Pubblico Impiego: diritti sindacali negati. Una lettura critica dell'accordo dicembrino


CONTRATTO NAZIONALE E DIRITTI SINDACALI:VOGLIAMO PARLARNE?

 
Narrare le vicissitudini della contrattazione collettiva nel pubblico impiego, per come si svolgono e quali sono gli interessi e i poteri che li animano, vuol dire non limitarci agli effetti finali degli accordi ma guardare invece rapporti di forza che  hanno determinato e influenzato il risultato.
Dopo quasi un decennio di vuoto contrattuale, anche il rinnovo di un CCNQ, che definisce le  modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali, apparentemente non influente sul piano normativo-economico, diventa importante per comprendere l’ effettivo potere contrattuale della parte sindacale che si considera rappresentativa.
E allora proviamo ad abbandonare, per un momento, ogni convincimento e perplessità  che connota ( favola, farsa o illusione?) il processo di rinnovo dei contratti pubblici e in particolare la sfiducia verso Aran e Sindacati che a quei tavoli siedono.
Consideriamo solo ciò che è stato definitivamente sottoscritto il 4 Dicembre scorso tra ARAN e OO.SS. confederali e autonome in materia di prerogative sindacali, una sorta di prologo alla più vasta operazione di rinnovo dei contratti pubblici per giungere al promesso riconoscimento degli agognati incrementi di 85 Euro mensili medi.
Se si sono rafforzate le prerogative sindacali con il CCNQ, avremo allora maggiore potere di contrattazione? Risposta sbagliata perchè le materie da contrattare sono sempre piu' ridotte e i sindacati firmatari ormai servono solo a spengere ogni azione  conflittuale e di base.
Per capirlo basta una semplice lettura del CCNQ senza entrare nei tecnicismi tipici di chi nel contrattare con l’ Aran pensa alle prerogative sindacali come strumento per conservare ruoli e prebende.

Distacchi Sindacali – tema molto sentito dai firmatari del CCNQ perché garantiscono i “posti degli apparati”, per cui a fronte di una sostanziale riduzione del numero degli stessi si è cercato di supplire attraverso contorti e poco chiari criteri di fruibilità. Si è infatti speso molto sul concetto di flessibilità di utilizzo degli stessi, al fine di consentire una modalità frazionata di uso integrabile con altre forme di prerogative, quali permessi sindacali o per riunioni ( che ovviamente saranno sottratti ai livelli territoriali e aziendali).

Criteri di Ripartizione dei distacchi- Il contingente massimo dei distacchi sindacali fruibili dai dipendenti e dai dirigenti pubblici in tutti i comparti e le aree di contrattazione pubblica è quantificato a livello di accordo quadro ( n. 1137) ma di fatto è aumentabile per effetto:
-dei distacchi derivanti dal cumulo, fino anche al 45%, dei permessi sindacali, che di fatto vengono sottratti ai livelli aziendali/territoriali;
- dei CCNL di comparto ed area che, si cita testualmente “potranno prevedere, nell’ambito dei relativi finanziamenti, un incremento dei contingenti dei distacchi attribuiti al comparto o all’area”.
Quest’ ultima possibilità è estremamente grave, perché  a fronte di un costo dei distacchi sindacali che grava in generale sui costi del personale e come tale in generale sui parametri di spesa e di assunzioni, si consente di incrementarne il numero a livello di singoli comparti utilizzando i finanziamenti destinati al rinnovo dei CCNL. In sostanza la riduzione dei distacchi operata dal Governo, viene ad essere compensata e fatta pagare a lavoratrici/lavoratori in via indiretta con minori prerogative e libertà sindacali a livello di base, ma anche con minori finanziamenti a disposizione per gli incrementi contrattuali da un punto di vista economico.

Permessi Sindacali – Ciascuna amministrazione dovrà detrarre, dal contingente di spettanza di ciascuna sigla, una quota pari all’eventuale percentuale di permessi utilizzati in forma cumulata a livello nazionale, prima di procedere all’assegnazione del monte ore annuo di competenza di ogni organizzazione sindacale. Si conferma in pratica la priorità di fruizione a livello centrale e nazionale, sminuendo il ruolo aziendale in termini di minori disponibilità di permessi che potevano integrare e rafforzare l’ attività della RSU.

Diritto di assemblea – Viene meno ogni e qualsiasi possibilità che consentiva il diritto a partecipare ad assemblee retribuite oltre le 10 ore annue (prima erano 12) derivante da accordi di area e di comparto più favorevoli. Particolare impegno è stato messo nel limitare l’ attività sindacale di base cercando di contrastare il diritto di indire assemblee da parte dei singoli gruppi presenti nelle RSU, diritto che era stato riconosciuto a seguito di specifiche vertenze e interventi della Magistratura del Lavoro. E’ evidente da parte del sindacato confederale e autonomo in tutto questo il tentativo palese di “sopire” ogni conflitto e rivendicazione, e di controllare i luoghi di lavoro garantendo una sorta di “pace sociale” in sede di contrattazione decentrata integrativa in cambio della possibilità di ottenere maggiori distacchi retribuiti nelle diverse forme.

E allora alla luce di tutto questo che sensazione si deve trarre dal CCNQ del 4 Dicembre 2017 in materia di libertà e prerogative sindacali?
Si tratta certo di un prologo che preannuncia il manifestarsi di altri atti analoghi, ovvero di “ una scena che precede l'inizio di un azione vera e propria di commedia o di dramma, con funzione introduttiva o interpretativa, da parte di personaggi cui ne è affidata la recitazione” e che si concretizzerà, nei contenuti, nel rinnovo dei CCNL pubblici. Per cui avremo monologhi “ a porte chiuse” a cui non é permessa e riconosciuta alcuna forma di partecipazione, informazione e decisione finale a lavoratrici/lavoratori delle Amministrazioni pubbliche.E cosi' il monopolio della rappresentanza vuole impedire ogni azione conflittuale e decisioni dal basso per sottoscrivere accordi con meno diritto e minore salario.

 

Commenti