Le riforme del lavoro dietro al Recovery Fund

Periodicamente si parla di riformare del mercato del lavoro, ogni volta le riforme diventano interventi regressivi che abbattono tutele collettive ed individuali.

Da quasi 40 anni in Italia ogni volta che si parla di riforma del lavoro si interviene per distruggere quanto resta della contrattazione collettiva, dello Statuto dei lavoratori o delle tutete individuali e collettive. Nell'alveo delle cosiddette riforme si trova anche l'innalzamento dell'età pensionabile (la Fornero) oppure l'abolizione dell'art 18.

Perfino gli interventi atti a contenere il ricorso ai contratti precari, ad esempio il decreto dignità, sono stati rimossi in nome della emergenza covid e alla fine i contratti a tempo determinato vengono rinnovati senza includere le casuali, quindi se un risultato, pur parziale, era stato ottenuto nella lotta alla precarietà, nell'arco di pochi mesi  è arrivta puntualmente qualche decisione per riportarci alla situazione prae esistente  assecondando gli interessi e i desiderata aziendali.  

Le riforme del lavoro, o come le chiamano del mercato del lavoro, sono avvenute in tutti i paesi europei seguendo le stesse direttive atte a contenere il potere di acquisto e di contrattazione, a ridurre le agibilità sindacali affermando il primato dell'impresa sul lavoro.

E tra le varie condizioni imposte dal Recovery Fund si trova l'ennesima riforma del lavoro con alcune direttive atte a cancellare, nei paesi che accederanno ai prestiti, le legislazioni piu' avanzate. Poi si occulterà il tutto dietro alla digitalizzazione, alla modernizzazione ma in sostanza nel mirino della Ue ci sono sempre e comunque i lavoratori. E negli ultimi 40 anni la quota di ricchezza prodotta è andata  in misura prevalente all'1% della popolazione o trasformata in dividendi azionari mentre i fondi destinati ai salari e al welfare sono scesi ai minimi termini.

L'obiettivo della Ue è quello di costruire una unica legislazione europea in materia di lavoro,  differenziarla tra paesi per non impedire formalmente la sovranità dei Parlamenti ma nella sostanza approvare principi guida validi erga omnes. In altri termini vogliono evitare che ci siano diverse, da paese a paese, età pensionabili o sistemi previdenziali, abbatteranno ancora  le tutele collettive  approvando legislazioni antisciopero, decisioni che saranno tutte assunte per rafforzare i dispositivi europei a discapito dei diritti nel lavoro.  

Uniformare le legislazioni in materia di lavoro è già accaduto in passato, ricordiamoci quando cancellarono in Italia l'anticipo dell'età pensionabile per le donne al fine di uniformarsi alle direttive europee. 

Se in Italia le lotte intestine al Governo finiscono con l'occultare i reali motivi del contendere, in altri paesi invece la natura dello sconto sembrerebbe piu' chiara e gli interventi legislativi piu' avanzati approvati da alcuni Governi finiranno nell'occhio del ciclone in nome della competività europea o per il superamento della crisi.

Oggi piu' che mai è indispensabile riportare al centro gli interessi dei lavoratori evitando ogni ulteriore arretramento, del resto in Italia assistiamo da anni impotenti, anche per i silenzi assensi dei sindacati firmatari, davanti a processi di ristrutturazione che, in nome delle cosiddette riforme, hanno precarizzato il lavoro e le nostre esistenze affondando il potere di acquisto dei salari e di contrattazione sindacale.


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