Per una nuova educazione Noi abbiamo un sogno
Per una nuova educazione
Noi abbiamo un
sogno
di LAURA TUSSI
Vogliamo recuperare l’immaginazione e la
creatività di cui abbiamo tanto bisogno a scuola.
Occorre tornare a essere importanti per
il futuro di coloro che erediteranno madre terra.
La scuola. Questa
nostra scuola gerarchizzata che ancora mantiene ruoli
inammissibili, autoritari, che derivano dalla realtà di una
società afflitta da innumerevoli degenerazioni psichiche.
Questa scuola nella
quale l’unica cosa che dobbiamo fare è insegnare a addizionare e sottrarre.
La scuola e i
suoi metodi di insegnamento. La Chiesa e i suoi metodi di controllo.
Di sicuro c’è che la scuola è
in crisi. Naturalmente è un’opinione personale, sebbene condivisa da molti. E
questa crisi è molto più profonda e difficile da gestire di quelle
economica, poiché quel che accade alla scuola è un
riflesso fedele di quanto sta avvenendo nel nostro mondo. Un
mondo diseguale. Ingiusto.
Un mondo nel quale l’individualismo, il
materialismo si antepongono a un valore necessario indispensabile: l’umanità.
La scuola rimane estranea a tutti questi problemi.
È ancorata a una metodologia arcaica e superata nella quale primeggia
maggiormente una aberrante burocrazia rispetto a un compito delicato e sempre
più sottovalutato: quello di educare. Una scuola disorganizzata che non si degna di rispondere ai bisogni provenienti da un mondo
in mutazione plurale, che deve far fronte a problematiche ogni giorno più
complesse. Una scuola raffazzonata che compie continue riforme
educative senza andare alla radice del problema perché per questo non vi è mai
tempo. Una scuola normale?
Nel cosiddetto “villaggio globale”
scopriamo che la nostra scuola si guarda allo
specchio della società violenta e competitiva. E anche qui i conflitti si
risolvono con l’aggressività. E la violenza è implicita in ogni parola che
pronunciamo perché è sempre stato così: un modo ereditato dai potenti. È in
definitiva una scuola sottomessa all’onnipotente libro di testo, pressante, eccessivo. Il
bisogno di offrire ai nostri studenti uno sguardo
diverso sul mondo differente da quello che ci mostrano i mezzi di comunicazione: stereotipato e parziale.
Cerchiamo il modo tramite cui gli studenti così giovani con i loro anni sono
capaci di comprendere quello che risulta
incomprensibile: l’ingiustizia sociale, la fame, la distribuzione disuguale
della ricchezza, l’impatto dell’uomo e le conseguenze per il pianeta.
Attraverso la realtà cerchiamo di collegarli
con situazioni differenti per farli sentire speciali.
Vogliamo che siano loro i protagonisti
del cambiamento per una volta, attori indispensabili per terminare l’opera.
Oltre l’aula è possibile comprendere gli altri, trasmettere umanità. Vogliamo
aprire agli studenti le porte del mondo e avvicinare tutta la sua bellezza.
Vogliamo recuperare l’immaginazione e la creatività di cui
abbiamo tanto bisogno a scuola.
Tornare a essere. Essere importanti per
loro, per i nostri figli indifesi di fronte a
una società che li considera pregiudizialmente degli idioti, incapaci di discernere tra il giusto e l’ingiusto. Che li
soppesa sulla bilancia perché valgono solo per ciò che consumano.
I figli e i nostri nipoti che
erediteranno madre terra.
Questo ci proponiamo. Non possiamo
affermare che lo abbiamo realizzato pienamente. Non ci siamo nemmeno sempre
sentiti compresi. Non siamo stati capaci di condividere
con gli altri il compito. Noi docenti non condividiamo sempre la stessa visione
del mondo, ma siamo condannati a imparare a lavorare insieme e è il nostro
esame pendente perché tutti facciamo parte della soluzione del problema,
famiglia e scuola. Le strutture del sistema scolastico sono
troppo radicate e resistono al cambiamento.
Tentando di costruire,
finiamo di distruggere perché riproduciamo nelle nostre
classi gli stessi schemi che troviamo nella società per finire col soffrire dei
suoi stessi mali.
Servirebbero anni per riconoscere tutto
ciò che non funziona in questa nostra scuola, quella che
indottrina. La scuola del controllo sociale. Un fine così
opposto a quello di riuscire a far cambiare ai nostri studenti lo
sguardo che hanno sul mondo. Ed è inevitabile concentrarsi più sul cammino che
sulla meta. Certamente qualcosa abbiamo ottenuto.
Siamo riusciti a far loro comprendere
che esistono realtà distinte e persone diverse. Che siamo differenti. Le nostre
diversità. Un qualcosa che non succede tutti i giorni nelle nostre classi: alla
fine prima di tutto una persona andrà a far parte
dell’universo emozionale dello studente trascinandosi così tanto i suoi difetti
quanto le sue generalità.
Ci resta molto cammino da percorrere. E
cosa ci importa se non disponiamo di tutte le
risorse, di tutte le certezze: siamo nel posto giusto.
Una scuola nuova e necessaria e imprescindibile.
Tornare a sognare con un percorso differente. Un futuro alternativo.
Un altro mondo è possibile. Noi abbiamo
un sogno. Di questo si tratta.
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