Il partito della guerra si va rafforzando
Summit Nato, si rafforza
il partito della guerra
di Manlio Dinucci
Il presidente francese
Macron ha parlato di «morte
cerebrale» della Nato, altri la definiscono «moribonda». Siamo dunque
di fronte a una Alleanza che, senza più una testa pensante, si sta
sgretolando per effetto delle fratture interne? I litigi al Summit di
Londra sembrano confermare tale scenario. Occorre però guardare alla
sostanza, ai reali interessi su cui si fondano i rapporti tra gli
alleati.
Mentre
a Londra Trump e Macron polemizzano sotto gli occhi delle telecamere,
in Niger senza tanta pubblicità lo US Army Africa (Esercito Usa per
l’Africa) trasporta con i suoi aerei cargo migliaia di soldati francesi e
i loro armamenti in diversi avamposti in Africa Occidentale e Centrale
per l’Operazione Barkhane, in cui Parigi impegna 4.500 militari,
soprattutto delle forze speciali, con il sostegno di forze speciali Usa
anche in azioni di combattimento.
Contemporaneamente i droni armati Reaper, forniti dagli Usa alla Francia, operano dalla Base aerea 101 a Niamey (Niger). Dalla stessa base decollano i Reaper della US Air Force Africa (Forza aerea Usa per l’Africa), che vengono ora ridislocati nella nuova base 201 di Agadez nel nord del paese, continuando a operare di concerto con quelli francesi.
Il caso è emblematico. Stati uniti, Francia e altre potenze europee, i
cui gruppi multinazionali rivaleggiano per accaparrarsi mercati e
materie prime, si compattano quando sono in gioco i loro interessi
comuni. Ad esempio quelli che hanno nel Sahel ricchissimo di materie
prime: petrolio, oro, coltan, diamanti, uranio. Ora però i loro
interessi in questa regione, dove gli indici di povertà sono tra i più
alti, vengono messi in pericolo dalle sollevazioni popolari e dalla
presenza economica cinese. Da qui la
Barkhane che, presentata come operazione anti-terrorismo, impegna gli
alleati in una guerra di lunga durata con droni e forze special
Il
più forte collante che tiene unita la Nato è costituito dai comuni
interessi del complesso militare industriale sulle due sponde
dell’Atlantico. Esso esce rafforzato dal Summit di Londra. La
Dichiarazione finale fornisce la principale motivazione per un ulteriore
aumento della spesa militare: «Le azioni aggressive della Russia
costituiscono una minaccia per la sicurezza Euro-Atlantica». Gli Alleati
si impegnano non solo a portare la loro spesa militare almeno al 2% del
Pil, ma a destinare almeno il 20% di questa all’acquisto di armamenti.
Obiettivo già raggiunto da 16 paesi su 29, tra cui l’Italia. Gli Usa investono a tale scopo oltre 200 miliardi di dollari nel 2019.
I
risultati si vedono. Il giorno stesso in cui si apriva il Summit Nato,
la General Dynamics firmava con la US Navy un contratto da 22,2 miliardi
di dollari, estendibili a 24, per la fornitura di 9 sottomarini della
classe Virginia per operazioni speciali e missioni di attacco con
missili Tomahawk anche a testata nucleare (40 per sottomarino).
Accusando
la Russia (senza alcuna prova) di aver schierato missili nucleari a
raggio intermedio e aver così affossato il Trattato Inf, il Summit
decide «l’ulteriore rafforzamento della nostra capacità di difenderci
con un appropriato mix di capacità nucleari, convenzionali e
anti-missilistiche, che continueremo ad adattare: finché esisteranno
armi nucleari, la Nato resterà una alleanza nucleare». In tale quadro si
inserisce il riconoscimento dello spazio quale quinto campo operativo,
in altre parole si annuncia un costosissimo programma
militare spaziale della Alleanza. È una cambiale in bianco data
all’unanimità dagli Alleati al complesso militare industriale.
Per
la prima volta, con la Dichiarazione del Summit, la Nato parla della
«sfida» proveniente dalla crescente influenza e dalla politica
internazionale della Cina, sottolineando «la necessità di affrontarla
insieme come Alleanza». Il messaggio è chiaro: la Nato è più che mai
necessaria a un Occidente la cui supremazia viene oggi messa in
discussione da Cina e Russia.
Risultato
immediato: il Governo giapponese ha annunciato di aver comprato per 146
milioni di dollari l’isola disabitata di Mageshima, a 30 km dalle sue
coste, per adibirla a sito di addestramento dei cacciabombardieri Usa
schierati contro la Cina.
(il manifesto, 6 dicembre 2019)
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