Il sindacato dei servizi e la gig economy

Il sindacato dei servizi avanza e si offre come cogestore del lavoro sfruttato nelle piattaforme.  La prima carta dei diritti della gig economy rischia di assumere connotati diametralmente opposti alla volontà di chi ha partecipato alla stesura del testo, offre il pretesto al sindacato dei servizi per rappresentare lavoratori\trici vittime di accordi indecorosi che costringono molti\e a una esistenza precaria, senza reddito, diritti e reali servizi.

Lavoretti ed economia digitale vanno d'amore  e d'accordo ma il feeling è anche con il lavoro gratuito quel valore che, piu' o meno inconsciamente, ciascuno di noi produce  stando connesso ad un pc o meglio ancora al proprio smartphone.  Di fatto l'economia digitale è la nuova frontiera dello sfruttamento, della decontrattualizzazione,  dell'avvento di carte di presunti diritti che poi si tramutano in poche voci, insignificanti giuridicamente, irrisorie sotto il profilo economico.

 L'Italia è ancora il paese del lavoro nero, la nazione degli infortuni e delle morti sul lavoro, non che sia tutto rosa e fiori nel resto d'Europa, solo che la gig economy arriva da noi con alcuni anni di ritardo rispetto a paesi come Olanda e Danimarca dove registriamo il primo contratto collettivo nazionale per i giggers, un accordo tra laa startup danese Hilfr (si occupa delle pulizie domestiche)  e il sindacato nazionale 3F.  L'accordo è recente e sarà in vigore dell'estate 2018 per un periodo di prova di un anno e riguarda circa 450 lavotori\trici il cui servizio viene gestito attraverso il circuito della app.  L'accordo prevede permessi, ferie pagate e contributi previdenziali, una sorta di paga minima oraria. Insistiamo su quest'ultimo punto, il il salario minimo che in apparenza potrebbe sembrare una sorta di tutela contro il cottimo ma in realtà rappresenta un segnale di involuzione.

 Il salario minimo è la paga oraria sotto la quale non si puo' scendere ma ben presto diventerà la contrattazione al ribasso delle condizioni di lavoro e non solo per i giggers. Tutto avviene nella negazione del carattere subordinato di queste prestazioni e nel riconoscimento di un lavoro autonomo e indipendente, di una collaborazione continuativa che in realtà è impropria perchè l'app continua a dettare tempi e modalità del lavoro .

Conviene allora alle piattaforme una sorta di autoregolamentazione per non scendere troppo al ribasso, da qui il salario minim . Ma anche in questo caso vale il principio che le tue condizioni di vita e di lavoro migliorano in base all'aumento delle ore lavorative.  Le piattaforme hanno sempre piu' necessità di dettare alcune condizioni, evitare l'accusa di sfruttamento selvaggio e di evasione fiscale ma salvaguardare comunque il principio della non contrattualizzazione di lavoratori che continueranno impropriamente a non essere definiti subordinati, a garantire prestazioni flessibili, disponibilità spesso h 24, lavoro nei giorni festivi senza maggiorazione alcuna.

Anche a livello comunitario ben presto la soluzione del problema diventerà dirimente ma l'ottica del salario minimo, e il riconoscimento di alcune pseudo tutele, non rappresenta nè il riconoscimento dello status effettivo di questa forza lavoro, nè tanto meno impone all'invisibile padronato delle piattaforme regole e paletti invalicabili nell'interesse delle lavoratrici e dei lavoratori.

L'accondiscendenza di certi politici verso  alcune carte dei diritti dovrebbe indurre al massimo sospetto, la regolamentazione della gig economy potrebbe essere un cavallo di Troia per i riders specie se dovessero espropriarli della auto\ rappresentanza consegnandola al sindacato dei servizi , quel sindacato che ha già distrutto i diritti e il potere di acquisto dei lavoratori subordinati e certamente non cambierà registro nei prossimi anni.

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