Attivisti di pace e contro la guerra
Attivismo di pace e nonviolenza
Esperienze di attivismo: dialoghi con Laura Tussi
di FABRIZIO CRACOLICI
Lavorare in rete, tessere complicità e punti di forza
con tutti i compagni di viaggio in cammino verso la pace e la nonviolenza
Intervista di Fabrizio Cracolici a Laura
Tussi
L'importanza degli amici e compagni di viaggio per
migliorare la realtà. Raccontati.
La mia esperienza di attivismo per la pace è nata a partire da fondamentali
punti convergenti: un contesto sociopolitico dinamico e attraente, una pratica
e un’attitudine verso un impegno disinteressato, una disposizione
all’apprendimento e all'azione nonviolenta condivisa e una modalità di
intervento operativa e non burocratica.
Con tanti compagni di viaggio, ci siamo dovuti coordinare per rispondere a
questa sfida che era più grande di noi: l’impegno per migliorare la nostra
realtà.
E ci siamo riusciti impegnandoci intensamente, ma lentamente,
quotidianamente, senza precipitarci nel darci delle strutture organizzative,
accettando compiti e responsabilità enormi con la convinzione che insieme
avremmo potuto affrontarli con leggerezza. Abbiamo inventato programmi di
formazione, fatto ricerche, recuperando memoria storica, prodotto materiale
educativo, realizzato laboratori, seminari, incontri e presentazioni in
pubblico.
Il lavoro in rete per l’attivismo di pace nel tessere
relazioni e complicità costruttive: quali sviluppi comporta?
Il lavoro in rete per l’attivismo di pace è un modo di fare le cose che
presuppone il mettersi a tessere relazioni, apprendimenti, complicità avanzando
nella realizzazione di uno spazio comune, aperto e diversificato dove si
possono sommare nuove iniziative, proposte e impegni. Il lavoro in rete per la
pace presuppone il dedicare particolare attenzione al processo di costruzione
degli spazi di incontro ed azione comune e non alla struttura organizzativa, la
quale diventa secondaria e funzionale alle dinamiche dei processi individuali e
dei percorsi collettivi.
Il fattore dinamizzante del lavoro attivista è trainato da obiettivi e
traguardi strategici e non dal lavoro in rete in se stesso. Il senso di una
rete non consiste nel rivolgersi al proprio interno, nel ripiegarsi su se
stessa, ma è piuttosto in ciò che si fa verso l’esterno: qui sta la sua
efficienza e la sua efficacia.
Il rispetto, la valutazione e la valorizzazione delle
differenze. Quale importanza hanno?
Lavorare in rete per l’attivismo di pace presuppone, per quanto detto in
precedenza, il rispetto, la valutazione e la valorizzazione delle differenze e
delle diversità insite e implicite in ogni attivista e soggetto coinvolto.
Queste costituiscono un fattore di rafforzamento, nella misura in cui si
rispettano e si utilizzano senza imporre determinate peculiarità a discapito di
altre. Per questo sono importanti il dibattito, la pianificazione e la
strutturazione di obiettivi e azioni, così come la specializzazione degli
incarichi, per rendere possibile la complementarità di sforzi e capacità, senza
escludere, senza esclusioni e ostracizzazioni di sorta.
Accordi e disaccordi: qual è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere?
Non dobbiamo dare per scontato che tutte le persone appartenenti a
organizzazioni attorno a un medesimo proposito generale siano già completamente
d’accordo. Occorre promuovere le opere di espressione di tutte le idee e
visioni per trovare quelle convergenze che danno un’identità all’impegno, ma
anche per conoscere le divergenze.
Un disaccordo trascurato può tradursi in fattore di conflitto che scoppia
proprio per essere stato tenuto in uno stato di tensione latente per molto
tempo. Troppo tempo.
E può diventare un fallimento.
Per questo, bisogna sforzarsi di trovare tutti i punti di convergenza
possibili, cercando di costruire consensi di base che siano inclusivi,
procedendo per accordi minimi fondati sul criterio che nessuno ha tutta la
ragione né tutto il torto e occorre sempre prestare attenzione a quella parte
di accordo che possa tenere insieme le varie posizioni. Promuovere una dinamica
e uno spirito di apprendimento e azione reciproco implica una disposizione a
condividere ciò che ognuno conosce, ma anche una disponibilità ad ascoltare e
comprendere quello che altre e altri sanno: le progettualità, le idee, le
istanze innovative.
Che significa condividere esperienze?
È importante perciò un’azione riflessiva critica e autocritica, che renda
possibile non solo uno scambio di descrizione o racconto delle esperienze
particolari, ma conduca a una condivisione degli insegnamenti che le esperienze
stesse hanno lasciato. Questo compito, frutto di un processo di
sistematizzazione è fondamentale, poiché permette la costruzione di un pensiero
proprio condiviso a partire dai contributi di ognuno.
In tal senso, il lavoro in rete per l’attivismo di pace significa la
costruzione di condizioni e disposizioni per l’apprendimento e l’azione
nonviolenta.
Creare di fronte a ogni contesto, un ambito teorico che permetta la
produzione di una conoscenza critica del vissuto: delle sue caratteristiche,
interrelazioni, radici e esigenze. È molto importante promuovere processi e
meccanismi di accumulo dell’esperienza: utilizzare registri e socializzare
memorie di quanto è stato realizzato, riassumere gli accordi, lasciare una
testimonianza delle valutazione dei progetti. Molte volte non compiendo tali
operazioni si vanno a ripetere errori già fatti. Non si costruiscono nuovi
gradini dai quali ripartire per rilanciare nuove sfide. Questa è la base per un
processo di sistematizzazione delle esperienze, inteso come appropriazione
critica del processo vissuto, per ricavarne i propri apprendimenti e le azioni
specifiche su una determinata attività, e su molteplici iniziative in atto.
Il processo di attivismo non è lineare, né regolare,
ma è asimmetrico e variabile. Perchè?
Il processo di costruzione del lavoro in rete per l’attivismo non è
lineare, né regolare, ma è asimmetrico e variabile.
È fondamentale mantenere una dinamica comunicativa molto intensa, che
alimenti la possibilità di restare in contatto, di apportare e ricevere
contributi utilizzando tutte le forme e i mezzi possibili: scritti cartacei e
elettronici, incontri personali, assemblee, riunioni, incontri, webinar per
accomunare avvenimenti e socializzare proposte e decisioni. Occorre stare bene
attenti: tutto ciò che si pratica deve essere trasparente nei confronti del
collettivo, senza temere di evidenziare gli errori e le difficoltà.
Non può esistere lavoro per l’attivismo di pace se non è fondato sulla
fiducia reciproca. Ma la fiducia non si concede gratuitamente, la fiducia si
costruisce come parte di una relazione, di una sinergia, di un accordo e
persino di modalità di affetto e sentimento che accomunano su ideali condivisi.
L’onestà, la franchezza e la disposizione alla critica consolidano le
relazioni di una rete. Considero necessario poter contare su forme e istanze di
animazione e coordinamento perché l’attivismo di pace non funziona da solo, ma
come un prodotto di iniziative, proposte, relazioni, accordi e disaccordi che
possono diventare strategie d’azione.
Quanto più distribuiti sono i compiti di animazione e coordinamento, con la
maggior ripartizione possibile delle responsabilità, tanto più il lavoro in
rete sarà dinamico e appartenente a tutti coloro che vi partecipano. Tuttavia
avere linee guida o punti di riferimento è fondamentale per poter contare su
legami di riferimento comuni. Legami forti, condivisi, di stima, amicizia,
amore.
Legami forti, condivisi, di stima, amicizia, amore:
legami di pace?
Credo nella relazione orizzontali, democratiche e reciprocamente esigenti,
dove ognuno contribuisca in parità di condizioni, ma dove esistono anche dei
ruoli di direzione, animazione, orientamento, articolazione e decisione.
Nel lavoro in rete circolano anche relazioni di potere, come in ogni ambito
della vita. Ma queste relazioni di potere non devono essere le stesse che
predominano nelle nostre società capitaliste, inique, escludenti, autoritarie,
emarginanti e sopraffatte dal pensiero unico neoliberista. Possono essere
relazioni di potere democratiche, sinergiche ovvero dove il potere di ognuno
alimenti il potere degli altri e delle altre e dell’insieme nel suo complesso.
Relazioni di amore e legami di pace.
Dove le capacità si amplificano allo stesso modo per tutti e non solo per
un gruppo che esercita e impone le sue decisioni.
Relazioni dove l’unione delle nostre capacità collettive offrano come
risultato maggiore possibilità di azione di quelle che avremmo avuto
singolarmente e grazie alle quali usciamo dall’incontro e dall’incarico
arricchite e arricchiti da nuove risorse utili per affrontare i nuovi problemi
e le complesse sfide.
La nostra crescita come persone, società, collettività
e umanità. Tue riflessioni?
In sintesi l’attivismo implica una cultura e una visione di trasformazione
e espressione. Per questo possiamo parlare della rete per la pace come di una
cultura organizzativa. Ma non solo come nozione generale e teorica, ma come
creazione quotidiana, che attraverso gli spazi di vita, la quotidianità dei
rapporti e dell'esistenza, chiede di trarre da noi stessi il meglio che
abbiamo, contribuendo così alla nostra stessa crescita come individui, come
società, come collettività e umanità.
In tal modo, potremmo essere capaci di trasformarci come persone, nella
misura in cui ci vedremo coinvolti in processi trasformatori delle relazioni
sociali, economiche, politiche e culturali del contesto nel quale ci è toccato
vivere.
Uniti affrontiamo le sfide globali della nostra epoca.
Per arrivare dove?
Le sfide della nostra epoca sono immense e vanno oltre la lotta per la
giustizia, l’equità, la pace, i diritti umani.
Questo XXI secolo, segnato da contraddizioni e dinamiche planetarie,
marcato dal predominio di un modello economico, sociale, politico e culturale
non universalizzabile, non sostenibile, chiede anche a quanti credono che
"un altro mondo sia possibile" di lavorare con un’altra cultura
politica e di costruire relazioni di potere non prevaricatrici, ma orizzontali,
condivisibili e arricchenti, differenti in tutti i terreni in cui ci troviamo.
Con un’altra etica, centrata sull’essere umano e una coscienza planetaria, il
lavoro per la pace può diventare un’opzione efficace e efficiente per
realizzare i cambiamenti a livello locale e globale.
Dal lavoro comunitario, con l’organizzazione settoriale, il consolidamento
delle comunicazioni elettroniche con tutto il pianeta, l’articolazione di
organizzazioni, istituzioni e movimenti sociali, il lavoro in rete si presenta
come un’opportunità significativa per affrontare l’esclusione sociale,
l’emarginazione, il disagio fisico e psichico, le difficoltà esistenziali e
costruire cittadinanze globali e locali in qualunque angolo del pianeta.
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