Intervento di No Camp darby alla manifestazione di Usb all'aeroporto Galilei di Pisa
Ammesso, ma non concesso, che il potenziamento di un aeroporto sia una scelta giusta (visti gli impatti ambientali derivanti dall'aumento dei voli), qualcuno dovrebbe leggersi i documenti Enac riguardanti lo scalo pisano, capirebbe che il mancato rafforzamento del Galilei è legato a varie ragioni, alcune derivanti da scelte politiche (favorire Firenze) ed altre legate alla preponderante presenza dell'aeroporto militare accanto a quello civile.
Pisa è una città militarizzata, il potenziamento della base Usa di Camp Darby avviene con la compartecipazione italiana alle opere che collegheranno la struttura militare al porto di Livorno e alla ferrovia per un rapido trasporto di logistica militare via ferrovia e via acqua.
Sempre Pisa da anni ha un hub militare limitrofo al Galilei, lo hanno costruito per far partire migliaia di militari verso le zone di guerra e sempre la nostra Città ha piccole aziende che partecipano alla realizzazione di sistemi di arma. Una scuola di eccellenza pisana è stata determinante per il peace keeping e vari docenti e ricercatori sono collegati all'apparato militare anche per progetti di ricerca.
E per restare al nostro territorio, una volta approvato il documento del Parco, torneranno alla carica con la costruzione della base per il Tuscania.
Da anni alcuni progetti di ricerca vedono nel ruolo di Mecenati aziende legate alle armi, nelle scuole di ogni ordine e grado si trovano militari a parlare di Costituzione, quella Carta che in teoria, parlerebbe di rifiuto della guerra.
Ma per rafforzare una visione militarista della società si ricorre anche a ben altro, agli alza bandiera, a lezioni di storia per dipingere eroicamente alcune battaglie dell'esercito italiano nella seconda guerra mondiale quando l'Italia stava dalla parte del nazi fascismo.
Il ricorso alla militarizzazione e al neo keynesismo di guerra sono parti integranti, e fondanti, della Bussola europea, il documento strategico della Ue senza il quale non comprenderemo le attuali scelte a sostegno dell'invio di armi all'Ucraina.
Se da una parte si militarizza la società alimentando la idea che il ricorso alla guerra sia indispensabile per salvaguardare la convivenza tra i popoli, dall'altra è innegabile che proprio l'aumento delle spese militari sia possibile tagliando salari e spese sociali, affossando il potere di acquisto e di contrattazione e allo stesso tempo alimentando una spirale autoritaria e repressiva che porta a criminalizzare settori sociali conflittuali .
E di conseguenza non è possibile limitarsi a un no generico alla guerra senza guardare alle politiche sociali derivanti dalla stessa, tacendo sulla criminalizzazione del dissenso per costruire al contempo una società appiattita sui voleri delle elites dominanti in economia e finanza, elites e classi sociali dominanti per le quali il ricorso strutturale alla guerra è scelta obbligata a tutela di interessi diametralmente opposti a quelli delle classi subalterne che non hanno soldi per andare avanti proprio quando si destinano ingenti capitali pubblici alla spesa militare.
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