Lettera aperta a Deputati e Senatori della Repubblica Italiana sul Diritto di Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali


A seguire la lettera inviata dal Sindacato generale di base

In queste ultime settimane, dopo lo sciopero generale dei trasporti del 16 giugno 2017, stiamo assistendo ad una vera e propria crociata CONTRO il DIRITTO di SCIOPERO che ha come obiettivo un pesante inasprimento della legge che già regolamenta e limita fortemente gli scioperi nel settore dei servizi pubblici essenziali.
Questa iniziativa è sostenuta e accompagnata in questi ultimi giorni da un insopportabile linciaggio mediatico sugli scioperi nei trasporti regolarmente indetti, scioperi che puntano il dito:
sulle responsabilità politiche del Governo relative alla situazione di tutto il trasporto: aereo, servizi aeroportuali, trasporto pubblico locale, ferrovie, logistica;
sulla mancanza di un sistema unico di gestione di tutti i trasporti, di un piano generale organico dei trasporti che crei sistema paese in una unica gestione, che elimini i cento campanili fatti di piccoli interessi di piccolo cabotaggio;
sulla necessità, centrale, di emettere normative che elimino definitivamente il dumping sociale, ormai elemento costante di ricatto dei lavoratori.
E' una costruzione mediatica fortemente ideologica dentro la quale convivono in modo impressionante palesi falsità, strumentalizzazioni e criminalizzazioni.
Sappiamo che si sta lavorando a provvedimenti ammazza scioperi. Le commissioni congiunte Lavoro e Affari Costituzionali stanno lavorando su un testo base preparato dal relatore senatore Maurizio Sacconi, che è anche presidente della commissione Lavoro, per unificare le proposte in discussione.
Il segretario del PD, Matteo RENZI, ha detto che il “diritto di sciopero va regolamentato meglio”. Il ministro dei Trasporti, Graziano DELRIO, afferma che “serve una nuova legge e che spetta al Parlamento farla”. Il nuovo garante per gli scioperi, Giuseppe SANTORO PASSERELLI, chiede un “restyling” della legge 83/2000.
Le principali proposte di legge sono state presentate dal senatore Maurizio SACCONI e dal senatore del PD Pietro INCHINO.
Entrambe prevedono che lo sciopero possa ESSERE PROCLAMATO SOLO DA SINDACATI CHE ABBIANO UN GRADO DI RAPPRESENTATIVITA' SUPERIORE AL 50% O IN SEGUITO A UN REFERENDUM TRA I LAVORATORI INTERESSATI.
La proposta del senatore Maurizio Sacconi contiene anche altre indicazioni per “contrastare l'effetto annuncio”: l'obbligo dei lavoratori che aderiscono allo sciopero di comunicarlo preventivamente; l'obbligo, in caso di revoca della protesta, di deciderla con congruo anticipo e non in extremis.
Per questo motivo SGB ritiene utile e importante rivolgersi direttamente a Deputati e Senatori della Repubblica per fornire alcune riflessione sulla situazione e sulle leggi che regolamentano il diritto di sciopero nel nostro Paese, per evitare l’eliminazione di fatto di questo diritto: diritto riconosciuto dalla nostra Carta Costituzionale, al pari – e non subordinato – a quello del diritto alla fruizione dei servizi pubblici da parte dei cittadini.
Nel nostro diritto positivo l'art.3, comma 2 Costituzione che tratta del principio di eguaglianza, giustifica il fatto di considerare lo sciopero come diritto fondamentale in quanto esso rappresenta uno strumento giuridico in grado di eliminare gli “ostacoli che di fatto impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Innanzi tutto è doveroso sottolineare che il comportamento del soggetto individuale che si avvale del diritto di scioperare non è configurabile come intento negoziale individuale ma, anzi, tale intento è trasfuso a quelle organizzazioni sindacali che mediante la proclamazione di sciopero consentono formalmente scioperare.
Quindi si può arrivare alla conclusione che la legittimità dell’esercizio del diritto di sciopero è di titolarità solo ed esclusivamente dei lavoratori.
Questo, pertanto, sta a significare che non è necessario un numero elevato di soggetti perché si possa parlare di sciopero.
Detto ciò la titolarità del diritto di sciopero non compete alle organizzazioni sindacali dei prestatori di lavoro e nel caso fosse così non si spiegherebbe perché la sua proclamazione dovrebbe comportare la sospensione della prestazione lavorativa anche dei soggetti non iscritti al sindacato.
Certo è che, se si considera il diritto di sciopero un diritto a titolarità individuale, questo non impedisce che la legge possa (come già accade) introdurre disposizioni riguardanti, per esempio, il momento deliberativo dello sciopero, l'obbligo di preavviso al datore o simili. Ne è esempio la legge 146/1990 così come modificata dalla legge 83/2000 che in materia di conflitto nei servizi pubblici essenziali già prevede l'obbligatorietà di un preavviso minimo di 10 giorni.
Lo sciopero - per il quale il nostro ordinamento non attua nessuna differenza tra sciopero spontaneo, che prevede un'organizzazione spontanea tra lavoratori attuata per sostenere un interesse collettivo e lo sciopero organizzato che avviene mediante un'iniziativa intrapresa per volontà di un sindacato - rappresenta il più importante mezzo a disposizione per rivendicare le proprie idee e posizioni nei confronti della controparte politica.
Altra conseguenza importante al fatto di essere un diritto individuale, ma ad esercizio collettivo, è che le organizzazioni sindacali non hanno la possibilità di disporre di un diritto appartenente al singolo prestatore di lavoro. Questo, tra l'altro, comporta che le clausole di tregua, i sistemi di raffreddamento del conflitto e di conciliazione delle controversie inseriti in clausole di contratti collettivi (vedi T.U. Del 10 gennaio 2014 e accordi applicativi successivi) producono effetti solo nei confronti dei sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro, che li hanno stipulati perché, si ribadisce, lo sciopero è riconosciuto come un diritto in capo al singolo lavoratore.
Ora lo sciopero economico-politico del 16 giugno 2017 si configura come uno sciopero per quanto riguarda il destinatario (Governo, Regioni, Enti Locali) e ha avuto ed ha lo scopo di indurre il Governo o il Parlamento a deliberare o a ritirare un provvedimento riguardante le condizioni socio-economiche dei lavoratori (es. il ritiro dell'abrogazione del Regio decreto148/31) ed è uno sciopero legittimo come afferma l'art. 40 della Costituzione in quanto è stata una manifestazione di sciopero avente per oggetto rivendicazioni inerenti l'insieme degli interessi dei lavoratori (nonché cittadini) disciplinati nelle leggi contenute sotto il titolo III della prima parte della Costituzione.
Si osserva inoltre che la formazione della nozione di sciopero, da parte del Governo, dei vari Ministri e dal Presidente della Commissione di Garanzia, è caratterizzata da un tenace apriorismo che di fatto non si sofferma ad analizzare i fatti ed i motivi che hanno spinto i lavoratori ad attuare lo sciopero del 16 giugno 2017 con tali modalità finendo con l'astrarre fino ad evitare l'integrazione tra l'esperienza sindacale ed il contesto economico-sociale che l'ha determinato.
Sarebbe più opportuno che chi governa valutasse la reazione dei lavoratori dei trasporti comprendendone le motivazioni piuttosto che rifiutarle a priori facendo riferimento a teorie di pensiero che si soffermano al fatto che i soggetti che hanno indetto lo sciopero del 16 giugno 2017 sono sindacalmente minoritari e non firmatari di contratti (quest'ultima tesi supportata dalle Associazioni Datoriali che in tal modo si scelgono gli interlocutori).
Il fenomeno dello sciopero del 16 giugno 2017 perderebbe la sua efficacia dal momento in cui verrebbe a mancare quella che è l'essenza dello sciopero sensibilizzare la controparte (il Governo, il Parlamento, le Regioni, gli Enti Locali) per far si che le proprie pretese vengano prese in considerazione.
A tale riguardo si RAPPRESENTA il fatto che:
A seguito dell'invito da parte del Ministro dei trasporti DELRIO di sospendere lo sciopero del 16 giugno 2017 la scrivente O.S. assieme al CUB Nazionale e la CUB Trasporti hanno fatto richiesta di essere sentite;
Essendo lo scopo dello sciopero del 16 giugno 2017 quello di sensibilizzare le controparti non è possibile pensare che i lavoratori mettano in atto proteste nei modi e con le modalità più confacenti a chi governa senza ritenere di essere tenuto a rispettare per primo le leggi ed i vari regolamenti in essere e cioè di convocare in audizione preventiva (procedura di raffreddamento?) cosa che non è avvenuta.
Ribadendo che lo sciopero è un diritto individuale ad esercizio collettivo si osserva che quest'ultimo non sta a significare che le varie OO.SS. che hanno dichiarato sciopero debbano avere un numero elevato di iscritti per poter avere un tavolo di confronto (cosa che evidentemente anche il Governo come le associazioni datoriali prende a pretesto), ma che risulta fondamentale che l'azione di protesta miri a salvaguardare e rappresentare non un interesse individuale bensì l'interesse di una collettività di lavoratori (cosa che sembra essersi significativamente manifestata vista l'adesione dei lavoratori dei trasporti allo sciopero). E' importante sottolineare che la proclamazione di uno sciopero, come lo sciopero del 16 giugno 2017, poteva e può avvenire anche senza l'intervento del sindacato, che tuttavia nella gestione dello sciopero ha svolto un ruolo fondamentale. Ciò, semmai, segnala l'assenza del sindacato “Confederale” e la crisi di rappresentatività dello stesso.
Si osserva che nell'indizione dello sciopero del 16 giugno 2017 sono state rigorosamente rispettate le regole nei servizi pubblici normate dalla legge n. 146/90 così come modificata dalla legge 83/2000 garantendo le prestazioni indispensabili contenute e qualificate come “essenziali” nelle Delibere Provvisorie della Commissione di Garanzia, che si è avvalsa dell'interpretazione estensiva nello stilare una lista di servizi, specialmente nel trasporto aereo, definiti “strumentali”, in quanto la loro mancata esecuzione potrebbe portare gravi disagi per gli utenti. Sono sempre stati rispettati, come previsto dalla Commissione di Garanzia, che ha deciso che per l'incolumità dei passeggeri dovessero essere garantiti determinati servizi, il servizio di rifornimento del carburante, il servizio a terra per i passeggeri, i voli entro le fasce (individuate dalla Commissione di Garanzia), i voli intercontinentali, per le isole, con merci deperibili e o sanitari (regolamentazione che invece non è stata rispettata da ENAC, Gestori Aeroportuali, Handlers non applicando la regola che prevede la convocazione delle OO.SS. che hanno dichiarato lo sciopero per definire il personale minimo da comandare e di esporre i voli da garantire 5 giorni prima dello sciopero). E' stato rispettato quanto deliberato dalla Commissione di Garanzia con delibera n. 14/387 del 13/10/2014 che ha sostituito quella del 19 luglio del 2001 (quindi recente con buona pace del Commissario della Commissione di Garanzia Giuseppe SANTORO PASSERELLI) con la quale ha aumentato il termine di preavviso minimo di proclamazione dello sciopero da 10 a 12 giorni, ha elevato il preavviso massimo da 45 a 60 giorni quindi aumentando il tempo entro cui cercare la composizione del conflitto tempo che non ha ritenuto di utilizzare il Ministro dei Trasporti DELRIO.
Si osserva, ancora, che nel trattare il diritto di sciopero oltre a fare riferimento all'art. 40 della Costituzione non devono essere trascurate le fonti internazionali. In primo luogo la Corte Europea dei diritti dell'uomo, attraverso l'art.11 relativo alla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà sindacali, ha definito il diritto di sciopero come “corollario inseparabile” del diritto di associazione sindacale.
Anche l'art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (chiamata Carta di Nizza), ribadisce che “ i lavoratori ed i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi a livelli appropriati e di ricorrere, in caso di conflitto di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, quindi compreso lo sciopero”.
Di fatto l’Italia dispone già di una delle regolamentazioni più restrittive in vigore in Europa, severamente e pedissequamente controllata e spesso “liberamente” interpretata dalla Commissione di Garanzia, il cui intervento produce quasi sempre il deleterio effetto di distanziare di molti mesi le cause scatenanti il conflitto dal conflitto stesso, prolungando di fatto le vertenze e svuotandolo di effetti, a tutto ed esclusivo vantaggio delle parti datoriali.
Vista anche la situazione di generale decadimento in cui si trovano i servizi essenziali nel nostro paese, la forte compressione e limitazione del conflitto ha in effetti contribuito a provocare danni ai cittadini stessi, alle prese con servizi sempre più costosi e qualitativamente peggiori. Cittadini che si sono sobbarcati i costi di fallimenti e pesanti ristrutturazioni societarie, insieme ai lavoratori che hanno visto tagliare l'occupazione e i salari mentre è aumentata in modo esorbitante la precarietà in tutti i settori coinvolti.
A chiusura di questa esposizione si osserva che purtroppo si vuole dipingere strumentalmente un Paese ostaggio di torme di lavoratori intenti solo a scioperare e danneggiarne l'immagine.
SGB esprime il timore che tutto ciò nasconda, in modo neanche tanto velato, il tentativo di consegnare un “nemico” all'opinione pubblica per lanciare l'affondo finale alla legislazione sociale e del lavoro in Italia, a partire dallo Statuto dei Lavoratori, insieme all'unico reale strumento in mano ai lavoratori per difenderla: lo sciopero.
Ma questo attacco cela anche la volontà di estendere e rilanciare il processo complessivo di privatizzazione dei servizi pubblici, in modo da garantire nuovi margini di guadagno ad imprese e finanza che non si preoccupano certo della qualità e della quantità dei servizi offerti ai cittadini, ma esclusivamente di ricavare profitti riducendo i costi, a cominciare da quello del lavoro, e comprimere pericolosamente la qualità, la sicurezza e la fruibilità dei servizi.
Ciò che emerge è che si vuole trasferire l'esercizio del diritto di sciopero dal singolo lavoratore al sindacato: sarebbe come trasferire il diritto di voto dal cittadino al partito.
In un sistema nel quale il ruolo del cittadino/elettore è sempre più emarginato, al pari di quello del cittadino/lavoratore che poca voce ha in capitolo nei rapporti economici tra aziende e sindacati, la indebita trasformazione costituzionale del diritto di sciopero produrrebbe, e già sta producendo, un estremo squilibrio nei rapporti sociali di questo paese.
Tra l'altro si sta cercando di prefigurare un mondo del lavoro senza pluralismo sindacale e dove tutto viene affidato al monopolio di tre sole organizzazioni sindacali.
InvitandoVi di riflettere con attenzione su questo tema delicato, un diritto costituzionale che coinvolge in modo pregnante aspetti sociali, politici, economici, giuridici e culturali, conseguentemente di respingere la logica che vorrebbe convincerVi invece che un lavoratore ridotto all'impotenza possa rappresentare un bene per il futuro di questo paese.

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