare i teorici del passato?), dovete sapere per forza che è iniziata la fase ulteriore del sistema economica: IMPERIALISMO, FASE SUPREMA DEL CAPITALISMO!
    Il capitalista non può mollare e si difende con i denti. Non conosce né l'uomo, né l'umanità, dinnanzi all'essenza fondamentale del suo esistere: il continuo accrescersi del profitto.
    Cada Sansone con tutti i filistei? Che si sciolgano i ghiacciai, che si interrompa il flusso d'aria fresca che ha reso ricca l'Europa dove le variazioni climatiche che fecero crollare gli imperi del Medio Oriente,: le correnti amazzoniche, che quel territorio immenso farà diventare il Brasile, o il suo padrone nord-americano, la potenza mondiale in assoluto. Che crepino i cinesi con altri dieci coronavirus!
    Lavorare? Pazzesco lavorare da matti per spendere i soldi a pro del profitto: mille stupidaggini in commercio, del tutto inutili, per tenere su profitti e potenze.
    So che oggi e così, e devo stare alla regola, regola insulsa: ammazzarmi di fatica, farmi umiliare dal padrone, accettare calo del potere d'acquisto, blaterare dinnanzi ai licenziamenti. E' la realtà delle cose.
    Adesso ci mancano due cose fondamentali: le armi sono necessarie, o quanto meno conoscere il mestiere delle armi, perché il nemico, il detentore del profitto, deve sapere che pagherà qualsiasi mossa tendente all'impoverimento e alla sottomissione. E ci manca lo studio e la riflessione teorico, e l'inizio di una strategia, intelligente, grandiosa, umana, per impedire il successo dell'accumulazione dei profitti e la nostra caduta nella melma della schiavitù.
    Giustissime tutte le rivendicazioni sindacali, tutte le battaglie sindacali: servono per il sopravvivere quotidiano (il terremoto, l'alluvione: vado a raccogliere quello che mi serve per sopravvivere, adesso). Serve però lavorare sodo, ma veramente sodo, adesso sul piano politico e culturale, perché nella testa di ognuno di noi entri il concetto che dobbiamo essere parte della natura, del pianeta, delle risorse disponibili: dobbiamo rompere il dominio del profitto, non tanto per giustizia e buonismo, ma perché il PROFITTO, per continuare ad esistere, ha necessità di produrre petrolio e merda.

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