Lettera ai professori italiani: crediamo di essere assolti e siamo tutti coinvolti…
riceviamo dal Giga e pubblichiamo ...
Lettera ai professori italiani: crediamo di essere assolti e siamo tutti coinvolti…
Cari colleghi,
in tempi di pandemia ci ritroviamo ogni giorno ad
analizzare dati, bollettini, analisi statistiche, dichiarazioni
politiche, previsioni su futuri vaccini e di vacanze al mare o in
montagna.
Dove passeremo il Natale? A casa di chi e con chi?
Dilemmi che spesso ci tolgono il sonno in un 2020 che è stato per tutti
un anno duro.
Attualmente la scuola italiana è alle prese con
l’emergenza sanitaria che ha visto, a torto o a ragione, sacrificare
l’attività didattica sostituendola con lodevoli ma scarsamente efficaci
modalità didattiche online.
Mentre noi ci stiamo concentrando su noi stessi,
sulle problematiche interne e su possibili date per un rientro in
classe, dopo quasi un anno di didattica online facciamo i conti con una
generazione di ragazzi che, de facto ha perso un anno di scuola.
Vediamo negli occhi dei nostri ragazzi una profonda
tristezza per un periodo della loro vita vissuto a metà, per
l’impossibilità di vivere le esperienze comuni degli adolescenti fatte
di uscite la sera con gli amici, la scuola con i loro compagni e
soprattutto vivere un mondo sereno che in questo periodo non c’è.
Da insegnanti allora possiamo ancora di più
comprendere come certe situazioni in realtà siano all’ordine del giorno
in tantissimi posti del mondo, nel silenzio più assoluto,
nell’indifferenza totale.
Ma ci sono luoghi, popoli ma soprattutto persone che
meritano la nostra attenzione, solidarietà ed empatia ed uno su tutti è
il popolo palestinese. Il problema però per noi non rappresenta solo la
mancanza di empatia ma diventa il prendere parte dell’occupazione nella
misura in cui non riconosciamo allo Stato palestinese il diritto di
esistere, nella misura in cui non denunciamo la ferocia dei crimini
commessi, nella misura in cui partecipiamo all’occupazione fornando armi
e non dando modo agli studenti di conoscere.
Il caso palestinese è un caso noto a tutti da
decenni, un popolo che da sempre ha vissuto nei territori attualmente
occupati e assediati militarmente da Israele e che per accordi
internazionali sotto il dominio Britannico dopo la fine dell’Impero
Ottomano, ha visto essere meta del popolo ebraico che non ha cercato una
convivenza pacifica ma un’appropriazione di tutto.
I palestinesi sono un popolo attualmente senza terra
perché gli viene negato il diritto ad esistere e che sta vivendo forse
la peggiore delle occupazioni che non è stata solo politica ma
identitaria, con un nuovo popolo che si è venuto con prepotenza a
sostituire al precedente, non solo nei territori ma nell’identità
culturale e religiosa. Nell’intimità della vita e della dignità.
Lungi da noi voler sposare posizioni aprioristiche
sulla questione israelo-palestinese, resta il fatto che il popolo
ebraico, da decenni sostenuto dalla comunità internazionale, ha operato
una politica aggressiva nei confronti del popolo palestinese, ridotto in
piccoli territori come riserve e continuamente controllato, assediato,
abusato e violato fino nell’intimità delle persone che protestano
pacificamente la brutalità dell’occupazione.
In questi giorni, nel silenzio generale e nella
totale indifferenza i bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza
sono ripresi così come gli abusi perpetrati in spregio al rispetto degli
accordi internazionali.
La cosa veramente grave non è solo il silenzio
internazionale ma l’assoluta volontà di nascondere la testa sotto la
sabbia di un conflitto dove ci siamo schierati dalla parte del più
forte. I notiziari italiani e la nostra stampa forse troppo alle prese
con numeri, schemi e titoli sensazionalistici, hanno letteralmente
censurato qualsiasi notizia arrivasse da quei territori. Se qualcuno
pensa che si sia ristabilita una pace ed un equilibrio si sbaglia di
grosso, o forse il concetto di pace ed equilibrio si basa sulle continue
operazioni repressive che vengono fatte dall’esercito israeliano nei
confronti dei civili, e ribadisco, civili palestinesi? Continuano a
girare sulle piattaforme dedicate, su alcuni social i video degli abusi
perpetrati ai danni dei palestinesi, che hanno come unica arma
documentare, riprendere quanto accade sperando che queste testimonianze
possano servire a qualcosa. Un grido di aiuto cui non possiamo rimanere
sordi.
In realtà sordi già lo siamo, non vogliamo vedere
quelle case distrutte, quelle famiglie lasciate senza un tetto, quei
disabili aggrediti, quei bambini incatenati, picchiati, arrestati, quei
colpi di artiglieria nella notte e la continua volontà di far vivere le
persone nelle proprie case, nelle proprie città come prigionieri
controllati a vista. E poi gli alberi di olivo abbattuti, sì perché
questo è anche quello che accade ogni giorno ai palestinesi che oltre
alle abitazioni sono costretti ad assistere all’abbattimento dei propri
alberi di olivo.
Sappiamo cosa voglia dire essere prigionieri a casa
propria, ecco immaginatevi questa situazione ma spesso senza nemmeno una
casa, senza nemmeno la libertà di poter fare quello che si vuole ma
soprattutto vivendo nella paura. Una paura che non nasce dal suono delle
ambulanze o dai titoli dei giornali ma dai rumori delle bombe e dei
missili che ancora periodicamente attaccano i luoghi “sensibili” e che
sono solo rifugio di civili che vivono pacificamente. Come nella notte
tra il 25 e il 26 dicembre, ad essere colpito da Israele un ospedale
riabilitativo e uno pediatrico, un bambino ferito e la paura nei cuori
di tutti gli altri.
Noi come comunità scolastica non possiamo far finta
di nulla, non possiamo girare la testa dall’altra parte, ora più che
mai. Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi che, anche se stiamo vivendo
tutti un momento di difficoltà, sebbene per gradi diversi e situazioni
differenti (il Covid19 non ha risparmiato nessun paese del mondo) è
proprio in questi momenti che l’aiuto e la solidarietà dovrebbero
emergere nel loro senso più profondo.
Ci preoccupiamo per giorni scolastici persi ma per
l’ennesima volta, anche la nuova generazione palestinese sta crescendo
in un clima di tensione e guerra, un popolo traumatizzato da abusi e
precarietà, da azioni militari come quella passata alla storia come
“Operazione Piompo Fuso” un popolo che da quasi un secolo vive una
pandemia continua, la pandemia dell’oppressione e della mancanza di
libertà e per questi virus, purtroppo, non esiste vaccino.
Paolo Ferretti De Luca
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