Cortine di fumo attorno ai contratti pubblici
Il contratto nazionale delle
Funzioni Centrali è stato sottoscritto al ribasso nonostante la contrarietà
della stragrande maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici del comparto
che rappresentano l’8% della forza lavoro nella PA.
Ma intanto non mancano consigli
di giornalisti ed esperti per sottoscrivere anche gli altri contratti con la
perdita di due terzi della inflazione e quindi in sostanza erosione del potere
di acquisto.
Verrebbe da chiedersi se questi consigli siano disinteressati o spingano invece, come crediamo, verso la accettazione di contratti al ribasso con una perdita di potere di acquisto che non recupereremo in futuro (come avvenuto nel passato). E questi consigli, badate bene, arrivano da chi percepisce salari di gran lunga superiori ai nostri e non si vergogna a chiederci sacrifici o compromessi al ribasso.
E non sono sufficienti le rassicurazioni sul lavoro agile e sulla corresponsione del buono pasto per chi opera in smart come la fumosa promessa della settimana di 4 giorni che poi sarà assai difficile concretizzare restando il nostro orario settimanale fermo a 36 ore.
Per capire quanto grave sia la
situazione è sufficiente guardare ai 165 euro lordi di media e confrontarli
con le ultime bollette arrivate alle famiglie E il ritocchino dello 0,22% dei
tetti di spesa per il fondo accessorio sono veramente poca cosa se teniamo
conto dei nuovi assunti nell’ultimo triennio o l’incremento della flessibilità
che spesso non è vantaggiosa per la forza lavoro.
I soldi ci sono, stanziati dall’ultima manovra, continua a dire il ministro della PA ma questi soldi sono veramente pochi se confrontati al costo della vita e del tutto inadeguati a salvaguardare il potere di acquisto. E non si dice poi che con il CCNL statali inizia l’abbandono del contratto nazionale come strumento utile a determinare la crescita delle retribuzioni.
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