La fiera della vanità. Tra false notizie, nostalgie dei forum sociali e giornalismo disinformativo

Da alcuni giorni non leggo i giornali, la non dipendenza dalla lettura mattutina del quotidiano, anche il solo sfogliarlo, è sintomo di un malessere  collettivo e non solo individuale se pensiamo che, in 20 anni.  i lettori italiani sono scesi ai minimi storici e in fabbrica o in ufficio, in biblioteca o nel quartiere la carta stampata ha sempre meno spazio.
Girando per le spiagge capita di incontrare sempre meno giornali e quei pochi sono per lo piu' o riviste di gossip o quotidiani locali e sportivi.

In Italia si legge meno che in Grecia e in Turchia dove la crisi economica e la repressione delle voci scomode hanno colpito duramente.

Siamo sempre piu' inondati da notizie, spesso false e costruite ad arte per manipolare l'opinione pubblica, non distinguiamo  le fonti attendibili dalle bufale. Il Giornalismo italiano è decisamente in crisi, decine di giornalisti in cassa integrazione, tanti precari, le redazioni trasformate in una autentica fabbrica dello sfruttamento intellettuale,Il trionfo del lavoro gratuito  nella economia della promessa di un lavoro fisso che non arriverà.

Ma la condizione di vita dei giornalisti è ignorata dal grande pubblico abituato solo alle star che bucano lo schermo, ai protagonisti del tubo catodico occultando la forbice salariale ormai allargatasi a dismisura tra direttori dei giornali e giornalisti a contratto, immaginiamoci poi se consideriamo stagisti, apprendisti e altre figure precarie.

Eppure il giornalismo è un baluardo democratico che ogni società dovrebbe difendere e  la Magistratura salvaguardare mentre i fatti recenti di cronaca ci dicono l'esatto contrario.

Un popolo che non legge ma subisce il flusso delle notizie senza saper distinguere la bufala dall'inchiesta, un popolo con la soglia di attenzione bassa rischia di essere facilmente manipolabile. Gli Usa sono piu' vicini di quanto pensiamo, del resto prima di Trump è arrivato Berlusconi che almeno poteva dirsi originale (anche con magistrali colpi da avanspettacolo in tv)  rispetto agli innumerevoli cloni dei nostri giorni.

Questo incipit si rende necessario per arrivare a due conclusioni  tanto amare quanto necessarie: fare informazione in Italia è quanto mai difficile specie nell'era delle bufale dei social network, a colpi di ristrutturazioni nel settore poligrafico si è distrutto un modo di vivere e concepire la informazione che oggi diventa per lo piu' funzionale ai giochi partiti, agli interessi delle grandi lobby o trasforma , a sinistra, il nulla in roboante richiamo alla innovazione.  Da un giornale che ti aspetti? Sicuramente non paginate intere sulle diatribe interne al centro sinistra , o centro destra che sia, un teatrino che allontana dalla politica e trasforma la stessa informazione in chiacchera o in gossip con i giornali scandalistici decisamente piu' attrattivi

Nell'odierno  scenario ci immaginiamo, da qui a poco , il riproporsi della famosa dicotomia (perdente) delle realtà (siano partiti, movimenti o sindacati poco importa) di lotta e di governo. A inseguire un altro mondo possibile abbiamo perso la visione della realtà effettiva, delle contraddizioni in essere, alcuni dei nostri compagni di strada si sono trasformati in realtà di governo adeguandosi, chi piu', chi meno, alle ricette del neoliberismo europeo.

Con estrema chiarezza bisogna ammettere che la stampa di sinistra è per lo piu' illeggibile con pagine culturali destinate a un numero di lettori con i quali non si riempirebbe un autobus gran turismo, con lunghi corsivi politici che trasformano il nulla in evento.

La perdita di memoria attanaglia anche una buona parte del giornalismo piegatosi alla cultura dell'evento o disposto alle paginate per descrivere l'abbraccio (mortale) della Boschi con Pisapia, due che hanno votato a favore del referendum istituzionale e tuttavia vengono ogni giorno intervistati come innovatori (di cosa?)

Non ce la passiamo meglio nella sinistra cosiddetta radicale: la riproposizione dei forum sociali come ambito di comune azione tra movimenti sindacali, partiti e movimento è l'approdo di un parlamentarismo duro da morire in nome del quale i sindacati non fanno conflitto e i movimenti vivacchiano all'ombra delle giunte locali perdendo di vista la difesa di tutti quei diritti che il neoliberlismo della bce sta ipotecando giorno dopo giorno.

Il giornalismo di inchiesta oggi ha sempre meno spazio come anche la politica o il sindacato costruiti quasi solo sul mero conflitto tra capitale e lavoro, sulla tutela degli interessi delle classi subalterne senza mediazione alcuna con logiche di apparato e di istituzione.

Non siamo sciocchi sognatori ma sotto i nostri occhi abbiamo dei temi forti che vengono letteralmente abbandonati, dalla sanità che non assicura il diritto di cura a milioni di persone alla scuola che lascia fuori tanti giovani, dall'università a cui i figli degli operai accedono sempre meno al lavoro che si manifesta solo nelle accezioni ultraprecarie.E poi i contratti non rinnovati, il diritto di sciopero in pericolo, la legge sulla rappresentanza in discussione nei misteriosi tavoli trilaterali (sindacati, Confindustria e Governo) dove si parla di welfare aziendale e di deroghe crescenti ai contratti nazionali.

Sono questi gli argomenti sui quali costruire unità di intenti, non la riproposizione della sinistra di lotta e di governo che in Italia ha prodotto danni nefasti e lo spostamento verso destra di una intera classe politica alla ricerca di formule governative.

In un domenicale  abbiamo già parlato della insidia di Industria 4.0, torniamo sull'argomento sottovalutato dalla sinistra di lotta e di governo, ignorato anche da pezzi di sindacato di base che urla contro l'assenza di democrazia degli altri ma ai suoi vertici, da 30 anni, annovera sempre le stesse facce.

Mentre in Europa la produzione industriale riprende a crescere -  Germania (5%), Spagna (3%) e Francia (1,9%)-  l'Italia arranca arrivando a malapena a un misero  +1% . Gli stessi dati Inps confermano il dilagare dei rapporti di lavoro precari e a tempo determinato a smentire l'operato di Governi che hanno solo agevolato l'impresa senza mai incentivare politiche occupazionali di lunga durata.

Il ragionamento non va costruito solo sulla preseunta  ripresa dell'Eurozona (e il giornale dei padroni tiene a precisare che la scelta della Gb si sta dimostrando perdente) visto che la ripresa è sicuramente drogata dall'intervento della Bce e dall'acquisto di bond e da prestiti.

Industria 4.0 porterà soldi alle imprese per ammodernarle e accumulare maggiori profitti, per raggiungere questo obiettivo c'è urgenza di approvare nuove regole sulla rappresentanza, sul diritto di sciopero, sulle dinamiche contrattuali, imporre modelli organizzativi improntati a maggiore sfruttamento, a utilizzare a fini di plusvalore anche i  nostri tempi di vita

Sono questi gli argomenti da privilegiare in una agenda politica, non certo inseguire partiti e sindacati, pezzi di movimento nella folle rincorsa elettorale . Ciascuno di noi farà le scelte che riterrà opportune ma ogni realtà non dovrà mai venire meno alla ragione sociale che la tiene in piedi, al suo dna, per questo troviamo assurdo che non si discuta ancora a tutto campo di uno sciopero generale (da costruire anche con modalità diverse e piu' sociali) per inizio autunno, non si guardi ai processi di ristrutturazione per capirne i contenuti e le prospettive dedicandosi anima e corpo inevece al corsivo di un Fassina o all'entrata di Landini in segreteria Cgil, un Landini che con la sua minoranza interna si è comportato alla stessa stregua di chi l'ha preceduto.

Abbiamo bisogno di altro e quel giornalismo disinformativo di cui parlavamo all'inizio è parente stretto della spocchiosa autoreferenzialità di chi non sa piu' leggere la realtà perchè la sua lente è sfuocata e il binocolo indirizzato solo alla prossima scadenza elettorale, di chi insegue le destre sul loro stesso terreno e finiscono con il cancellare diritti acquisiti restringendo i pochi e residuali spazi di democrazia rimasti


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