Tutti a favore della riduzione del cuneo fiscale, il trionfo del linguaggio unico di impresa


Quando la politica perde ogni autonomia e diventa il megafono dei centri di potere

Tutti a favore della riduzione del cuneo fiscale, il trionfo del linguaggio unico di impresa



Correva l'anno 2006 quando il portale degli economisti liberal, La voce.info, pubblicava un articolo sulla riduzione del cuneo fiscale (Quanto costa ridurre il cuneo fiscale - Lavoce.info), allora il centro sinistra proponeva la riduzione del 5% mentre il centro destra si fermava al 3% , la proposta di Confindustria era invece del 10%.

Cosa è il cuneo fiscale di cui tutti parlano?

La risposta è apparentemente semplice ossia la differenza tra i costi del lavoro sostenuti dall'impresa e quanto i lavoratori percepiscono in busta paga, da anni viene detto che le aziende pagano tanto, anzi troppo, mentre la quota destinata ai salari risulta invece assai contenuta.

Per restituire potere di acquisto ai salari e alle pensioni sarebbe sufficiente accrescerne l'importo, al contrario si mira essenzialmente a ridurre le tasse alle imprese.

Di acqua sotto i ponti, a prescindere dalla siccità, ne è passata tanta eppure i temi all'ordine del giorno restano gli stessi come se non fossero trascorsi 16 anni con due crisi, quella del 2007\8 e i due anni pandemici, dai quali dovremmo trarre qualche insegnamento.

Nel 2006 il centro sinistra proponeva, al fine di ridurre la tassazione alle imprese,  la lotta all'evasione fiscale; il contenimento della spesa pubblica al livello della crescita nominale del Pil; l'aumento delle aliquote contributive dei lavoratori parasubordinati e autonomi, la  tassazione delle rendite finanziarie.

Oggi gli autonomi godono invece di un regime fiscale favorevole, il contenimento della spesa pubblica ha portato al dissesto  sanità, istruzione e welfare, i buoni propositi della lotta agli evasori sono caduti nel dimenticatoio, le rendite finanziarie continuano ad essere lontane da una tassazione adeguata e le aliquote contributive, ridotte dal Governo Renzi, continuano ad essere poche e tali da favorire i redditi elevati.

Veniamo al dibattito imperante ai nostri giorni...

Ad un convegno dei giovani industriali, il segretario Pd Letta ha annunciato gli intenti del centro sinistra nella prossima manovra di Bilancio: «Un Patto per combattere l’inflazione e tagliare le tasse sul lavoro in legge di bilancio»

Gli fa eco Salvini che rilancia la proposta di concordato fiscale con (l'ennesima) tanto di rottamazione delle cartelle esattoriali.

Siamo davanti a due blocchi solo apparentemente contrapposti che  guardano ai ceti sociali di riferimento, la Lega agli autonomi e il centro sinistra ai lavoratori dipendenti (ma lasciando al proprio posto il codice Ipca che determina aumenti contrattuali senza recupero del potere di acquisto), tutti concordi nella riduzione delle tasse delle quali beneficeranno essenzialmente i grandi capitali mentre poche briciole arriveranno alle classe lavoratrici.

Confindustria chiede il taglio del cuneo di 16 miliardi di euro e presenta il suo programma, padronale, di Governo, per la fine legislatura sapendo di dovere incassare fin dall'anno corrente alcuni risultati prima che la lotta all'ultimo voto, in vista delle elezioni politici del 2023, si trasformi in un terreno di battaglia senza esclusione di colpi.

Tra gli obiettivi da perseguire le fatidiche riforme che si tradurranno in meno stato sociale, la riduzione ai minimi termini del reddito di cittadinanza, la revisione degli ammortizzatori sociali e soprattutto tassazioni generose per le imprese e il ritorno all'innalzamento dell'età pensionabile a prescindere dalla aspettativa di vita.

In 20 anni o quasi il dibattito tra forze politiche e associazioni datoriali suona sempre il medesimo spartito, le ricette neo liberiste hanno fallito ma vengono puntualmente riproposte come soluzione ai problemi che hanno prima creato e poi acuito.

E sulla guerra il partito delle imprese è allineato con gli Usa pur sapendo che l'approvigionamento del gas liquido dagli Usa costerà 5 volte tanto quello russo e con ricadute ambientali ancora più invasive (a pagare i costi aggiuntiva sia lo Stato....).

Per farsi una idea delle posizioni di Bonomi è sufficiente leggere la sua intervista a Il Sole 24 ore, il giornale di casa, al quale dichiara

Bisogna reagire agli errori del passato, che hanno portato ad un aumento di 800 miliardi del debito pubblico dal 2010 al 2021. La spesa pubblica è raddoppiata ma, ha detto Bonomi, i poveri sono saliti dai 2,1 milioni del 2008 a 5,6 milioni del 2021. Motivo? I bonus, le una tantum a pioggia, che si possono anche sommare: «vanno al 50% della popolazione, invece che concentrarsi su quel 10% che ha bisogno». Sul salario minimo, i contratti di Confindustria sono ben superiori ai 9 euro indicati nelle proposte in Parlamento

I soldi diamoli allora a Confindustria, un po' come quando rivendicando meno ammortizzatori sociali le associazioni datoriali invocavano soldi contanti sui conti degli imprenditori alle prese con la crisi pandemica.

E lo spettro della riduzione della spesa pubblica, il ritorno alle politiche di contenimento del debito si fa sempre più minaccioso con una idea di società ben definita ; da una parte gli aiuti statali alle classi meno abbienti, dall'altra finanziamenti e agevolazioni alle imprese.

Da qui alla morte dello stato sociale corre poca differenza!

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