La società del merito costruita su discriminazioni e disuguaglianze

 La società del merito ha rappresentato un corpo ideologico dentro cui si sono mossi indistintamente sinistra e destro nell'alveo del pensiero neoliberista.



Una teoria economica necessita sempre di apparati ideologici atti a giustificarne ogni azione e la meritocrazia ha rappresentato la struttura portante dei 40 anni neoliberisti. E l'affermazione della meritocrazia ha costruito non solo discriminazioni e disuguaglianze nella società e nei luoghi di lavoro ma ha determinato anche processi di sorveglianza e di repressione.

In questi decenni abbiamo assistito ad alcuni fenomeni incontrovertibili quali

  • la perdita del potere di acquisto salariali e di contrattazione sindacale
  • meccanismi di contrattazione che rinviano al secondo livello aziendale erogando parte del salario secondo il cosiddetto merito che poi è frutto di parametri non oggettivi e decisioni discrezionali che condizionano le opportunità di carriera e letteralmente mettono le mani nelle nostre tasche
  • la sconfitta di una solidarietà che un tempo avremmo definito di classe perchè le classi nella società del merito non esistono ma solo le opportunità e le capacità individuali
  • la crescita delle discriminazioni e delle disuguaglianze mai sufficientemente analizzate da studiosi, ricercatori, giornalisti e intellettuali poco avvezzi a ricerche collettive, sul campo e interdisciplinari
  • la sconfitta di ogni prospettiva di cambiamento radicale che prefiguri modelli sociali alternativi
  • l'avvento della tecnocrazia e dei cosiddetti esperti onniscenti che a lungo sono stati chiamati a sostituirsi ai politici e ai rappresentanti eletti dal popolo
  • la tecnocrazia Ue alimentata dalle teorie dell'austerità e da parametri "salvifici" per l'economia come il contenimento della spesa sociale, la mortificazione della domanda, gli investimenti pubblici in ambito sociale
Proviamo a riflettere sulle discriminazioni sull'onda di quanto scritto da T Pikkety (Misurare il razzismo La Nave di Teseo), la sfida autentica per noi tutti\e è quella di costruire un modello sociale che bandisca le discriminazioni e le disuguaglianze senza pensare che ogni soluzione sia riposta in un welfare allargato e rinnovato conquistabile invece solo con una lotta sociale e mai gentilmente concesso dai governanti.



Ovviamente non basta restare dentro la logica distributiva di ricchezze ma fermiamoci sulla disuguaglianza delle opportunità, sulla costruzione di modelli scolastici e universitari che destinano la stragrande maggioranza delle risorse economiche alle elites e alle scuole e università da loro frequentate.

La uguaglianza sociale è stata sostituita da uguaglianza delle opportunità nell'ottica di far vincere l'idea che ciascuno sia responsabile del proprio destino, di successi e insuccessi.

La provenienza sociale resta invece determinante, provenire da un quartiere povero, da una famiglia popolare, avere genitori immigrati è un fattore di grande discriminazione sociale, le pari opportunità non esistono ma sono invece un abbaglio ideologico, le risorse destinate alle scuole delle elites nei paesi europei sono 4\5 volte superiori a quelle popolari, i sistemi scolastici costruiti secondo logiche classiste, i numeri chiusi negli atenei un ostacolo all'accesso ai corsi di laurea.

Le pari opportunità restano l'arma ideologica e classista della società del merito che privilegia investimenti sociali funzionali a processi selettivi che scaturiscono dalla competizione tra individui ma anche sulla emarginazione sociale.

Non è casuale che in Italia siano ben pochi gli osservatori sulle  discriminazioni e sulle disuguaglianze, manca un lavoro di inchiesta e degli studi che non si fermino a generiche analisi magari sponsorizzate da Fondazioni a loro volta collegati a gruppi di potere.

Per essere chiari il nostro lavoro dovrebbe perseguire alcuni obiettivi, ad esempio

  • denunciare le ideologie dominanti tra le quali quella del merito e delle pari opportunità
  • denunciare le crescenti disuguaglianze sociali individuando i limiti del welfare attuale per poi aprire campagne nazionali per ampliare investimenti indirizzandoli a determinati scopi
  • sottrarsi alla mercanzia tra diritti collettivi e monetizzazione che alla fine baratta per pochi euro diritti inalienabili
  • rifiutare l'attuale modello di contrattazione, la logica degli accordi di secondo livello in deroga al CCNL, aggredire l'impianto stesso sul quale hanno costruito i contratti nazionali in simbiosi ormai con l'idea delle deroghe e dei premi detassati (che fanno mancare risorse al welfare)
  • far valere un punto di vista di classe nell'analisi della realtà senza introiettare il punto di vista dei dominanti
  • inchieste sul campo a patire dal lavoro, dalla sanità e dal sistema scolastico, quest'ultimo in grande crisi e governato dalla cultura del presunto merito, sempre più ostaggio di logiche privatistiche e di Fondazioni





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