Un teppista alla Casa Bianca

L’assalto alla sede del Parlamento degli Stati Uniti, il 6 gennaio, spinto dalle parole di Donald Trump, che tra pochi giorni sarà decaduto dal suo ruolo di Presidente, hanno fatto il giro dei media in ogni angolo della Terra. E le reazioni che hanno acceso sono state di esecrazione da parte di tutto il mondo dei democratici e moderati che si sono dichiarati sconvolti, stupiti, sbalorditi, impressionati da quelle scene. Piccolo riassunto del fatto: alcune migliaia di sostenitori di Trump, suoi supporter a diverso titolo, suoi fanatici sostenitori, difensori dell’individualismo più sfrenato, made in USA, hanno dato l’assalto al palazzo del Parlamento. Nessuno degli stupiti moderati e democratici, così si auto proclamano, in questi quattro anni del mandato di Trump si era mai dichiarato tale, cioè sconvolto ecc. ecc. 

Di fronte ad un teppista nel ruolo del Presidente dello stato confederale più importante del pianeta, non vi erano state, sino ad ora, reazioni forti tra i moderati in qualsiasi Paesi essi vivessero. È vero che i democratici USA hanno tentato di mettere assieme in passato un impeachment per il Donald ma non vi sono riusciti. Del resto, la loro politica molto simile a quella di Trump, solo un po’ più presentabile esteticamente, non ha mai permesso loro di apparire come una reale alternativa al teppista al potere. Viene in mente il libro di Ottone Rosai, fascista di sinistra durante il regime, Il libro di un teppista (Vallecchi, Firenze, 1930). Bene, senza elevare Trump a tanta altezza culturale occorre dire che il teppista attuale, si comporta come lui. Grande sicumera, spavalderia, messe di miserie umane e psicologiche – basti guardare come si atteggia, come atteggia il viso durante i comizi e come firma le sue ordinanze – evidente fare da spaccone. E a corollario di tutto questo un comportamento in campo internazionale da difensore di interessi nazionali precisi per imprenditori e majors di ogni tipo. Gli slogan della campagna elettorale: Make America great again, America first. Per mettere assieme tanta spavalderia si ricorre a sanzioni commerciali che innescano guerre di dazi, uccisioni mirate di nemici politici fuori dagli USA, difesa a tutto tondo di Israele e di ogni sua mossa, così come di altri che sono come lui, Bolsonaro, Jhonson. Insomma, un incallito difensore dei ricchi e di chi si vuole fare tale, di chi vuole diventare come lui, anche non pagando le tasse che gli spetta di pagare, anche giocando duro con gli stati che sono lontani da lui e da questo miscuglio di potenza, azioni degradanti ma utili al risultato, chiara direzione egemonica in politica internazionale: con me o contro di me.  

Di tutto questo, e di molto altro, i democratici ed i moderati nostrani e di altri Paesi non hanno mai fatto alcuna analisi critica. Basti ricordare i discorsi dei commentatori che si aggirano nelle nostre trasmissioni televisive e sulle pagine di giornali. Questi non arrivavano mai oltre lo storcere un po’ il naso, non tanto per carità, di fronte a quel che Trump si inventava ogni giorno: Trump ha fatto anche cose buone, dicevano peccato abbia rovinato tutto. Uno su tutti, Federico Rampini, corrispondente de La Repubblica negli States. Quali cose buone? Forse il fatto di aver procurato guadagni alle multinazionali americane e di aver messo in conto profitti quantità enorme di denaro con affari, speculazioni e dazi verso tutto il mondo. Certo non ha iniziato nuove guerre ma non ne ha interrotta veramente neppure una negli scenari internazionali, aumentando per altro la tensione con l‘Iran e Cuba, con il Venezuela.  

Cosa mai poteva fare un uomo così se non dare di matto, ma per lui la normalità, dopo la sconfitta elettorale con Biden, l’altra sua faccia, l’altra faccia del teppista. Un gesto, soffiare sul fuoco della sommossa, che non ha nessuna possibilità di riuscita, ma va bene lo stesso. Il vero teppa non fa mai i conti per bene. Lui lo fa e basta. Il suo popolo, quello più militante gli crede sempre e fa quello che il Presidente dice: in piazza allora. Anche per loro, dopo un primo sbandamento dell’istituzione repressiva, poche speranze di riuscita, ma tant’è. Basti vedere le prime file di questo popolo, come quel giovane, con un copricapo con corna di bisonte, mezzo nudo che sproloquiava di libertà e altro di simile. Ma ripeto, sono i borghesi di tutto il mondo che non hanno mai criticato a fondo, non hanno mai cercato di togliersi di dosso il peso della più grande democrazia dell’Occidente, che ora non vedono l’ora di lavorare politicamente e commercialmente, forse, con Biden, il vecchietto che corre, forse per dimostrare la sua virilità. Mentre a Donald bastava portarsi appresso la moglie, una bella presenza, muta, anche se questa in quattro anni non si è schiodata più di tanto, un misero sorriso a volte. Non è mai balzato alla mente di Trump di dimostrare qualcosa di diverso da sé stesso, un omaccione, pronto a tutto per la ribalta del potere, e quando si è messo a fare qualcosa di diverso, magari ballare, lo ha fatto solo per una presa in giro del mondo. Del resto, gli bastava anche la faccia da sfinge del suo vice, Pence, un uomo assolutamente indecifrabile.  

Tanto il mondo lo sopportava ed anzi sperava sempre nelle grandi capacità degli USA. Compresi i nostri politici, dell’opposizione, sembra scontato, ma anche del governo. Il nostro attuale/ex Presidente del consiglio, non si sa per quanto ancora tale, si vantava della sua amicizia. Ora non vede l’ora di lavorare con Biden. Ma lasciamo perdere questo lato della faccenda, più misero dell’originale. 

Il problema vero, reale, è che Trump rappresenta e rappresenterà comunque un lato non inusuale del mondo borghese – democratici e moderati. La faccia violenta e supponente. La volontà di decidere per tutto il mondo che deve essere a sua immagine e somiglianza. Magari con moderazione, ma anche così andava bene, va bene. Lo si vede pure ad altre latitudini. Venezuela, con l’imbucato venezuelano simil leader Guaidó. O con l’altra grande invenzione del Parlamento europeo che vorrebbe alla guida della Bielorussia Svetlana Tikhanovskaja, moderata e democratica, premiandola per avere perso le elezioni presidenziali. Non entro nel merito della questione ma questo supporto è quantomeno esagerato. Altro segnale. In Venezuela hanno votato, per le scorse elezioni amministrative, circa il 30 % degli elettori e il mondo dei media internazionale, i circoli politici democratici e moderati, hanno tuonato contro quel sistema dittatoriale, che è oramai marcio ed occorre ristabilire la democrazia, magari con un altro Guaidó. In Romania ha votato per il parlamento la stessa percentuale di votanti, più o meno nello stesso periodo delle altre elezioni ricordate prima. Per queste ultime tutto a posto per la stampa ed i commentatori internazionali 

Come si vede non è nel manico Trump il marcio, lui fa il suo gioco ed il suo lavoro, da teppa della politica. Il marcio sta nella ricezione della stessa modalità politica da parte dei borghesi e dei moderati del mondo intero. Per i capitalisti ça va sans dire. La paura di qualcosa di diverso che ancora c’è, come rimasuglio di alternativa storica, intendo una interpretazione alternativa, cucinata in vario modo, fa ancor così paura o schifo e/o avversione da fare accettare al mondo dell’economia di mercato qualsiasi tipologia, seppur teppista, si presenti sulla scena internazionale pur di rimanere in un mondo ed in rapporti economici che reggono sempre con più fatica per le necessità di troppe persone, di classi e di decenza internazionale. Ma tant’è. Molte voci si fanno sentire per dire che il capitalismo, ora, così comè, non sta p in piedi, ma appena qualcuno cerca di mettere in campo qualcosa di diverso subito viene bollato come pericoloso comunista o similare e si supporta ogni teppista che possa riportare in auge le sorti del liberalismo offeso ed offensivo. 

Come sarà possibile allora tentare un’alternativa alla distruzione del pianeta se solo la richiesta di tale alternativa pare essere accettata solo a parole?  In ogni caso stare sotto l’ombrello dell’America great again diventa sempre più difficile per gli attori che sono in scena, anche nell’Europa Unita. Trump o Biden fanno in fondo poca differenza per il sogno americano. Del primo abbiamo visto dove può arrivare, il secondo ce lo gusteremo nei prossimi quattro anni. Veramente vi è la speranza di un qualcosa di diverso, non solo differente, qualcosa di decisamente diverso da attendersi? Chi ci crede sul serio?  

 

Tiziano Tussi

 

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