Il colonialismo economico in Palestina
Il colonialismo economico in Palestina
Il
colonialismo economico in Palestina è un tema complesso e molto discusso che
richiede una comprensione alquanto approfondita della storia e della politica
della regione.
Per
provare a far comprendere le ricadute dirette sulla popolazione palestinese proviamo
a immergerci nella vita di una persona che vive nei Territori occupati da
Israele nel 1967.
Immaginate
di svegliarvi la mattina presto con la voglia di una doccia rinfrescante. Ma
l'acqua che esce dal rubinetto deve essere comprata da un'azienda israeliana.
Già dalla mattina, la vostra vita quotidiana è influenzata dalla politica
economica di un altro Paese.
Questo
scenario descrive solo l'inizio di una giornata tipica per un lavoratore
palestinese. Per andare al lavoro deve affrontare lunghe code ai check-point
israeliani, dove la sua vita e la sua libertà sono costantemente sotto
controllo. E non finisce qui: quando va a fare la spesa o rifornirsi di benzina,
deve usare la valuta israeliana perché non c'è mai stata una moneta
palestinese.
Per
capire come siamo arrivati a questa situazione, dobbiamo fare un salto indietro
nel tempo, fino al periodo del Mandato sulla Palestina concesso dalla Società
delle Nazioni ai britannici (1922-1947). Durante questo periodo, l'Impero
Britannico ha agevolato l'insediamento e
lo sviluppo dell'industria ebraica a discapito dei diritti e dell'economia
palestinese. Le politiche britanniche hanno favorito l'acquisto di terre da
parte delle organizzazioni sioniste, escludendo i palestinesi in quanto non
ebrei dalla possibilità di acquistare terreni. Inoltre, hanno imposto dazi
elevati sulle merci palestinesi, mentre le merci ebraiche godevano di tariffe
preferenziali.
Il
vero punto di svolta è arrivato con l'occupazione israeliana del 1967. Da
allora, Israele ha esercitato un controllo totale sull'economia dell'intera
Palestina, limitando gli investimenti, controllando le risorse naturali e
impedendo lo sviluppo di un'economia indipendente. Le restrizioni sulle
importazioni e le esportazioni palestinesi, insieme alla costruzione di
insediamenti israeliani su terre palestinesi, hanno ulteriormente aggravato la
situazione economica.
Oggi,
la Palestina è diventata dipendente dall'economia israeliana attraverso
molteplici modalità che vanno oltre il semplice commercio. Il lavoro
palestinese serve a mantenere bassi i costi di produzione per le imprese
israeliane e a garantire un flusso costante di plusvalore per l'industria. La
mancanza di un'infrastruttura economica indipendente e le continue restrizioni
imposte da Israele rendono difficile per i palestinesi sviluppare un'economia
autonoma e sostenibile.
Questa
dipendenza ha un costo umano e sociale enorme. I palestinesi sono costretti a
vivere sotto un regime di apartheid economico, dove le loro libertà sono
limitate e le loro opportunità sono minime. La mancanza di accesso a risorse
fondamentali come l'acqua, la terra e l'energia impedisce qualsiasi possibilità
di sviluppo economico e sociale.
Cosa
possiamo fare per affrontare questa ingiustizia economica? Prima di tutto,
dobbiamo essere consapevoli di quello che sta accadendo in Palestina e non
restare in silenzio di fronte all'oppressione. Dobbiamo anche sostenere le
organizzazioni e le iniziative che lottano per i diritti dei palestinesi e
promuovere politiche che favoriscano la giustizia economica e sociale in tutto
il mondo.
È
essenziale riflettere su queste dinamiche ingiuste e complesse che generano profonde
conseguenze sulla vita e sulla dignità delle persone coinvolte. Come cittadini
consapevoli e responsabili, dobbiamo continuare a informarci, a far sentire la
nostra voce e a sostenere azioni e politiche volte a promuovere la giustizia
economica e sociale in Palestina e nel resto del Pianeta.
Il
colonialismo economico non è solo una questione storica, ma una realtà
contemporanea che richiede una risposta urgente e collettiva. La consapevolezza
e l'azione sono strumenti potenti che possono contribuire a costruire un futuro
più giusto per tutti. Dobbiamo impegnarci a sostenere i diritti del popolo
palestinesee a lavorare per un mondo dove la giustizia economica e sociale sia
una realtà per tutti e non un privilegio per pochi.
Alessandro Piazza
2^A AFM IIS
Galilei-Pacinotti
Attività effettuata
nell'ambito del progetto Contemporanea..mente
Immagini gentilmente
concesse dal prof. Ruggero da Ros tratte dalla mostra "Non più muri"
scaricabile al seguente link: http://www.nonpiumuri.altervista.org/opuscolo_cartaceo.html
La guerra dell'acqua del prof. Ruggero da Ros
(Didascalia di una foto
della mostra)
I due terzi dell’acqua che
usa Israele provengono dalle terre conquistate e occupate con la guerra del
1967.
L’ 80% dell’acqua della
Cisgiordania finisce in Israele e nelle sue colonie. Con questo contributo gli
israeliani riescono ad irrigare il 70 % delle terre coltivabili, mentre con
l’acqua restante i palestinesi riescono ad irrigare solo il 5 % delle loro.
Consumo pro
capite di acqua in litri al giorno:
- Israele 300
- Colonie 1.000
-
Palestina 70
- Zone rurali
palestinesi, meno di 20
- In Italia è
di 250.
- Il minimo
indicato dall’ OMS è 100
Commenti
Posta un commento