Da detenuto a scrittore: intervista a Carmelo Musumeci. L'orrrore dell'ergastolo, specie quello ostativo.
Carmelo Musumeci, vuoi parlarci del tuo ultimo libro?
Nei miei precedenti libri parlo di carcere e dell’orrore
dell’ergastolo, e di quello ostativo in particolare, in questo ultimo
libro, dopo quello di “Nato colpevole”, scrivo sulla vita che mi ha
portato a “Diventare colpevole”. In questo libro è come se avessi fatto
un viaggio sulla mia vita precedente. Negli anni ’70 le maggiori entrate
nei canali della malavita venivano dai profitti dal traffico di
sigarette di contrabbando e dal mondo del gioco d’azzardo. Io fin da
subito capii che i posti per il paradiso erano pochi, mentre l’inferno
era aperto a tutti. E fin da piccolo giurai a me stesso che nella vita
avrei lottato con tutte le mie forze per salire in Paradiso, ma non ci
sono riuscito e sono sceso nel girone più basso dell’inferno.
Recentemente hai scritto che la presenza in carcere di vecchi
malavitosi e camorristi non serve a combattere camorra e malavita. Ci
puoi dire di più?
Sinceramente, mi appare strana tutta questa attenzione mediatica e
politica sui boss mafiosi in disuso, da decenni in carcere, e la
pochissima attenzione, invece, su quelli in libertà. Sono convinto che
certi fenomeni criminali non si sconfiggono solo militarmente, ma
culturalmente e con il perdono sociale. Il carcere duro, l’ergastolo
ostativo non sono un deterrente piuttosto incrementano la recidiva e la
cultura mafiosa sia per i detenuti che per i familiari.
La tua esperienza di detenuto comune che in carcere si
laurea, prende coscienza e diventa una autorevole voce contro le
istituzioni locali. Ci vuoi spiegare meglio la tua posizione sulle
legislazioni emergenziali, su carcere e sugli attuali istituti di pena
specie dopo la morte di …. detenuti durante le rivolte di marzo?
Una società è giusta se prima di pretendere che non ci siano reati,
pretende che non ci siano luoghi di sofferenza e d’ingiustizia. Io penso
che se è solo una questione di sicurezza e non di vendetta sociale, sia
più sicura per la collettività la pena di morte che il regime di
tortura del 41-bis. È difficile cambiare quando sei murato vivo in una
cella e non puoi più toccare le persone che ami, neppure per quell’unica
ora al mese di colloquio che ti spetta. Con il passare degli anni, i
tuoi stessi familiari incominciano a vedere lo stato e le istituzioni
come nemici da odiare e c’è il rischio che i tuoi stessi figli diventino
mafiosi in futuro. Sinceramente, per me, sotto un certo punto
rieducativo è molto più “doloroso” e rieducativo adesso che faccio il
volontario in una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII ad
aiutare i deboli che gli anni passati murato vivo in isolamento totale
durante il regime di tortura del 41-bis. In quel regime, mi sentivo
innocente del male fatto; ora, invece, che sono trattato con umanità mi
sento più colpevole delle scelte sbagliate che ho fatto nella mia vita. E
penso che questo possa accadere anche alla maggioranza dei prigionieri.
Cosa pensi delle morti in carcere a Marzo?
Riguardo alle morte di detenuti durante le rivolte di marzo, per
confondere l’opinione pubblica e giustificare l'incapacità del sistema
carcerario di gestire l'emergenza, è circolata la voce che dietro le
rivolte ci sia stata la regia dalla mafia, dimenticando di dire che mai
queste organizzazioni hanno partecipato a delle rivolte carcerarie e
che, anzi, le hanno sempre ostacolate. Dietro queste rivolte non c’è
stata la mafia, c’è stato piuttosto lo Stato che si era dimenticato dei
suoi prigionieri, abbandonandoli al loro destino, alla disperazione, e
la paura ha fatto tutto il resto. È stata solo una rivolta spontanea.
Niente altro. Ma voi che avreste fatto? Avreste protestato
pacificamente? In carcere non è facile farlo e molti detenuti non hanno
gli strumenti per gestire una protesta pacifica. Non è mia intenzione
sdoganare la violenza, ma cerco solo di capire perché e da dove viene, e
soprattutto chi la provoca. Quando sento che i reparti mobili
antisommossa entrano per ristabilire l’ordine mi vengono in mente brutti
ricordi, purtroppo dentro non ci sono giornalisti, telefonini e
telecamere a testimoniare quello che accade quando succedono questi
fatti, per questo mi sono anche deciso di scrivere libri.
Maggio 2020
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