Cile: domande e risposte sul Referendum dei 4 Settembre

 

Referendum Costituzionale in Cile domenica 4 settembre

di Rodrigo Rivas


Domande complicate e Risposte semplici


1.- Perché scrivo tutti i giorni sul Cile in questo periodo?

Perché domenica prossima, 4 settembre, i  cileni potranno approvare la prima Costituzione scritta da rappresentanti eletti democraticamente e con modalità paritarie.

La parità numerica donne-uomini non è prodotto da un sistema di quote predeterminato a favore delle donne.

Anzi,  per rispettarla, 15 donne elette hanno dovuto rinunciare al loro incarichi per dare spazio ai maschietti. 

Il testo approvato riflette questa realtà demolendo le basi materiali del patriarcato.

Già questo basta per qualificarla come un testo rivoluzionario.

E già questo spiega la resistenza degli eterni detentori del potere: i maschi.


2.- Perché i mapuche ed altri popoli originari sarebbero contrari al testo approvato?

Vista la loro secolare esperienza, penso che i popoli originali debbano diffidare di qualsiasi proposta dei bianchi (gli "huincas" od i "cileni" nel loro linguaggio).

Tuttavia, questa proposta nasce da un lavoro in cui - per la prima volta - gli indigeni hanno partecipato direttamente, addirittura dirigendoli in seguito all'elezione di  una indigena, Elisa Loncon, alla presidenza della costituente.

In verità, i mapuche sono tutti concordi nel rivendicare i loro diritti, politici, economici e culturali, ma sono divisi tra coloro che appoggiano il processo costituente (che contempla questi loro diritti), che definirei "autonomisti radicali", e coloro che se ne considerano comunque al margine e rivendicano l'azione diretta come unica via per affermare la propria indipendenza.

Questa divisione si riproduce in quasi tutti i Paesi latinoamericani.


3.- Quale tra questi due gruppi è maggioritario in Cile?

Non ci sono elementi per affermare la predominanza numerica di uno o dell'altro settore. Si può solo affermare che entrambi sono numerosi e che la politica dello Stato avrà un ruolo determinante nei loro futuri rapporti di forza.

Anche perciò, penso che il riconoscimento e rispetto di questa loro diversità sia indispensabile per ogni osservatore esterno e che la loro strumentalizzazione sia non solo scorretta ma contraria ai loro interessi. 


4.- Ma, allora, cosa dire dell'arresto dei dirigenti del settore "movimentista"?

Che è una mossa stupida, che avrà risultati politici contrari agli interessi della sinistra cilena rinforzando i settori indigeni contrari all'approvazione della nuova Costituzione in quanto per molti rappresenta l'ennesima prova provata che il solo rapporto di cui sono capaci gli "huincas", qualunque sia il loro colore politico, è la repressione.


5.- La questione indigena si riduce ad un problema di autonomia, qualunque sia la forma da loro prescelta?

No. Oltre alle loro sacrosante rivendicazioni, la questione posta dai popoli originari è quella dei diritti della natura, concetto che non solo mette in questione le forme organizzative del capitalismo in ogni dove, ma rappresenta una risposta più che interessante per un movimento popolare privo d'idee e alla deriva in tutto il mondo.

In questo senso, non è una proposta e una discussione che  interessino solo la sinistra latinoamericana.


6.- Cosa succederà se vince l'Apruebo?

Penso che si aprirà un processo di trasformazione dello Stato in condizioni più favorevoli:

Riguardo l'effettiva parità donna-uomo

Riguardo i diritti sociali: sanità, educazione, lavoro, salari, pensioni, cura, sicurezza collettiva

Riguardo la costruzione dell'autonomia dei popoli indigeni

Riguardo la protezione dell'ambiente e la fine di una politica economica basata solo sull'estrattivismo

Riguardo la cultura e le culture del paese

Riguardo l'integrazione crescente con i paesi della regione, anzitutto ristabilendo il rispetto della storia e progredendo nello sfruttamento comune delle risorse comuni.


8.- Cosa succederà se vince il No?

Che ripartiranno le lotte popolari in un contesto più complicato nel quale potrebbe inserirsi pure una crisi di governo e una paralisi istituzionale.

Ma, la cosa più importante è che, in qualsiasi caso non ci saranno risposte definitive bensì l'apertura di processi rimasti in freezer grazie al Covid ed altri virus.


9.- Ma, se si tratta di aiutare alla vittoria del Si in Cile, perché scrivere in italiano?

Perché vivo in Italia e perché penso che apportare degli elementi di conoscenza su delle situazioni specifiche, cercando di estrarne non solo le particolarità ma, anche, gli elementi comuni con questa realtà, possa essere di qualche utilità da queste parti.

Non credo, infatti, che la lotta contro l'autoritarismo, espresso in questo caso dalla lotta contro il patriarcato e contro il razzismo siano questioni esclusivamente cilene.

Penso che le discussioni e decisioni attorno al rapporto Stato-Società abbiano un'urgenza ineludibile pure da queste parti.

E penso che la grande questione dei diritti della natura dovrebbe rappresentare un tema centrale ed obbligato per ogni proposta di trasformazione contemporanea.


10.- La proposta di nuova Costituzione è una proposta estremista?

Dipende dai punti di vista.

Mettere fine al patriarcato e al razzismo per me non lo è.

Decidere che lo Stato può intervenire in campo economico per me non lo è. 

Garantire i diritti sociali per me non lo è.

Intraprendere una politica di preservazione attiva dell'ambiente per me non lo è.

In verità, può darsi che io non capisca di essere un estremista ma penso che il nomignolo "estremista" sia solo un prodotto della propaganda sostenuta dai media in difesa dei privilegi dei maschilisti, dei liberisti e dei padroni, sia interni che esterni.

Naturalmente, so bene che per fortuna ciò può accadere soltanto nelle lande desolate dove primeggiano pinguini ed otarie ma per fortuna non accadde in altre zone  dell'universo  conosciuto dove primeggiano il benessere ed il pensiero creativo in virtù del quale tutti sanno chi sia l'autore dell'autoritratto di Renoir e quale sia il colore del cavallo bianco di Napoleone.



Questioni di memoria


Abbiamo a disposizione tre tipi di memoria.

La prima, documentale, cronologica, ci serve sia per ricordare le date delle guerre e delle rivoluzioni ed i compleanni delle persone care, sia per orientarci nel tempo.


La seconda, collettiva, si rapporta sia alle risposte sociali radicate nel corpo e nel discorso, sia agli imbrogli della vita in comune: come comportarsi in chiesa, come trattare un anziano, come seppellire i morti …

Normalmente la si denomina senso comune e si materializza in atteggiamenti, riti, cerimonie e istituzioni che ci permettono di agire e comportarci in modo adeguato senza bisogno di pensare.

Non pensare è utile se non  addirittura indispensabile per ricorrere a misure già codificate in una situazione di emergenza – una tormenta o un terremoto – ma è pericoloso e dannoso riguardo tradizioni e innovazioni insensate come, ad esempio, esportare la democrazia o combattere la povertà ammazzando i poveri.

Per cui il senso comune va costantemente rivisto e razionalizzato.


La terza si sedimenta attorno a costumi e oggetti.

Penso che ciò che segna davvero il nostro carattere è sommerso nel nostro corpo come flussi di ripetizioni e cicatrici, come gesti rinnovati con fatica, come lunghe abitudini e angusti frammenti: la strada della scuola, l’odore del mare e del fieno, il canto della pioggia, l'ecco canterino del gelataio ambulante, la musica dell’organetto, il fruscio delle gonne, l'odore dei fiori e il canto delle cicale ...

Poiché questa memoria si lega ai sensi, può essere tradotta facilmente persino in cinese, sia perché è patrimonio condiviso sia perché, attingendo ai quattro elementi naturali che compongono ogni materia – fuoco, aria, acqua e terra – è terreno collettivo.

Tuttavia, per tradurla ci vuole uno sforzo introspettivo e linguistico che riscatti ciò che, pur essendo comune, è rinchiuso nel proprio corpo. 

Chiamiamo questo sforzo “poesia”, “musica”, "storia" “letteratura”, “filosofia”, “etica”, politica …


I nostri tre tipi di memoria sono stati e sono erosi dal capitalismo e dalle sue tecnologie ancillari.

La memoria documentale è attaccata dalla capacità tecnologica di registrazione e archivio.

Date, dati, statistiche… sono ormai immagazzinate su supporti esterni che hanno svuotato le nostre teste dove galleggiano avvenimenti senza collegamento, isolati dalla storia, resi monumenti dai media specializzati nell'accomunare i loro prodotti e merci diverse.

Ci resta lo scritto, ma non basta poiché il capitalismo produce in continuazione bambini adulti persi in un tempo uniforme, senza limiti né approdi.


I danni alla memoria collettiva sono altrettanto seri.

Possiamo parlare di specie animali scomparse o minacciate da estinzione, ma abbiamo dimenticato i gesti millenari, le cerimonie comuni, le risposte collettive.

Possiamo pensare a mestieri morti, a liturgie cerimoniali estinte, a forme di organizzazione politica o a vincoli di solidarietà che sembrano definitivamente disfatti, ma le nostre risposte automatiche – il senso sociale senza pensiero – non derivano dalla tradizione, dall’istituzione o dall’educazione, con i loro vantaggi e rischi, ma dalle risposte preconfezionate dalle multinazionali.

Ci pensano l'ENI o la Perugina, magari laddove prima ci pensava la mamma che, quantomeno, ci voleva bene.


Nei Paesi arricchiti (e per imitazione anche in quelli impoveriti), la stragrande maggioranza dei bipedi invece della memoria individuale fatta da ripetizioni e cicatrici, abitudini e oggetti, possiede solo un universale depliant pubblicitario che, non avendo corpo, può scambiarsi con quello di chiunque altro.

Intendo dire che i nostri ricordi, individuali e collettivi, sono fatti ormai da "robe": l’area di servizio dell’autostrada, la finale del mondiale di calcio, il logo di, la pubblicità di …

Ovvero, che eliminando i cinque sensi ed i quattro elementi sono scomparse tanto la possibilità di una esperienza personale come la possibilità di comunicarla.


In ogni epoca, le idee dominanti sono le idee della classe dominante.

In ogni latitudine, reazionari e razzisti suoi interpreti confondono la realtà con ciò che vedono e ciò che vedono con ciò che pensano di vedere. Sono sempre ossessionati dalla necessità di possedere un’idea realistica dell’universo.

Realista quanto la prospettiva senza orizzonte di cavalli e mucche in campagna, un'illusione pietrificata che acquista i connotati di una verità indiscutibile.

In altre epoche lo sono state la convinzione che la terra fosse piatta e finisse nelle colonne di Ercole o che, essendo le streghe responsabili del cattivo tempo, bisognasse torturarle fino alla morte o bruciarle sul rogo.

Ora lo è che il somalo che occupa la mia panchina nel parco è venuto per farmi del male.

Alcune cose rimangono uguali. Ad esempio, che essendo la mia donna "roba" mia, posso anche ammazzarla a martellate.

Ieri ed oggi ciò avviene in nome della verità e in difesa della realtà.


Quando nel 1974 sono diventato un esule a malapena avevo un vago sentore di tutto questo che, quindi, devo al mio più che lungo soggiorno italico (naturalmente, gli italiani non ne hanno alcuna colpa).

Comunque, credo che da quel momento le mie riflessioni, le mie speranze e paure, i miei limiti, abbiano assunto spesso strade e contorni diversificate da quelli dei miei vecchi concittadini ma, anche,  da quelle dei miei nuovi concittadini.

Per quel che mi riguarda, ecco il nocciolo della condizione di esule.

Ed ecco perché solo un essere non pensante può pensare che si possa diventare esule per avere un telefonino.

Su un piano diverso, ecco perché non ci possono essere né perdono né oblio.

E perché, pur respingendo la tentazione di confondere il mondo con i miei problemi, non credo siano idee e pulsioni personali, penso che in un mondo multiculturale non dovrebbero essere fatti trascurabili per chiunque pensi che il mondo vada cambiato..


L'universo di queste riflessioni è, appunto un universo e posso trattarlo solo astraendone un pezzettino alla volta.

Un segmento  ad esempio, si ritrova in questa canzone, "La mitad lejana" (La metà lontana), formalmente un semplice scambio di lettere tra qualcuno che se n'è andato e qualcuno che è rimasto. 

È una parte, soggettiva e oggettiva, del problema.

Per maggiori notizie, allego il testo.


Un altro pezzo, sempre obiettivo e soggettivo, è la costituzione pinochetista. 

Mi auguro scompaia il 4 settembre.

Sarebbe, sarà, una precondizione per ricreare un ambito di salute mentale propedeutico alla ricerca di tante inedite forme di memoria e di felicità, individuale e collettiva.

Secondo Violeta Parra e Victor Jara, la chitarra e il canto hanno senso, capacità d'intendere, ragioni.

Da modesto strimpellatore non qualificato, confermo.


La mitad lejana

di José Seves e Horacio Salinas


¿Cómo andan tu vida,

tus horas, tu calle, tu lluvia,

tus deudas eternas, tus cuotas?

Dime.


¿Cómo están la familia,

los niños nacidos, crecidos,

los viejos contando demora?


Cuenta si es tan duro

cargar en los hombros

el peso de un día

y de noche jugar el sudor

de vertiente sedienta

en amante de gozo.


Dime si con esas proezas gigantes acortas la espera,

si esperanza, te refresca,

para armarte de un poco

de sueños para el otro día.


Yo estoy bien,

pero me urge saber

cómo está mi espejo,

mi reflejo, mi mitad lejana,

la mitad de mi herencia,

mi media mirada,

la mitad que no encuentro,

de mi gota de agua.


Yo estoy bien

pero hazme saber

si han visto mi alma

cuando escapa

lejos de mi cuerpo

y feliz regresada

desde aquel abismo

y me cuenta el abrazo

de un futuro reencuentro.

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