I Cambiamenti climatici e il modo di produzione

I Cambiamenti climatici e il modo di produzione capitalistico

Lo scorso 15 Marzo si è tenuto lo sciopero globale di giovani e studenti per il clima (Global strike for Future). Si è trattato di una giornata di sensibilizzazione mondiale che ha scelto di adottare lo strumento classico della lotta del movimento dei lavoratori: lo sciopero. In Italia, si sono tenute importanti, vivaci e partecipate manifestazioni nelle grandi città e anche nei piccoli centri di provincia.

La composizione trasversale e interclassista della piazza ha dimostrato un blocco anagrafico ben preciso formato per lo piu' da giovani e giovanissimi. L’attenzione per le questioni ambientali è partita dalla scelta di avviare una protesta pacifica, quella dei “Venerdì per il clima”, nati dall’esempio di Greta Thunberg, la studentessa svedese che lo scorso 20 agosto 2018 ha iniziato a presentarsi ogni venerdì mattina davanti al Parlamento di Stoccolma per protestare contro lo scarso impegno della politica sui cambiamenti climatici, sulla parola d’ordine che il tempo per agire sui cambiamenti climatici è ora

I giovani, che vedono il proprio futuro a tinte fosche per i cambiamenti climatici, pongono una questione fondamentale che necessita di tutta la nostra attenzione. Sicuramente la lotta, perché la politica intervenga, richiede  un' analisi chiara e radicale, la soluzione non sarà una legge ma la consapevolezza di cambiare il sistema produttivo.

Proviamo a riformulare la questione ambientale partendo dalla ragione per la quale si generano i cambiamenti climatici all’interno del modo di produzione oggi imperante nel mondo: il sistema capitalistico. Fino a quando ci sarà questo sistema basato sul profitto non potranno essere adottati interventi radicali sul clima, anzi la situazione è da anni destinata a peggiorare fino all’estinzione del genere umano e della maggioranza delle specie di mammiferi.

La nostra formulazione parte dal fatto che negli ultimi decenni si è registrata un’impennata delle concentrazioni di carbonio nell’atmosfera, oggi quasi due volte superiore a quella registrata nei periodi interglaciali degli ultimi 800 mila anni.

Tutto cio' deriva dalla deforestazione e soprattutto dalla combustione di carbone, petrolio e gas naturale. I due fenomeni, sommati, comportano attualmente emissioni doppie di quanto piante verdi e oceani possano assorbire. Di qui surriscaldamento del globo e una serie di gravissime alterazioni dell’ecosistema. Per quanto riguarda le fonti dell’inquinamento atmosferico, esse – a dispetto di una leggenda metropolitana affermatasi negli ultimi anni – sono localizzate prevalentemente nei paesi sviluppati.

Per intenderlo è sufficiente considerare tre aspetti:
  • motivi di ordine storico, 
  • la diversa densità della popolazione (effettuando un calcolo pro capite, oggi un cinese emette 5 t di CO2/anno, uno statunitense 23,5),
  • molte imprese occidentali lavorano in paesi emergenti ma vendono le loro merci nei paesi sviluppati.
Che fare? L’idea che l’applicazione di soluzioni atte a invertire la rotta indotta dai cambiamenti climatici possa avvenire all’interno del capitalismo non è la soluzione praticabile, anzi perpetrarla sarebbe una presa in giro o una truffa.

Basti pensare alla finanziarizzazione dell’aria attraverso il mercato dei diritti di emissione del carbonio, o il business dell’agrobusiness. Basta ricordare che fabbriche nocive all'uomo e all'ambiente non vengono chiuse e riconvertite, eppure tutti sappiamo la lunga scia di morti e devastazioni (ambientale e della nostra salute) di cui sono portatrici

Allora proviamo a riassumere le questioni?

  • Il capitalismo è la causa del problema ambientale.
  • Il cambiamento climatico non è genericamente “antropico”: nelle economie da caccia-raccolta o da agricoltura, le devastazioni ambientali derivavano dalla tendenza alla sottoproduzione; nel modo di produzione capitalistico, invece, l’ambiente è messo a rischio soprattutto dalla tendenza alla sovrapproduzione di merci (e al sovraconsumo che ne consegue). E infatti il riscaldamento del globo data da 200 anni, ossia da quando il modo di produzione capitalistico ha cominciato ad estendersi sul pianeta. La bulimia energetica del sistema proviene infatti dalla concorrenza di capitali in lotta tra loro, dalla corsa al profitto e dalla logica di accumulazione illimitata proprie del capitalismo.
  • In nome del profitto capitalistico si inquina  e si devasta l'ambiente minando la salute di lavoratori e cittadini

Esiste soluzione?
  • La soluzione sta nella pianificazione economica per rispondere alla logica che la produzione sia controllata dalla collettività  a decidere cosa si produce e per chi, in che modo e soprattutto quanto si debba produrre. Per fare tutto questo non può esistere la proprietà privata dei mezzi di produzione. In una parola, il socialismo del XXI secolo, tutto da costruire. Non c’è, insomma, soluzione possibile del problema ambientale senza socialismo. Non si tratta di una verità astratta o di una dichiarazione di fede, Oggi, di fronte alla sfida climatica, esistono solo due logiche contrapposte: da una parte la transizione pilotata alla cieca ricerca dal profitto,  dall'altra una transizione pianificata in funzione dei bisogni sociali, indipendentemente dai costi, a regolare con razionalità e prudenza il ricambio organico con la natura. Come sarà questa transizione dipenderà dalla forza e dalla consapevolezza anche dei giovani scesi in piazza il 15 Marzo, ma non solo loro perchè siamo tutti\e direttamente coinvolti\e
Sindacato generale di Base

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