Do ut des...lo scambio diseguale. Renzi scambia la flessibilità con i soldi dei lavoratori

Lo scambio – Flessibilità contro una delle poche richieste inevase della lettera della Bce del 2011: dare “più rilevanza” al livello aziendale (in sostanza un modo di tagliare i salari).
Un articolo di Marco Palombi, da Il Fatto Quotidiano del 24 agosto 2016, ci riporta a quanto già sostenuto ossia che il Governo Renzi si arrampica ormai sugli specchi con un paese fermo e senza crescita, una ripresa occupazionale fittizia e drogata solo dagli incentivi ministeriali delle tutele crescenti del jobs act (ridotti i fondi sono di nuovo crollate le assunzioni al contrario dei voucher che proliferano)
Con una economia tra le piu' deboli, un settore pubblico ormai al collasso dopo anni di tagli e di mancati investimenti, la ricerca concepita solo a uso e consumo dei colossi industriali che ricavono profitti dai soldi pubblici, cosa altro dovevamo attenderci dal Governo Renzi se non la offerta di tagliare gli ultimi e residuali diritti in cambio di una revisione delle cifre sul deficit?

A Ventotene Renzi ha chiesto lo sconto sul minor deficit per il 2017  offrendo in cambio un rinnovo al ribasso dei contratti pubblici e di completare la riforma della contrattazione. Ormai l'Italia è la testa di ponte per sperimentare leggi liberticide in materia di diritto di sciopero e di contrattazione, ben venga allora la distruzione del contratto nazionale per ottenere maggiore flessibilità sui conti pubblici, insomma ridurre il potere di acquisto di salari e pensioni come forma di rilancio della competitività.
Anche un bambino capirebbe che senza soldi non si compra niente e i pochi risparmi sono ben celati per affrontare i tempi futuri, ma i soli a non comprendere questa piccola verità sono i burocrati e i banchieri di Bruxelles

Renzi continua sulla strada intrapresa dalla famigerata lettera della Bce dell’agosto 2011  che non a caso parlava di  “piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali”,  “attraverso privatizzazioni su larga scala” (il pacchetto Madia sul pubblico impiego è solo l'inizio); licenziamenti facili e riduzione degli ammortizzatori sociali, della loro durata e importo per finire con  la forte limitazione del contratto nazionale a la riforma dei contratti di lavoro a vantaggio di quello di secondo livello 

Il Governo Renzi, mentre acquista tempo sul salario minimo, altro non fa che riprendere quanto già consigliato all'Italia dalla Bce e questa ricetta è già presente nel “Programma nazionale di riforme”  inviato a Bruxelles pochi mesi fa ove  si legge che “nel 2016 il governo si concentrerà su una riforma della contrattazione aziendale con l’obiettivo di rendere esigibili ed efficaci i contratti aziendali e di garantire la pace sindacale in costanza di contratto. I contratti aziendali potranno altresì prevalere su quelli nazionali in materie legate all’organizzazione del lavoro e della produzione” (articolo da Il Fatto prima menzionato)

 In questo scenario il ruolo dei sindacati è come sempre nefasto: assistere silenti allo smantellamento della contrattazione nazionale sperando di portare a casa qualche rinnovo a perdere dei contratti nazionali e magari con innumerevoli deroghe al secondo livello; qualche contratto nazionale con aumenti dell'orario settimanale e pochi euro in piu' trances giusto per occultare una  autentica débâcle  e svendita di diritti acquisiti

Ormai il sindacato è come i prestigiatori: trasforma le sconfitte in vittorie ma i fatti parlano un'altra lingua anche se debitamente occultati dalla compiacente stampa di regime. Ci vuole solo tempo ma alla fine tutti si accorgeranno della truffa, l'augurio è che tale momento non arrivi troppo tardi quando ormai diritti , potere di acquisto e di contrattazione saranno nel frattempo compromessi




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