La tecnologia che alimenta lo scontro tra Cina e Usa

Negli ultimi anni la Cina ha raggiunto traguardi che 30 0 50 anni fa sembravano impossibili. E anche in campo tecnologico i progressi della Cina sono stati evidenti fino a diventare il paese leader nella costruzione dei semiconduttori.



La fabbricazione di semiconduttori ha bisogno di un elevato consumo di elettricità e di acqua delle quali la Cina è ben fornita anche se non tutt'ora ignoti i livelli di sicurezza idrica.
 
Negli ultimi anni il 75% della produzione di semiconduttori, indispensabili ormai per gran parte delle attività industriali, è stata spostata nel Sud est asiatico a seguito anche delle delocalizzazioni produttive che hanno dato vita a grandi grandi fabbriche dell'area (non solo Cina ma anche Vietnam, Corea e in particolare Taiwan)
 
La pandemia ha decretato una prima crisi, con il rallentamento del commercio e il difficoltoso spostamento delle merci, anche l'industria occidentale ha compreso che acquistare a basso costo prodotti tecnologici dai paesi del sud Est asiatico può rappresentare non solo un beneficio ma anche un problema, da qui sono nate le spinte perchè i paesi occidentali riprendano a produrre almeno parte di quanto avevano delocalizzato per il basso costo del lavoro. E qualcuno ha iniziato a discettare sulla fine della globalizzazione.
 
E i semi conduttori sono tanto importanti ormai quanto il gas e il petrolio o i prodotti della meccanica.
 
Dal 1990 ad oggi gli Usa sono passati da quasi il 40% della produzione di semiconduttori a circa il 12 per cento, se poi i paesi produttori dipendono dagli Usa è un altro fatto così come la presenza di importanti basi militari statunitensi in quei paesi.
 
La delocalizzazione è stata accompagnata da ulteriori processi di militarizzazione dei territori, dall'aumento delle esportazioni di armi e nel caso di Corea e Taiwan hanno giocato anche la carta delle minacce provenienti dalla Corea del Nord e dalla Cina (che nonostante tutto produce una grande quantità del prodotto).
 
Il recente congresso del Partito comunista cinese ha ratificato un ambizioso piano per raggiungere l’autosufficienza nelle industrie high-tech entro il 2025, ossia tra circa 2 anni, un lasso di tempo veramente breve che preoccupa non poco Ue e Usa. 
 
E sempre la Cina aveva scommesso già anni fa sulla autoproduzione di semiconduttori fallendo l'obiettivo per attestarsi ad un livello produttivo ancora basso (e la guerra commerciale e tecnologica dell'Occidente aveva anche questo obiettivo), l'arrivo della pandemia ha spinto il paese a dare maggiore impulso alla ricerca e produzione di prodotti tecnologicamente avanzati.
 
Questa tecnologia è utilizzabile in ambito Civile ma anche militare, da qui la preoccupazione di Washington e le politiche di accerchiamento militare ed economico della Cina per impedirne ad esempio non solo la produzione di microchips di ultima generazione ma per crearle un vuoto attorno che la escluderebbe dalle filiere economiche globali. 
 
E in questa ottica, di guerra non dichiarata ma sostenuta con altri mezzi, gli Usa stanno stringendo accordi commerciali nel Sud est asiatico , dopo il piano dell'estate scorsa per finanziare il ritorno delle aziende delocalizzate in cambio di aiuti fiscali e non, per impedire rifornimenti  tecnologici alla Cina manifestando così preoccupazione per gli anni futuri nei quali dovrebbe avvenire, stando alle previsioni cinesi, il grande salto per raggiungere l'autosufficienza nella produzione di svariati prodotti ad alto tasso tecnologico.
 
E per convincere gli alleati asiatici a non aiutare la Cina, anzi per scongiurare sul nascere ogni aiuto in campo tecnologico,  il consueto ricorso allo spauracchio della minaccia militare cinese ossia il miglior strumento migliore per garantire la supremazia economica e tecnologica di Washington
 
bibliografia
 

https://www.whitehouse.gov/briefing-room/speeches-remarks/2022/09/16/remarks-by-national-security-advisor-jake-sullivan-at-the-special-competitive-studies-project-global-emerging-technologies-summit/

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