Tutti insieme appassionatamente per gli aerei da guerra
Gli F-35 decollano con ali bipartisan
di Manlio Dinucci
Lorenzo
Guerini (Pd), ministro della Difesa del governo Conte II, ha comunicato
alle commissioni parlamentari il passaggio alla fase 2 del programma di
acquisto degli F-35 della statunitense Lockheed Martin. Passaggio
preparato dal governo Conte I: il vicepremier Salvini (Lega)
sottolineava lo scorso marzo che «ogni ipotesi di rallentamento o
ravvedimento del programma di acquisto degli F-35 sarebbe un danno per
l’economia italiana»; il sottosegretario agli Esteri Di Stefano (M5S)
richiedeva una «revisione profonda degli accordi» ma aggiungeva che, «se
abbiamo delle commesse da pagare, certamente non passeremo alla storia
per aver tradito un accordo fatto con aziende private: c'è un'intera
filiera che va rispettata».
Lo scorso maggio il governo Conte I
autorizzava «la realizzazione e la consegna di 28 caccia F-35 entro il
2022 (i velivoli sinora consegnati sono 13), i cui contratti sono stati
completamente finanziati», ovviamente con denaro pubblico.
Lo
scorso ottobre, nei colloqui riservati col governo Conte II a Roma, il
segretario di stato Usa Mike Pompeo richiedeva all’Italia di sbloccare
l’ordine per un ulteriore acquisto. Subito il ministro della Difesa
Guerini lo assicurava, in una intervista al Corriere della Sera,
che «l’Italia è un paese affidabile e credibile rispetto agli impegni
internazionali: contribuire al programma F-35 è un segno tangibile
della nostra affidabilità». Pochi giorni dopo, nella conferenza stampa a
Washington col presidente Mattarella, il presidente Trump annunciava
esultante: «L’Italia ha appena acquistato 90 nuovissimi F-35. Il
programma va molto bene».
L’Italia
conferma quindi l’impegno ad acquistarne 90, con una spesa prevista in
circa 14 miliardi di euro. Ad essa si aggiunge quella inquantificabile
per il continuo aggiornamento del software del caccia. L’Italia non è
solo acquirente ma fabbricante dell’F-35, quale partner di secondo
livello. La Leonardo – la maggiore industria militare italiana, di cui
il Ministero dell’economia e delle finanze è il principale azionista con
circa il 30% – è fortemente integrata nel complesso
militare-industriale Usa. E’ stata per questo scelta per gestire lo
stabilimento Faco di Cameri (Piemonte), da cui escono i caccia destinati
all’Italia e all’Olanda. La Leonardo produce anche le ali complete per
aerei assemblati negli Usa, utilizzando materiali prodotti negli
stabilimenti di Foggia (Puglia), Nola (Campania) e Venegono
(Lombardia).
L’occupazione
alla Faco è di circa un migliaio, di cui molti precari, appena un sesto
di quella preventivata. Le spese per la realizzazione dello
stabilimento Faco e l’acquisto dei caccia sono superiori all’importo dei
contratti stipulati da aziende italiane per la produzione dell’F-35.
Dal punto di vista economico, contrariamente a quanto sostiene il
governo, la partecipazione al programma dell’F-35 è fallimentare per le
casse pubbliche.
Il
ministro Guerini ha avviato la fase 2 del programma sugli F-35 «senza
una valutazione di merito e in assenza di un'informativa, in contrasto
con le indicazioni del Parlamento», denuncia il deputato di LeU
Palazzotto, chiedendo che il ministro spieghi «su che basi ha
autonomamente assunto questa decisione». Nella sua «spiegazione» il
ministro non dirà mai la vera ragione per cui ha assunto tale decisione,
non autonomamente ma su mandato dell’establishment italiano.
La
partecipazione al programma dell’F-35 rinsalda l’ancoraggio politico e
strategico dell’Italia agli Stati uniti, integrando ancor più il
complesso militare industriale italiano nel gigantesco complesso
militare-industriale Usa. La decisione di partecipare al programma è
quindi una scelta politica, fatta su base bipartisan. Lo conferma il
fatto che la Lega, avversaria del Pd, plaude al ministro Pd: «Prendiamo
atto con soddisfazione che sugli F-35 il ministro Guerini ha annunciato
l’avvio della fase 2», dichiarano unanimi i parlamentari leghisti.
Le
maggiori forze politiche, in contrasto l’una con l’altra, si
ricompattano al seguito degli Stati uniti, «l’alleato privilegiato» che
tra poco schiererà in Italia, insieme agli F-35, le nuove bombe nucleari
B61-12 progettate in particolare per questi caccia di quinta
generazione.
(il manifesto, 30 novembre 2019)
Commenti
Posta un commento