Calenda o la fortuna del Pd

 Calenda o la fortuna del PD


 


Le prossime elezioni politiche di settembre, il giorno 25, saranno forse meno confuse di quanto appariva sino ai giorni scorsi, nei quali vi era stata una rincorsa a posizionarsi, sgomitando, sullo scenario politico e comunicativo. Questo nuovo ordine lo ha creato Carlo Calenda, smarcandosi dall’alleanza con il PD. Quell’accordo era stato fatto in spregio ad ogni razionale motivazione valoriale. Forse solo le modalità elettive e la diminuzione di un terzo degli eletti nel prossimo Parlamento imponevano obblighi che in altre situazioni elettive sarebbero stati bellamente messi da parte. Ma ogni altra considerazione non sorreggeva un accordo che definiva, solo in base a sondaggi pre elettorali la forza dei due contraenti. La divisione 70/30 dei collegi uninominali poi era stata una elargizione gratuita da parte del PD ad un partito che non aveva dato indicazioni alcune di essere così quantitativamente significativo nella realtà dei fatti. Oramai era dato, nei sondaggi, più o meno come Forza Italia. Ma la prova provata, voti reali, mancavano a supporto. In ogni caso una proposta di lavoro politico congiunto che non si spiegava se non con arzigogoli che stavano solo sui trampoli e con la consueta lamentela di “battere la destra”, con la quale il PD, fra l’altro ha governato e governa ancora, nell’ultimo governo, il Draghi 1. Ma un uomo come Calenda, molto sicuro di sé, sul nulla per adesso, è di difficile digestione. La Repubblica on line lo definisce “anarchico”, chissà perché, dato che il termine rimanda ad una storia ed a una ideologia di sicura decenza. Ma Calenda appare come un uomo tronfio, pieno di sé prestato alla politica. Ricordo che in una intervista televisiva, anni fa, mi pare proprio nello spazio di Lucia Annunziata la domenica pomeriggio, alla domanda, cosa farà dopo il suo ruolo di ministro dello Sviluppo economico (governi Renzi e poi Gentiloni), siamo tra il 2016 ed il 2018, rispose che quello sarebbe stato la sua ultima apparizione sulla scena politica. Certo è possibile cambiare idea, e lui lo ha dimostrato più volte, ma personaggi così tourbillon come Calenda ve ne sono stati molti e nessuno ha lasciato qualche segno definitivo nella storia politica del Paese.


Ma veniamo a questa rottura. Il PD dovrebbe ringraziarlo per la decisone presa. Alla fine, forse, ma non diamolo per scontato, recupererà Renzi e le sue frattaglie, per questioni di raccolta firme, e andrà a pescare voti a destrr. Già quando uno dice che non è né di destra né di sinistra propone un’analisi e una dislocazione politica di destra. Queste idiozie sull’indeterminatezza ed equidistanza lasciano il tempo che trovano ma fanno presa su un elettorato di destra. E credo proprio che Forza Italia sia il bersaglio più indicato. Un partito che esprime al vertice un ologramma di Berlsuconi del 1994, con fuoriusciti di peso, che sono andati a posizionarsi proprio da Calenda, con una leadership quanto meno evanescente, all’ombra dell’ombra dell’ex grande capo, è il tesoretto da saccheggiare. Certo nessuno glielo dirà direttamente, e Calenda neppure lo farà. Ma se avrà qualche voto, quantitativamente significativo, verrà da destra. E perciò potrebbero nascere anche problemi per gli altri due partiti della coalizione di destra, che potrebbero vincere, ma non così di tanto. Oppure… vedremo comunque il 25 settembre.


Intanto i riposizionamenti per ora continuano, ma ancora per poco. Tra giorni si dovranno raccogliere le firme, definire le liste ecc. ecc...


Elezioni che saranno ancora all’insegna di nessuna rappresentanza della sinistra radicale e/o di classe. Raccogliere firme e presentarsi autonomi agli elettori, dopo avere passato mesi ed anni a sonnecchiare non deporrà, anche se qualche lista potrà presentarsi sulle schede elettorali, a loro vantaggio.


Oramai siamo in ritardo sul ritardo (Althusser). Quindi nulla si potrà sperare. Per questo lo smarcamento di Calenda favorirà il solo PD. Partito fortunato quindi e per nulla di sinistra. Ma così gira il mondo politico. Se essere di sinistra significa avere una buona parola per i più deboli, e nulla più, da questo punto di vista il Papa, specialmente questo di ora, Francesco, si posiziona all’estrema sinistra. Certo elezioni o non elezioni lui è e rimane Papa, ma le varie liste della sinistra di classe, si fa per dire, o hanno successo terreno in Parlamento, che dovrebbe così essere lo specchio dell’importanza sociale delle stesse, o rimangono a sonnecchiare nel limbo dell’impotenza politica, così come da decenni dimostrano di fare, peggiorando nel tempo il loro sonnambulismo.

Tiziano Tussi

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