La crisi del mondo coop: dall'edilizia si espande ad altri settori con sacrifici continui per i soci lavoratori

Sono migliaia le aziende edili che hanno chiuso battenti nel decennio successivo alla crisi del 2008, hanno perso un terzo del fatturato e del valore aggiunto passato da 23,8 a 15,8 miliardi.

E la perdita dei posti di lavoro supera 500 mila unità. Da questa crisi non siamo ancora usciti, i prezzi degli immobili non hanno recuperato e oggi stagnano a costi decisamente inferiori a 20 anni. Il declino del settore edile riguarda soprattutto i paesi mediterranei, Spagna , Grecia e Italia seguiti dalla Francia, nazioni nelle quali i proprietari di casa rappresentano per altro percentuali decisamente maggiori di quelle dei paesi del Nord Europa, la crisi non poteva che investire anche il settore cooperativo che soprattutto in Emilia Romagna era rappresentato da mega aziende con centinaia di soci lavoratori.

Delle sei imprese cooperative che fatturavano 8 anni fa 5 miliardi di euro, 4 sono o fallite o in via di fallimento, la crisi ha semidistrutto le cooperative edili e la stessa crisi oggi investe altre cooperative attive nella logistica

Una lunga sequele di fallimenti o di riconversioni, nel corso degli anni molte coop hanno portato i loro libri  contabili in Tribunale, centinaia di lavoratori sono finiti o in cassa integrazione o in disoccupazione, da qui la richiesta del mondo cooperativo, al pari delle aziende di Confindustria, di rivedere il codice degli appalti sperando di trarre giovamento dagli affidamenti diretti, specie da parte degli enti locali, o da procedure e bandi vecchio stampo.

A fallire sono state cooperative che pur vantavano vasti crediti ma nulla hanno potuto davanti alla chiusura di prestiti\liquidità da parte delle Banche, venuti meno i prestiti sono stati costretti a vendere i gioielli di famiglia (immobili o azioni) a prezzi decisamente piu' basi di quanto li avevano acquistati.

Per superare la crisi in cui si dibatte, l'edilizia cooperativa ha bisogno di aiuti statali, di un piano straordinario di costruzione delle case popolari, le grandi opere nelle quali le coop si erano buttate con grande dinamismo.

Non ci meravigliamo allora se tra i fautori del jobs act o della Tav si trovano interi settori del mondo cooperativo o se gli stessi sostengono dinamiche contrattuali al ribasso. E' la logica del capitale, la ricerca di utili e profitto ad accomunare le grandi aziende ai colossi della coop, sarà per questo motivo che ormai non si fa piu' differenza alcuna tra una impresa privata e una grande cooperativa, anzi sovente nelle cooperative i soci sono costretti a pagare i costi piu' salati dei risanamento rispetto ai colleghi non soci, per esempio non percependo tredicesima e quattordicesima o rinunciando ai premi aziendali di secondo livello, in nome di quel principio di solidarietà che non è valso a dividere gli utili e a ridurre i carichi di lavoro nei periodi migliori ma determina continui sacrifici in tempi di crisi come gli attuali.

E la crisi dal settore immobiliario\edilizio si va spostando altrove, nel settore del commercio, della grande distribuzione e nella logistica, un motivo in piu' per tenere gli occhi aperti

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