La scuola e l'università contro la militarizzazione della società intera
La scuola e l'università contro la
militarizzazione della società intera
di
Laura Tussi
"Giornata della Solidarietà"
che in realtà purtroppo diventa una "Giornata in Caserma".
Per
anni il Comune di Pisa ha contribuito ad organizzare per le scuole pisane una "Giornata
della Solidarietà" che in realtà era una "Giornata in Caserma",
dato che le attività si svolgevano all'interno del Capar, centro di
addestramento paracadutisti e sede della Brigata Paracadutisti Folgore.
L'iniziativa, da noi pacifisti e nonviolenti è stata avversata era prevista nella città
di Pisa il 27 aprile 2011, promossa sotto le insegne della
"Giornata della solidarietà”.
Chiedevamo allora al Comune di Pisa di non portare i bambini delle scuole in caserma.
Il rapporto direttamente proporzionale tra incremento delle spese militari e impoverimento della scuola e dell'istruzione è evidente e netto.
Sarebbe
davvero necessario, promuovendo e favorendo un contesto di disarmo
generalizzato, convertire le caserme in luoghi di cultura, in ambiti di dialogo
interculturale, interreligioso e di educazione alla pace e alla gestione dei
conflitti.
Il
militarismo e la propensione alla guerra sono un aspetto del maschilismo più
truce. Gli uomini, muovendosi guerra, violentano Madre Terra, l'umanità e
l'ambiente.
Il militarismo sconsacra l'ideale di donna e ripudia il rispetto del femminile, ossia il lato femmineo di ogni individuo e persona, che è implicito in tutto il genere umano e nel regno animale e vegetale.
La valorizzazione di genere, la considerazione della donna e del femminile, il dialogo tra generi e generazioni, come punto di riferimento per la trasmissione della memoria storica e dei valori della Pace, a partire dall’istituzione scolastica, sono strumenti ed istanze imprescindibili dei veri processi di Pace, contro l’obbedienza agli ordini, all’uniformità, al culto della forza tipici delle organizzazioni militari.
Il sistema politico e guerrafondaio
egemone svilisce la figura della donna come portatrice di bellezza autentica
come ideale anche interiore e di pace e di logiche nonviolente nel contesto
sociale e a livello planetario e universale.
Per
questo motivo, la cultura politica attualmente egemone, strumentalizza e
svilisce la figura della donna. Vuole imporre lo spirito maschilista e
guerrafondaio, di violenza e sopraffazione.
La
caserma viene propinata agli studenti con la seduzione di una giornata di
festa, di avventura, di gioco, di evasione e i militari vengono presentati come
eroi e promotori di alti ideali di pace e solidarietà. Invece, in realtà, la
guerra è mercenaria.
I martiri militari morti nelle cosiddette e surrettizie missioni di pace sono elevati a eroi nazionali tramite una retorica militaresca e guerrafondaia davvero negativa e di pessimo esempio soprattutto per le giovani generazioni e per l'intera umanità.
La
giornata di solidarietà con gli eroi militari morti in guerra è una retorica
militarista molto pericolosa, per cui la guerra viene presentata e trasmessa in
maniera fittizia ed edulcorata. Questo pretesto ha un effetto devastante anche
sulla psicologia infantile.
La guerra viene proposta come una missione di pace e rappresentata come un gioco a cui i bambini e i ragazzi non possono rinunciare. La giornata in caserma di per sè risulta molto seduttiva agli occhi dei bambini, in quanto viene posta enfasi nel mondo che popola le fantasie infantili, con armi giocattolo e altri espedienti fascinosi, dove il gioco assume i connotati della violenza e della prevaricazione, come avveniva con la gioventù balilla in epoca fascista.
La guerra ingenera sempre violenza, lutti, morte, dolore, miseria materiale, etica e morale. Per questo motivo, le nuove generazioni devono essere educate a valori veri di democrazia, di rispetto dell'altro, di dialogo tra culture e fedi, aborrendo ogni forma di prevaricazione e di violenza e di sopraffazione e odio tra genti, popoli, minoranze: persone.
La pace non è un'utopia: possiamo vivere in un mondo dove non esistano patrie e nazioni, frontiere e burocrazie, limiti e confini, ma comunità educanti aperte al dialogo, alla gestione nonviolenta dei conflitti, al cambiamento, al progresso costruttivo, senza stereotipi e pregiudizi, nel rispetto delle culture altre e delle differenze di genere e intergenerazionali. Chiediamo di non portare i bambini in caserma e nemmeno i militari nelle scuole e nelle università per favorire contesti di pace: apriamo invece le scuole e gli atenei accademici agli altri, ai diversi, agli ultimi, agli emarginati, agli oppressi e a tutti più deboli di cui tutti siamo parte nel tessuto sociale, comunitario e nel mondo.
Afferma
Federico Giusti dell'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e
dell'università:
"La militarizzazione delle scuole e dell'università ha ormai origini
lontane da quando, una quindicina di anni fa registravamo le prime presenze, in
varie vesti, di militari nelle scuole.
Abbiamo avuto percezione del problema
con qualche anno di ritardo eppure il fenomeno militarizzazione interessa tutta
la scuola, da quella dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado, fino
ormai all’università dove il settore della ricerca, anche su indicazioni Ue, si
sta muovendo nella ricerca di tecnologie duali o equiparando ad antisemitismo
le iniziative di boicottaggio di Israele e di contrasto al genocidio del popolo
palestinese. Sono stati firmati protocolli a livello nazionale, il primo è del
2014 e locale, accordi quadro tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa.
In taluni casi hanno coinvolto anche il ministero del Lavoro attraverso i
percorsi di alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO, con la presenza degli studenti
in basi e infrastrutture militari o all'interno delle principali aziende del
comparto militare-industriale".
La
strategia è ben chiara: affermare la cultura della difesa e della sicurezza, un
concetto presente da tempo in tutti i documenti strategici delle forze armate o
dei Governi nella Ue.
Si cerca inoltre di conquistare il consenso
delle nuove generazioni su un modello di forze armate che intervengono a 360
gradi: sia all’estero, nelle varie missioni internazionali, sia all’interno, in
sfere una volta non di loro competenza, oppure, sulle ceneri dello stato
sociale, si presentano all'occorrenza come artefici della protezione civile,
protagonisti dell'educazione civica, stradale, della lotta al cyberbullismo o
insegnanti di educazione fisica. Siamo davanti, ormai da anni, a una svolta che
vuole presentare il settore militare non solo come protagonista della nostra
società ma anche alfiere di progetti sociali che oggi lo Stato non realizza
avendo impoverito il welfare, ossia lo stato sociale e i servizi alla persona,
proprio per indirizzare crescenti risorse al settore militare.
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