PETIZIONE AI PARLAMENTARI, EX ART. 50 COSTITUZIONE, PERCHÉ NON CONVERTANO IN LEGGE IL DECRETO CHE AUTORIZZA L’INVIO DI ARMI ALL’UCRAINA
PETIZIONE AI PARLAMENTARI, EX ART. 50 COSTITUZIONE,
PERCHÉ NON CONVERTANO IN LEGGE IL DECRETO CHE AUTORIZZA L’INVIO DI ARMI
ALL’UCRAINA
Il 27 dicembre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge
n. 200 relativo a disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed
equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina,
fino al 31 dicembre 2025, previo atto di indirizzo delle Camere.
Le
radici profonde di questa, guerra vanno ricercate nella crescente avanzata
della NATO e delle sue basi militari verso i confini della Russia (l’“abbaiare
della NATO alla porta della Russia”, come ha detto papa Francesco, “Corriere
della Sera”, 3 maggio 2022) e nell’oppressione e discriminazione dei russi di
Ucraina praticate dal governo ipernazionalista instauratosi dal 22 febbraio
2014 a Kiev, dopo l’estromissione violenta del presidente regolarmente eletto
Janukovic. A seguito della svolta antirussa del nuovo governo di Kiev, il popolo
della Crimea il 16 maggio del 2014 con un referendum votò per l’annessione alla
Russia. Dal 2014 al 2022 si è svolta in Ucraina una guerra tra il governo di
Kiev e le autoproclamate repubbliche popolari russofone di Lugansk e Doneck, che
ha provocato oltre 14.000 morti e decine di migliaia di feriti. Gli “Accordi di Minsk” (2014-2015) che prevedevano
un’ampia autonomia per le regioni russofone del Donbass e avrebbero potuto
fermare la guerra, non furono mai implementati dal governo di Kiev con una necessaria
riforma costituzionale; uno dei più rilevanti protagonisti della politica
europea, la ex cancelliera tedesca Angela Merkel, ha dichiarato che essi
servivano solo a prendere tempo perché Kiev potesse adeguatamente armarsi per
la guerra (intervista a “Die Zeit”, 15 dicembre 2022). Nel 2019 è stata
inserita nella Costituzione ucraina la volontà di adesione alla NATO.
L’avanzata della NATO ad Est, percepita
dalla Russia come minaccia alla propria sicurezza, e la negazione dei diritti
della popolazione russa in Ucraina hanno sempre più esacerbato i rapporti tra
Russia e Occidente. Piuttosto che il dialogo, la mediazione, l’accordo, è stata
privilegiata la strada della contrapposizione frontale (anche a livello
culturale, con campagne russofobiche e la messa al bando dell’arte e della
letteratura russe, che sono parte costitutiva e fondante del patrimonio
culturale europeo). La proposta di una trattativa globale sulla sicurezza,
presentata da Mosca a USA e NATO nel dicembre 2021, fu lasciata cadere nel
vuoto, dando alla dirigenza russa l’ulteriore segnale che non vi fossero spazi
di mediazione e soluzione pacifica.
Anche dopo l’inizio della guerra ad alta intensità il 24
febbraio 2022, i tentativi di trattativa e mediazione tra le delegazioni di
Ucraina e Russia – in Bielorussia prima, in Turchia dopo – sono falliti per la
pesante ingerenza di un forte “partito della guerra” che si proponeva la
vittoria completa e definitiva sulla Russia, di cui si preconizzava un rapido
cedimento, se non un’implosione. USA, NATO, UE hanno sempre più armato Kiev, a
cui sono andati, dalla sola UE, 130 miliardi di euro (Von der Leyen, 19
dicembre 2024). Il Parlamento europeo, in coerenza con i vertici UE e NATO, ha
istigato l’Ucraina a combattere fino alla “vittoria”, escludendo ogni ipotesi
di negoziato. Ciò ha determinato una continua escalation bellica, con l’invio di armi sempre più letali in grado
di colpire in profondità il territorio della Russia, in una sempre più
pericolosa spirale di azioni e reazioni e un coinvolgimento sempre più ampio
della UE e della NATO, col rischio concreto per i Paesi europei di scivolare da
uno stato di cobelligeranza indiretta ad una belligeranza diretta (già
anticipata con la folta presenza in Ucraina di istruttori, addestratori
militari, ufficiali di collegamento di paesi europei).
Il sempre più massiccio invio di armi al governo di Kiev,
comportando l’intensificazione e il prolungamento della guerra, ha provocato
distruzioni incommensurabili e la morte di centinaia di migliaia di giovani
ucraini sacrificati sull’altare di ragioni geopolitiche che nulla hanno a che
vedere con la libertà ed il benessere del popolo ucraino e dei popoli europei.
Dopo quasi tre anni di inutili massacri lo stesso presidente ucraino Zelensky
(intervista a “Le Parisien”, 18 dicembre 2024), ha dovuto riconoscere che
l’Ucraina non ha le forze per rovesciare le sorti del conflitto. Ciononostante
le èlite europee continuano ad alimentare a dismisura la spirale della
contrapposizione generale di lunga durata contro la Russia, e la
militarizzazione – già annunciata e in parte avviata – delle società ed
economie europee e il loro passaggio dal welfare
al warfare, con tagli pesantissimi
alle spese sociali per incrementare le spese di guerra.
Occorre uscire da questa logica perversa che sta mandando
in rovina il nostro Paese (non si tratta solo delle enormi somme inviate a Kiev
per la guerra, ma anche del forte aumento dei prezzi dovuto alla scelta del
governo italiano di non acquistare più il gas russo a buon mercato, per
rifornirsi da USA e altri Paesi a prezzi doppi o tripli) e ritornare alla Costituzione, che all’articolo 11 prescrive in modo
netto, chiaro, inequivocabile, che “L'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli
e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il ripudio
della guerra comporta per l’Italia l’obbligo di impegnarsi per fermare i
conflitti, non di alimentarli con la fornitura di armi.
Sulla base di quanto su esposto
Noi
cittadini della Repubblica italiana riteniamo che un ulteriore invio di armi a
Kiev, come previsto dalla proroga del decreto:
- Alimenti un’escalation bellica che ha realisticamente come sola prospettiva un ulteriore
coinvolgimento militare della UE e dell’Italia, fino a varcare la linea rossa
di non ritorno di un coinvolgimento diretto del nostro Paese nella guerra
contro la Russia, trasformando l’attuale cobelligeranza di fatto in guerra
aperta, con conseguenze catastrofiche.
- Sia contro gli interessi della pace,
alimentando la spirale di guerra e la prospettiva di un mondo di guerra, con
aumento delle spese militari che sottraggono risorse a sanità, scuola, servizi
sociali.
- Sia non solo contro i principi di pace e
cooperazione internazionale che informano la nostra Costituzione, e violi la
legge 185 del 1990, che vieta l’invio di armi a paesi belligeranti, ma vada anche
contro gli interessi economici del nostro Paese, fortemente colpito dalle
misure di embargo comminate dal 2014 contro
la Russia e sempre più intensificate negli anni successivi.
- Vada contro gli interessi stessi della
popolazione ucraina, che in sempre maggior numero rifiuta di andare a
combattere e di aprire nuovi cimiteri di guerra (800.000 renitenti alla leva, secondo la stima del presidente
della commissione Affari economici del Parlamento ucraino, Dmytro Natalukha,
riferito al quotidiano “Financial Time”). Un recente sondaggio dell’agenzia
USA Gallup attesta che la maggioranza degli ucraini vuole negoziati e fine
della guerra quanto prima possibile.
- Alimenti la contrapposizione contro la
Federazione russa, un Paese che è geograficamente, storicamente, culturalmente,
parte del continente europeo, un Paese rispetto al quale l’Italia non ha alcun
contenzioso, nessuna controversia territoriale, né commerciale o economica, con
cui, anche nel periodo della guerra fredda, seppe intessere proficui rapporti
di cooperazione economica (basti ricordare qui la fabbrica di automobili di
Togliattigrad, in cooperazione con la FIAT).
PER
QUESTO
CHIEDIAMO DI FORMULARE UN ATTO D’INDIRIZZO CONTRARIO AD
ALIMENTARE IL CONFLITTO MEDIANTE LA ULTERIORE FORNITURA DI MATERIALI ED
EQUIPAGGIAMENTI MILITARI AL GOVERNO UCRAINO E DI RIFIUTARE LA CONVERSIONE IN
LEGGE DEL DECRETO LEGGE N. 200/2024
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