Il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari
La Rivista Tempi di Fraternità nella sezione Disarmo nucleare presenta:
Tempi di Fraternità - Il Trattato di Proibizione delle
Armi Nucleari
di Laura Tussi
Il TPAN è valso il Premio Nobel per la Pace a ICAN -
Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari nel 2017: uno dei
tanti tasselli del lavoro e del percorso per la pace del XXI secolo, il diritto
alla pace.
Il 22 gennaio 2021 è entrato in vigore a livello mondiale il TPAN -
Trattato ONU di Proibizione delle Armi Nucleari - che è valso il Premio Nobel
per la Pace a ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi
nucleari) nel 2017: uno dei tanti tasselli del lavoro e del percorso per la
pace del XXI secolo - il diritto alla pace - insieme alle Costituzioni nate
dalla Resistenza al nazifascismo, insieme alla Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani del 1948, alle Carte della terra, alle Cop per il clima,
all’Agenda Onu 2030 e così via.
Il trattato, per entrare in vigore, richiedeva la ratifica da parte di
almeno 50 Paesi. E il cinquantesimo Paese, l’Honduras, lo ha ratificato il 24
ottobre 2020!
È illegale quindi, per i paesi che lo hanno firmato, consentire qualsiasi
dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o di altri
dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo
sotto la propria giurisdizione, e rafforza la posizione internazionale contro
le armi nucleari, perché si tratta del primo strumento legale che le vieta
esplicitamente.
Si è dato così corso alla storica approvazione del trattato da parte
dell’Assemblea generale Onu, avvenuta il 7 luglio 2017. In quella occasione una
larga maggioranza di Paesi (122) votò a favore, mentre si oppose una minoranza
costituita dai nove Paesi dotati di armi nucleari e dai loro alleati, tra cui
l’Italia. È urgente oggi che la prepotenza di una minoranza di Paesi sia
sottoposta alla volontà espressa dalla maggioranza e si affermi finalmente la
Democrazia, sia in ambito ONU che nel mondo.
Il percorso del diritto rispetto al trattato di proibizione delle armi
nucleari è collegato al ruolo delle convenzioni di Ginevra che prevedono, tra
l’altro, l’obbligo di prendere le precauzioni necessarie per limitare il più
possibile gli effetti di un attacco bellico sulla popolazione civile. I civili
in guerra quindi sono sacri, altrimenti si commette un crimine di guerra, un
crimine contro l’umanità.
In vari periodi sono state abolite le armi biologiche, chimiche, le mine
antiuomo, ma le armi nucleari, chissà perché, non sono mai state messe al
bando. Finalmente il TPAN le dichiara illegali, perché sono armi
indiscriminate, come quelle prima indicate.
Ci viene raccontato che, nonostante il numero notevole di ordigni custoditi
nei depositi nucleari e i giganteschi investimenti in nuove e più “efficaci”
tecnologie, un attacco nucleare, grazie alla dissuasione attraverso la minaccia
della reciproca distruzione totale, è impossibile.
Ma in realtà potrebbe non essere così.
Il 26 settembre 1983, i dispositivi di difesa della allora Unione Sovietica
segnalarono un attacco missilistico da parte degli Stati Uniti: «Missili
termonucleari americani in arrivo. Colpiranno il territorio dell’Unione
Sovietica fra 25/30 minuti». La procedura prevedeva di informare
immediatamente i superiori. Petrov era un analista, riteneva che il messaggio
fosse un errore del sistema: non informò i superiori. Nessun missile colpì
l’Unione Sovietica: il sistema era stato ingannato da riflessi di luce sulle
nuvole.
Petrov ricevette un richiamo, e perse la promozione a colonnello, ma il suo
gesto di disobbedienza aveva evitato una possibile tragedia nucleare.
La partita però non è vinta: occorrerà ora mobilitarsi per pretendere
l’attuazione del trattato anche per quei Paesi, che in fondo sono i Paesi che
detengono le armi atomiche, ben consapevoli che il nucleare insieme a tutti gli
armamenti muovono interessi politici ed economici enormi. E chi muove questi
interessi non starà a guardare e a subire ciò che il trattato imporrebbe.
Le associazioni del mondo pacifista, felici per il risultato ottenuto anche
grazie allo sforzo della società civile italiana e internazionale, si stanno
già impegnando affinché il numero degli Stati aderenti al Trattato possa
aumentare, a partire dall’Italia.
E queste istanze vanno promosse nelle scuole di ogni ordine e grado.
L’educazione alla pace deve essere inserita nell’educazione civica - sono
previste 33 ore annue - partendo dal fatto che in una democrazia le regole
evitano la guerra; con le regole il conflitto viene gestito e non degenera
nella legge del più forte. Educazione civica e educazione alla pace includono
tematiche con punti in comune. In realtà l’educazione alla pace all’interno
dell’educazione civica promuove la cittadinanza attiva e la nonviolenza. L’ONU
definisce l’educazione al disarmo come una disciplina che va promossa nelle
scuole. Importante nell’educazione al disarmo è la cittadinanza digitale che ha
molta attinenza con la cittadinanza attiva per poter attuare con determinazione
le varie campagne informative e per imparare a distinguere le notizie vere da
quelle false.
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