Ma quale invasione straniera, sono gli italiani ad andare all'estero
Istat: sono 816mila gli italiani residenti ormai all'estero. Nello stesso tempo, in virtu' del Pacchetto sicurezza 1 e 2, sono diminuiti del 17% gli ingressi degli
immigrati. Ogni giorno leggiamo di pensionati italiani che scappano all'estero perchè non riescono piu' a vivere in condizioni dignitose nel loro paese. La emigrazione italiana all'estero tuttavia non riguarda solo pensionati ma anche giovani alla ricerca di un impiego, giovani che in Italia non trovano un lavoro adeguato alle loro competenze e aspettative.
E molti di questi giovani sono laureati e con alta scolarizzazione, da qui la ormai nota fuga di cervelli all'estero di cui parlano tanti giornali. Rinviamo sull'argomento a un articolo pubblicato ieri su un quotidiano nazionale
Non è la prima volta, di certo non sarà l’ultima. L’Istat ha confermato: non c’è mai stata l’«invasione», ora meno che mai. Gli
immigrati calano in Italia (-17% l’anno scorso quelli provenienti dal
continente africano), aumentano (+1,9%) gli italiani che si
trasferiscono all’estero. Nel 2018, 117mila, 816mila nell’ultimo decennio,
quello della crisi iniziata nel 2008. Al di là del dato, ormai
consolidato in questo e in altri rapporti negli ultimi mesi, ricordiamo
una percezione diffusa al tempo del movimento studentesco che si
autodefinì «L’Onda» proprio in quell’anno contro la riforma di scuola e
università chiamata «Gelmini». Lo stesso che si espresse, in altre
forme, due anni dopo nei giorni di approvazione della contestatissima
legge che ha cambiato il senso e il funzionamento dell’università
italiana. Era il 14 dicembre 2010, piazza del Popolo a Roma. Fu un
ruggito. Era la furia, prima della «fuga». In molti, lo ricordiamo,
allora ripetevano nelle assemblee: questa è l’ultima occasione. Per
bloccare un processo di riforma. Per liberarsi dal deserto che avanzava.
Ultima forma di resistenza alla precarietà. Per trovarne un’altra,
forse, altrove. Per cambiare, di sicuro.
I dati, oggi, confermano. Più che la «fuga», questa è una condizione. «La
ripresa delle emigrazioni è da attribuire in parte alle difficoltà del
nostro mercato del lavoro – scrive l’Istat – soprattutto per i giovani e
le donne». I vari tentativi di adottare programmi di
defiscalizzazione per favorire il rientro delle figure professionali più
qualificate, si sono rivelate »del tutto sufficienti». E questo a
dispetto dell’uso del «capitale umano» per spiegare un processo più
ampio, anche esistenziale e non solo economico da «brain gain e drain».
Parliamo
di un esercito fatto soprattutto di giovani, età media 30 anni, 2 su 3
hanno tra i 20 e i 49 anni. Quasi 3 su 4 hanno un livello di istruzione
medio-alto. In cifre: circa 182mila il numero dei laureati in 10 anni. Molto più grande è il numero complessivo: 816 mila, appunto. La destinazione preferita è stata il Regno Unito (21 mila). Si vedrà, con il Brexit alle porta se cambierà. Seguono Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7 mila). E poi Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada, nel complesso: 18 mila. C’è una sorpresa: La regione in assoluto con più partenze è la Lombardia
(ma è anche di gran lunga la più popolosa con quasi 10 milioni di
abitanti.. nota Giga). Ma si parte anche da lì: solo l’anno scorso oltre
16mila laureati, oltre la metà (8500) provenivano da Sicilia e
Campania. Si emigra principalmente dalle prime quattro città
metropolitane: Roma (8 mila), Milano (6,5 mila), Torino (4 mila) e
Napoli (3,5 mila).
Il fenomeno è proporzionato alle iscrizioni anagrafiche dall’estero, cioè le immigrazioni. Sono state circa 332 mila,
per la prima volta in calo rispetto all’anno precedente (-3,2%) dopo i
costanti incrementi registrati tra 2014 e 2017. Più di 5 su sei
riguardano cittadini stranieri (286 mila, -5,2%). Diminuiscono gli
arrivi da Nigeria (18 mila, -24%), Senegal (9 mila, -20 %), Gambia (6
mila, -30%), Costa d’Avorio (5 mila, -27%) e Ghana (5 mila, -25%)
rispetto al 2017. La Lombardia è la meta di un immigrato su cinque. In
fondo, anche questo è un altro aspetto della crisi italiana.
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