La resa culturale della politica agli interessi del potere economico e alle spinte di Oltreoceano

 

La resa culturale della politica agli interessi del potere economico e alle spinte di Oltreoceano. La deterrenza non è pace: è genocidio preannunciato 

di Laura Tussi

Le parole pronunciate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla “necessità” della spesa militare e sulla pace fondata sulla “deterrenza” segnano una sconfitta culturale profonda e un tradimento esplicito dello spirito della Costituzione. “La spesa per dotarsi di efficaci strumenti che garantiscano la difesa collettiva – ha scandito il capo dello Stato – è sempre stata comprensibilmente poco popolare. Anche quando, come in questo caso, si perseguono finalità di tutela della sicurezza e della pace, nel quadro di una politica rispettosa del diritto internazionale. E tuttavia, poche volte come ora, è necessario. Anche per dare il nostro decisivo contributo alla realizzazione della difesa comune europea, strumento di deterrenza contro le guerre e, insieme, salvaguardia dello spazio condiviso di libertà e di benessere”.

Una mistificazione insopportabile. Definire “necessaria” la corsa agli armamenti significa accettare la guerra come destino inevitabile, interiorizzare la logica della violenza come fondamento dell’ordine mondiale, rinunciare a ogni orizzonte etico alternativo. È una resa del pensiero prima ancora che della politica.

L’articolo 11 della Costituzione non parla di deterrenza, né di equilibri armati: ripudia la guerra. Non la regola, non la amministra, non la rende più efficiente. La ripudia. E con essa ripudia anche l’idea che la pace possa poggiare sulla minaccia dello sterminio.

La cosiddetta “difesa comune europea” non è un progetto di pace: è la costruzione di un nuovo blocco militare, un moltiplicatore di potenza bellica che sottrae risorse alla vita – scuole, sanità, ambiente, stato sociale – per destinarle alla preparazione della morte.
Questa non è sicurezza: è militarizzazione dell’esistenza.

Un mondo senza pace

Ancora più grave è lo stridore morale con il tempo che stiamo vivendo. L’annuncio della “pace in terra agli uomini di buona volontà” viene svuotato e rovesciato: la pace non è più promessa, ma minaccia; non è disarmo, ma arsenale; non è fraternità, ma equilibrio del terrore.

Non può esistere “buona volontà” là dove si teorizza e si pianifica lo sterminio di massa come strumento di stabilità internazionale. La deterrenza nucleare è la normalizzazione del genocidio.
Un genocidio freddo, razionale, burocratizzato.
Un genocidio “preventivo”, già accettato nella mente di chi lo considera un’opzione.

Nei palazzi del potere aleggia un’aria stanca. Tra velluti e rituali istituzionali, si consumano liturgie di proforma mentre, lontano dagli sguardi, nelle officine della potenza e del profitto, si affinano gli strumenti capaci di cancellare l’umanità.

Si parla di sicurezza mentre si costruisce l’insicurezza assoluta. Si invoca la pace mentre si programmano le condizioni della sua distruzione.

Dicono che la spesa militare è “poco popolare ma necessaria”. Ma nulla è necessario quando ha come unico scopo la distruzione dell’umanità. Una “pace armata” non è pace: è una tregua tra carnefici, una sospensione provvisoria dello sterminio.

La vera pace non ha bisogno di missili, né di testate nucleari, né di algoritmi di risposta automatica.
Ha bisogno del coraggio del disarmo, anche unilaterale. Non per ingenuità strategica, ma per lucidità morale e fedeltà alla realtà: nel tempo dell’atomo, la guerra non è più continuazione della politica, è la fine della Storia.

Un diritto che ha bisogno dei missili per imporsi non è diritto: è sopraffazione organizzata.

O le armi, o l’umanità

In questo tempo non ci servono nuove armi, nuove navi da guerra, nuovi scudi spaziali.
Ci serve la vergogna di aver accettato come “normale” l’idea di vivere sotto la minaccia permanente dell’annientamento.

Il mondo nonviolento che chiede il disarmo non chiede l’impossibile.
Chiede che la politica torni a essere difesa della vita.

Che si smetta di mentire dicendo che le armi servono alla pace. Le armi servono solo alla guerra.
E oggi la guerra non è una possibilità tra le altre: è la fine dell’umanità.

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