Contratto di prossimità e gabbie salariali: le proposte per il rilancio del paese?

Contratto di prossimità adattato alla singola persona,  contratto di azienda o territorio, è questa la regola per il mercato del lavoro stando all'ex Ministro Sacconi  per il quale il contratto nazionale dovrebbe essere solo una cornice. In una trasmissione on line organizzata dai Consulenti del lavoro, a 50 anni dallo Statuto dei lavoratori, abbiamo sentito l'ex Ministro Damiano esaltare invece  welfare aziendale, sanità e previdenza integrativa pur all'interno della cornice stabilita dal contratto nazionale.Eppure anche con il welfare aziendale si è indebolita la sanità pubblica giusto per ricordaralo ai sindacati

E' questa, forse, la sola differenza tra i due politici, parliamo del giudizio sul contratto nazionale,  ma alla fine tutti guardano alla produttività premiante come faro guida della dinamica salariale che alla fine si configura come trionfo della contrattazione aziendale e di territorio.

E alla luce di queste considerazioni, riappropiarsi della dimensione territoriale decreta il ritorno alle gabbie salariali per "aggiornare lo statuto dei lavoratori in un contesto nel quale i lavori andranno eseguiti in contesti nuovi". Dalla centralità dei lavoratori a quella del lavoro, pardon degli interessi aziendali, lo Statuto diventa una sorta di stereotipo, di ferro vecchio da gettare via.

Ben venga, per Sacconi e consulenti , lo smart working, le declaratorie professionali e i livelli  contrattuali siano sostituiti da declaratarie leggere decise a livello aziendali e funzionali ai livelli retributivi. Ben vengano allora flessibilità, differenziazioni salariali su basi territoriali (il ritorno delle famigerate gabbie che acuirà ulteriormente le differenze economiche tra le varie regioni italiane). Il salario sia di competenza dei contratti territoriali o aziendali, non piu' del contratto nazionale, è questa la capacità diffusa di adattamento alla pandemia necessaria per ripartire a detta dei consulenti del lavoro. E i diritti si trasformano cosi' in omologazione, si va perfino oltre il secondo livello  di contrattazone perchè presuppone un  primo livello che poi è quel contratto nazionale giudicato inutile. E per finire viene invocata la liberalizzazione del mercato del lavoro dietro alle solite parole d'ordine della formazione, della digitalizzazione (magari con i soldi dello Stato).

E sulle tutele individuali e collettive?

Si attacca direttamente l'art 18 dello Statuto dei lavoratori. L'art 18 è ormai una norma residuale perchè precluso a tutti i lavoratori assunti dopo il 2015 e nel Pubblico Impiego è stato sostituito dalla Riforma Madia. L'accanimento contro l'art 18 è di fatto legato alla ricerca della libertà di licenziamento che rappresenta l'obiettivo finale dei settori padronali. Se prima a fronte della illegittimità del licenziamento scattava il reintegro nel posto di lavoro, oggi , dal 2012, esistono le tutele crescenti  o sia la monetizzazione che poi corrisponde a qualche mensilità

Ma sia ben chiaro che l'art 18 fin dal 1970 è stata una tutela per le medie e grandi aziende e non per quelle piu' piccole, quello spirito riformatore che animava lo Statuto in pochi anni è stato seppellito e disconosciuto.

E intanto, con la scusa della Pandemia, tornano in auge lo Statuto dei lavori, le gabbie salariali, la riduzione delle tutele individuali e collettive, magari per trasformare il diritto di critica del lavoratore in violazione dei codici etici e di comportamento. Da qui alla repressione vera e propria il passo è breve. Con la scusa di celebrare lo Statuto dei lavoratori stanno preparando una controrivoluzione, ben presto le stesse Tutele crescenti saranno giudicate troppo onerose per le aziende, la crisi economica e sociale potrebbe quindi trasmutarsi nello tsunami dei diritti.



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